Pensato con lintenzione di ripercorrere la storia
produttiva di una collaborazione tra Pier Paolo Pasolini e Elio Petri prima dei loro esordi dietro la macchina da presa, il volume di Tommaso Mozzati si apre con una prefazione di Roberto Chiesi. Il critico
cinematografico, responsabile del Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini
della Fondazione Cineteca di Bologna, ripercorre le prime tappe
cinematografiche pasoliniane nella capitale a cominciare dal 1954, quando il
trentaduenne bolognese «fu introdotto nella città del cinema da Giorgio Bassani come sceneggiatore, ossia come scrittore di soggetti, trattamenti,
sceneggiature, alloccorrenza anche consulente e suggeritore di spunti e idee»
(p. 7), ponendo lattenzione sul fenomeno dei poeti e romanzieri prestati al
cinema. In particolar modo vengono evidenziati i diversi apporti professionali
di Pasolini, non solo per quanto riguarda le sceneggiature ma anche per vari
sostegni, revisioni e interventi.Partendo dalla problematica legata al
riconoscimento del contributo effettivo di un dato sceneggiatore nelle collaborazioni
a più mani, Chiesi riconosce a Mozzati il primato di avere sistematicamente ricostruito
la carriera cinematografica di Pasolini in Sceneggiatura
di poesia (Mimesis, 2017), dagli esordi fino ad Accattone (1960).
Proprio durante la preparazione per quel volume, lo storico dellarte e critico
cinematografico ha reperito materiali archivistici di prima mano riguardanti linconfutabile
partecipazione di Pasolini al soggetto de Le
notti dei teddy boys (1959), la cui sceneggiatura fu poi scritta da
Petri, Franco Giraldi, Tommaso Chiaretti e dal regista Leopoldo
Savona. Lidea per il film nasceva dalla volontà di rappresentare un punto
di incontro fra la “gioventù bruciata” americana e quella italiana dei “ragazzi
di vita” borghesi, dediti alla piccola criminalità. Mozzati, con intelligenza e
rigore, indaga il contesto storico e sociologico in cui furono concepiti
soggetto e sceneggiatura, durante la «rapida e trionfale diffusione della
cultura popolare a stelle e strisce in unItalia che si è affrancata dal
fascismo da appena un decennio» (p. 8).
NellIntroduzione lautore riporta un estratto di Giorgio Trentin contenuto nella
sceneggiatura de La commare secca (1962), edita da Zibetti Editore. Partendo da questo film, diretto da Bernardo
Bertolucci su soggetto di Pasolini, Trentin ipotizza la pressione che lintellettuale
bolognese avrebbe potuto esercitare sul cinema italiano se la sua attività
prevalente fosse stata quella dello sceneggiatore. Oltre questo aspetto,
secondo Mozzati risulta fondamentale indagare il progetto de Le notti dei teddy boys «per disegnare la trama dei rapporti che avrebbero portato lo scrittore
alla direzione del proprio esordio registico, grazie a una rete di supporti
tecnici e di sostegni intellettuali» (p. 14).
Nella sezione Cronologia
vengono ripercorse le principali fasi del
contributo di Pasolini al progetto in questione, partendo da una pagina
autobiografica consegnata a «Paese sera» nel 1961. Larticolo attesta infatti
la presenza a Milano del poeta al fine di arricchire la sceneggiatura di
sopralluoghi e conoscenze dirette. Mozzati ricostruisce il tutto dopo approfondite
ricerche condotte nel fondo della Direzione generale dello Spettacolo:
fascicoli ministeriali relativi ai preparativi per le riprese, revisioni
sottoscritte della sceneggiatura, contratti per la distribuzione nelle sale,
ecc.
