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Verso una musicologia transculturale. Scritti in onore di Francesco Giannattasio

A cura di Giorgio Adamo, Giovanni Giuriati

NeoClassica, Roma, 2020, 268 pp., euro 28,50
ISBN 9788893740357

«Solo dai risultati di un’esperienza vissuta possono scaturire idee, nuovi spunti e curiosità, conoscenza». Così scrive Francesco Giannattasio nella Premessa a Il concetto di musica (Bulzoni, Roma, 1992) – testo cardine dell’etnomusicologia italiana – a proposito della ricerca sul campo nell’ambito delle scienze antropologiche, sottolineando l’importanza dei rapporti umani che lo studioso intesse con persone e comunità di cui analizza i comportamenti, la cultura, la musica. Nell’arco della sua lunga carriera di docente e ricercatore, il dialogo inteso come fonte di conoscenza è stato non soltanto valido strumento d’indagine ma presupposto atto a favorire un continuo scambio tra etnomusicologia e ambiti di studio più o meno contigui. Lo stesso concetto di “transculturalità” nell’accezione proposta dal filosofo Wolfgang Welsch ha fornito un rilevante apporto alle più recenti riflessioni di Giannattasio attorno allo statuto della sua disciplina, che sempre più si misura con le dinamiche interculturali e intersoggettive tipiche del nostro tempo e che proprio per questo, come lo studioso ha in più occasioni sottolineato, tende oggi a configurarsi come una “musicologia transculturale”.

Raccogliendo l’eredità dell’omaggiato in occasione dei suoi settant’anni, il presente volume si pone perciò sin dal titolo entro una cornice teorico-riflessiva che intende ripensare – anche alla luce del dibattito più attuale di cui lo stesso Giannattasio si è fatto animatore – ipotesi di indagine e interpretative dei fenomeni musicali, rimettendo sotto esame alcune questioni cruciali che l’etnomusicologia – soprattutto in Italia – ha affrontato negli ultimi decenni. Dopo una Introduzione dei curatori Giorgio Adamo e Giovanni Giuriati, il volume si apre con la lettera Dear Francesco,… firmata da Steven Feld: alle pagine di diario redatte durante i Seminari internazionali di etnomusicologia del 2001 e del 2014 (Venezia, Fondazione Giorgio Cini), vi si intrecciano ricordi personali e riflessioni a proposito di quella esperienza di condivisione, umana e scientifica, e dell’illuminante incontro con il musicista Ali Farka Touré.

Il volume prosegue con un contributo di Agostino Ziino, che ricostruisce il contesto culturale in cui fu promossa la creazione dell’Istituto Italiano di Sociologia della Musica (IISM) – presieduto da Diego Carpitella – e che chiarisce i presupposti scientifici che diedero impulso alle sue attività.

A partire da una disamina delle stesse denominazioni proposte per ridefinire la disciplina, Maurizio Agamennone propone un’articolata riflessione sui mutati scenari d’indagine e sugli sviluppi teorici attuali dell’etnomusicologia, che abbraccia campi di investigazione in costante trasformazione e con i quali il ricercatore deve di volta in volta misurarsi. Roberta Tucci si occupa della collana discografica i Suoni: musica di tradizione orale, fondata da Carpitella nel 1979, nell’ottica di una riflessione sull’importanza di questi documenti nel loro valore di «fonti etnico-musicali di prima mano» (p. 49).

Piero Innocenti e Marielisa Rossi si concentrano sull’interesse drammaturgico di cui è stata oggetto nel Novecento la Mandragola di Machiavelli da parte del pubblico tedesco. Si prosegue poi con due approfondimenti su altrettante esperienze di indagine condotte assieme a Giannattasio: quello di Sergio Bonanzinga sulla “musica dell’incudine” nel quadro di una ricerca sui ritmi di lavoro dei maestri ferrai in Sicilia; e quello di Nicola Scaldaferri, che ricostruisce il contesto delle rilevazioni effettuate tra gli arbëreshë della Val Sarmento in Basilicata nei mesi di maggio e agosto del 1990.

Nico Staiti ripercorre le trasformazioni di alcuni strumenti a fiato e la conseguente modificazione della prassi esecutiva che li coinvolge, attraverso una analisi morfologica e specifici rimandi iconografici. Antonello Ricci approfondisce i temi della trasmissione e dell’incorporazione del sapere musicale nell’ambito della tradizione orale attraverso coordinate bibliografiche e “finestre” etnografiche. Grazia Tuzi riflette sul concetto di tradizione attraverso l’analisi di alcune procedure di recupero di elementi preispanici nella danza rituale dei voladores della Sierra di Puebla. Fulvia Caruso affronta la questione dell’evolversi delle tradizioni musicali tramite l’esempio dei riti sospesi durante la pandemia da coronavirus, e nello specifico della Settimana Santa a Castelsardo (SS).

Il curatore Adamo riporta il focus di questo “dialogo a più voci” sul tema dei rapporti tra musica, trance e fenomeni di possessione attraverso la rilettura di prolungate esperienze etnografiche e documenti audio-visivi realizzati in Malawi. Al tema della possessione è pure dedicato il denso resoconto di Laura Faranda su alcune esperienze di ricerca riguardanti uno specifico culto femminile officiato a Tunisi.

L’altro curatore, Giovanni Giuriati, propone una riflessione sui processi improvvisativi, ripensando e ampliando le intuizioni scaturite da ricerche svolte sulle musiche del sud-est asiatico e su quelle del Carnevale di Montemarano. Se Vincenzo Caporaletti fa il punto sulla concezione del pentatonismo in Brăiloiu a partire dall’esempio di un’antica melodia scozzese, Bernard Lortat-Jacob analizza il rapporto tra parola e musica nella canzone L’histoire d’un amour, resa immortale dall’interpretazione di Dalida.

Sempre sul tema dei rapporti tra testo poetico e formalizzazione musicale, Giorgio Banti e Simone Tarsitani analizzano metro, caratteristiche poetiche e stili performativi di alcune stanze di un poema oromo sulla creazione dell’universo, mentre Paolo Di Giovine approfondisce questioni relative alla metrica vedica. Nella riflessione sui confini tra parlato e cantato Serena Facci pone in comparazione il genere declamato degli amazina del Burundi con un’esperienza di rap contemporaneo, individuando all’interno di due formalizzazioni così distanti interessanti similitudini formali e contenutistiche. In chiusura, Ignazio Macchiarella esamina la struttura formale e i contesti esecutivi dei mutos a chiterra, fornendo suggestioni per un inquadramento più generale dei rapporti tra modello poetico e modello musicale.

Proseguendo la serie dei “Quaderni di Etnografie Sonore / Sound Ethnographies Series” dell’editore NeoClassica, questo volume offre insomma un ampio ventaglio di questioni, riflessioni, spunti che, pur provenendo da esperienze di ricerca individuali, “consuonano” (per usare un termine caro all’omaggiato) tra loro. Tutti i contributi sembrano infatti proiettarsi verso un discorso più ampio, che forse è appena all’inizio e che senz’altro aprirà la strada a nuove interessanti piste d’indagine.


di Antonella Dicuonzo


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