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Paideia. Giovani e sport nell’antichità

A cura di Paolo Giulierini, Mario Grimaldi

Napoli, Prismi, 2020, 88 pp., 12 euro
ISBN 978-88-569-0728-5

Già nel 1999 Siro Ferrone nel saggio Drammaturgia e sport («Drammaturgia», VI, 1999, pp. 5-14) evidenziava lo stretto legame tra i due ambiti. Non stupisca quindi che si continui a indagare una relazione di primaria rilevanza, tanto più evidente nel mondo antico: si pensi alle Olimpiadi greche ma anche al ricco palinsesto dei ludi romani.   

La mostra Paideia. Giovani e sport nell’antichità (Museo archeologico nazionale di Napoli, 1° luglio-2 dicembre 2019), a cura del direttore Mario Grimaldi e con il coordinamento scientifico di Marialucia Giacco, propone importanti fonti iconografiche dell’atletica greca e romana quali ceramiche attiche provenienti dal Getty Museum, affreschi pompeiani, copie romane del Doriforo e del Diadumeno di Policleto, i corridori dalla ercolanense Villa dei Papiri.

Il catalogo è un volume snello strutturato in due parti. Nella prima autorevoli studiosi ripercorrono breviter la storia dei protagonisti e delle pratiche atletiche. Il taglio è divulgativo, ma le note bibliografiche ne garantiscono la scientificità. Nella seconda parte le schede dei molti capolavori presenti in mostra sono suddivise in due sezioni tematiche: gli atleti e l’atletismo (pp. 48-58) e le discipline sportive (pp. 59-83).

In merito agli atleti i contributi si concentrano sui giovani (Mario Grimaldi, Paideia: giovani e sport nell’antichità, pp. 9-12) e sulle donne (Rosaria Ciardiello, Le donne e lo sport nel mondo antico, pp. 17-19). I giovani erano, appunto, destinatari della παιδεία, l’educazione greca al vivere civile in cui la disciplina sportiva, oltre a quella filosofica, era fondamentale. Contrariamente a quanto si pensa, le atlete non erano solo spartane. Apprezzabile il riferimento alle cosiddette “orsette”, le fanciulle devote ad Artemide (cui era sacra l’orsa simbolo di forza e coraggio) che gareggiavano nella corsa attorno all’altare della dea nel santuario attico di Artemide Brauronia.

Diva Di Nanni Durante approfondisce gli Italikà Rhomaia Sebastà Isolympia, i giochi istituiti a Napoli nel 2 a.C. in onore di Augusto come ringraziamento per il sostegno dato alla città dopo il terremoto (pp. 20-22). I Sebastà partenopei, attestati da varie iscrizioni rinvenute a Neapolis, erano concorsi isolimpici sia nelle specialità atletiche e ippiche, sia nella periodicità quadriennale. La lastra sepolcrale dell’atleta-lottatore Marcus Aurelius Hermagoras (cat. n. 29, p. 82), originario della città lidica Magnesia sul Sipilo, ne documenta il carattere internazionale. 

Seguono utili sintesi sulle discipline atletiche. La corsa dei carri (pp. 29-31) è attestata da fonti di diverse tipologie: anfore attiche (cat. nn. 10-11, pp. 61-62), modioli pompeiani d’argento (cat. n. 12, p. 63), il celebre cavallo bronzeo Mazzocchi, parte della quadriga posta nell’area del foro di Ercolano (cat. n. 9, p. 60). La lotta (pp. 33-35), spesso raffigurata in mosaici e affreschi all’ingresso di luoghi deputati alla paideia, era la pratica iniziatica dei fanciulli al ginnasio, come attesta l’affresco del I sec. d.C. proveniente da Scafati in cui due giovani con gambe aperte e braccia tese sono colti nel primo atto della presa (cat. n. 22, pp. 74-75).  

Si segnala il contributo di Umberto Pappalardo sul nuoto, ritenuto da greci e romani non un’attività agonistica bensì un training per il potenziamento muscolare e polmonare (pp. 37-40). La pratica sportiva dei tuffi sembrerebbe invece attestata dalla celebre Tomba del tuffatore di Paestum. Che si tratti di un tuffo reale o di un tuffo nell’aldilà, come si è supposto, lo stile è «inequivocabile attestazione di una pratica diffusa e perfezionata con allenamenti» (p. 38). Pappalardo prende in considerazione anche i tetimimi, i balletti acquatici che nell’antichità rientravano nella categoria degli spettacoli. Le colimbrete, ossia le piscine costruite dietro la scena in alcuni teatri romani a partire dal III sec. d.C., testimoniano l’apprezzamento del pubblico di allora per i lascivi balletti di giovani donne discinte talvolta in veste di Nereidi. Celebre è il caso di Teodora che ammaliò l’imperatore Giustiniano.

L’hoplitodromia (cat. n. 15, p. 66), la lampadedromia panatenaica (cat. n. 16, p. 67), il lancio del disco (cat. n. 18, p. 70) e del giavellotto (cat. n. 20, p. 72) sono discipline documentate dalle anfore greche presenti in mostra introdotte da Floriana Miele (p. 41). Gli atleti sono in genere raffigurati in nudità efebica per esaltarne la perfezione dei corpi allenati. L’ἀϑλητής vincitore presenta i consueti tripode e corona.

Chiude il volume la presentazione della mostra fotografica Io Penso Che di Emilio Porcaro (pp. 84-85), in cui sportivi professionisti e persone comuni condividono il loro pensiero e la loro passione per lo sport. Le foto, che mostrano anche squarci di Napoli, creano un efficace connubio tra città e performance atletica.

«Diffondere tra i giovani l’idea che non tutti possono diventare campioni nello sport ma che possono diventarlo in tanti altri campi a partire dalla disciplina mutuata dallo sport, che insegna in primo luogo il sacrificio, è una prioritaria necessità» (p. 7): un obiettivo che auspichiamo possa essere raggiunto anche in piccola parte.


di Diana Perego


Paideia. Giovani e sport nell’antichità

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