Nel paragrafo Contesto
vengono delineate le circostanze storiche e
sociologiche in cui Le notti dei teddy
boys fu concepito: lautore chiama in causa a tal
proposito alcune produzioni filmiche francesi, nostrane e statunitensi del
secondo dopoguerra, tutte incentrate sul disagio giovanile. A sostegno di
queste realizzazioni cerano perlopiù fatti di cronaca comparsi su testate
giornalistiche – come il «Corriere della Sera», «lUnità» o l«Avanti!» – con
lo scopo di sollecitare i lettori a interrogarsi sulle cause. Inoltre, la
dilagante ondata di criminalità giovanile degli anni Cinquanta venne
minuziosamente analizzata in numerosi articoli e convegni, portando alla
ribalta un fenomeno che non poteva essere ignorato dal mondo intellettuale,
scientifico, politico, editoriale e figurarsi cinematografico. Difatti «è
significativo che il titolo arrivasse a includere la definizione “teddy boys”
alla fine dellagosto del 1959, quando letichetta aveva ormai raggiunto una
popolarità rinnovata presso lopinione pubblica» (p. 33).
Mozzati ritorna a parlare del poeta nel paragrafo Pasolini
e i teddy boys, prima di “Milano nera”,
chiamando in causa un suo pezzo dal titolo La colpa non è dei teddy boys,
pubblicato su «Vie Nuove» il 10 ottobre 1959, dopo luscita in sala del film. Lattenzione
dellintellettuale bolognese è incentrata sul tentativo di delineare una vera e
propria tassonomia puntuale del fenomeno, che rimanda ai suoi contributi per Milano
nera, per Le notti dei teddy boys
ma anche per il coevo La notte brava, scritto dallo stesso Pasolini e
“affidato” a Mauro Bolognini. Insomma, una serie di incontri e relazioni
che si intersecano e che si condizionano a vicenda, senza dimenticare i romanzi
Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959), ambientati
entrambi nelle borgate romane «in unindagine
sociale attenta a una composizione delle dinamiche urbane ridisegnate dalle
sorti progressive del miracolo economico» (p. 40).
Nella sezione Il
problema dellautografia: fra documento, memoria ed echi letterari vengono soppesate alcune dichiarazioni per valutare la legittimazione
di unattribuzione in toto del soggetto alla penna dello scrittore. In prima battuta viene
ricostruita una trama di legami tra i nomi al lavoro de Le notti dei teddy boys attorno alla rivista «Città aperta», tra cui figuravano come
collaboratori anche Petri, Calvino, Pirro e Vespignani. Lintento
di Mozzati è di arrivare a una conclusione ben precisa: egli sostiene che se si
accosta la pretesa di modernità manifestata dalla redazione e se, di
conseguenza, si confrontano tali fermenti con la rilevanza politica che il tema
dei “giovani” aveva assunto nel dibattito italiano del periodo, è una logica
conseguenza che i redattori del periodico si ritrovassero a interessarsi al
problema del disagio adolescenziale nel contesto metropolitano. Infine, lo
storico riesce intelligentemente a portare alla luce somiglianze e congruenze
tematiche e ambientali tra varie opere di Pasolini: La
nebbiosa, La notte brava, Giovani mariti fino a Mamma Roma. Unoperazione di indagine archivistica e di
ricostruzione di un contesto intellettuale, questa di Mozzati, che introduce la
prima pubblicazione della sceneggiatura originale del film, individuata presso
lArchivio centrale dello Stato di Roma, Fondo Ministero Turismo e Spettacolo,
recante il titolo La banda degli
innamorati o Le giovani volpi. I
protagonisti sono tre giovani appartenenti al ceto medio di Roma. Quasi per
gioco, compiono il loro primo crimine ricattando il proprietario di un bar. Il
comodo successo li spinge a ritentare il colpo prima con delle coppiette
appartate poi con “case di piacere”. Lavidità ma ancor più i sensi di colpa
gli si ritorceranno contro. A chiudere il volume una variegata, corposa
raccolta di paratesti tra cui riproduzioni di manifesti, locandine, copertine
di riviste e di quotidiani.
di Giuseppe Mattia
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