La giovane casa editrice romana
NeoClassica, specializzata in letteratura musicale, musicologica ed
etnomusicologica, inaugura la collana “Musica.Performance.Media”, diretta da Alessandro
Cecchi. Un progetto editoriale che intende collocarsi in uno spazio inter- e
transdisciplinare, incoraggiando il dialogo con gli studi sui media, sulla
performance, sulle tecnologie e culture del suono, con lobiettivo di fornire
uno sguardo integrato sui fenomeni musicali più vari.
Esito di un ciclo di giornate di
studio organizzate nel 2015-2016 presso il Dipartimento di Filologia,
Letteratura e Linguistica dellUniversità
di Pisa, il presente
volume, curato dallo stesso Cecchi, si articola in quattro sezioni. Nel testo introduttivo, a firma del curatore, si propone un approccio metodologico basato sul principio di “mediazione radicale” formulato da Richard Grusin, secondo cui la realtà
è inseparabile dal processo della mediazione, che è in sé immediato. Applicare
questo modello consente di superare concezioni essenzialiste e gerarchizzanti
che guardano alla musica come a unentità autonoma cui diverse forme di
mediazione consentono di accedere in modo più o meno autentico, e di considerarla
piuttosto come mediazione essa stessa. Testo, performance e media si configurano così come «tre forme
ontologicamente paritetiche di mediazione musicale» (pp. 17-18), in cui la
musica è incorporata nella sua immediatezza. I tredici saggi inclusi nel volume
sono presentati come altrettanti sguardi sulla mediazione musicale per come
questa si manifesta attraverso forme di esperienza testuali, performative e
mediali, in campi estetici e produttivi disparati.
Ad aprire la prima sezione (tecnologia
esperienza performance), Gianmario Borio propone una densa
riflessione sullesperienza estetica sotto legida della tecnologia. Già
pubblicato in inglese in un importante volume curato dallo studioso (Musical
Listening in the Age of Technological Reproduction, Farnham, Ashgate, 2015,
pp. 3-23), il saggio ripercorre il dibattito filosofico riguardo agli effetti dei nuovi media
sulla ricezione dellarte, e in particolare sullascolto musicale: dalle osservazioni seminali di
Walter Benjamin fino alle più
recenti teorie che mettono in primo piano latto performativo. Emerge lipotesi
che le tecnologie di riproduzione possano «assumere la funzione di creare un
collegamento tra Erlebnis e Erfahrung» (p. 50), costituendo una
forma di mediazione fra i due poli dellesperienza estetica.
Giacomo Albert e Alessandro
Bratus affrontano le interazioni tra performance e media in alcune
espressioni artistiche del XXI secolo. Albert si concentra sullinclusione sempre
più frequente di forme audiovisive in progetti “di natura musicale”,
individuando le proprietà principali di un repertorio ampio e mutevole
caratterizzato da profondi processi di ibridazione (di generi, linguaggi,
formati mediali, e tra reale e virtuale). È possibile leggere il fenomeno sullo
sfondo del panorama post-mediale innescato dallingresso della società nellera
post-digitale: per le espressioni artistiche indagate è proposta la definizione
di “post-musica”. Di forme
audiovisive si occupa anche il saggio di Bratus (già apparso in inglese in Mediatization
in Popular Music Recorded Artifacts), che indaga i “film concerto”
prodotti nel campo della Electronic Dance Music.
Per la seconda sezione (sguardo voce ascolto), Vincenzo Borghetti analizza lo sguardo
che ascolta, ossia quello
dei manoscritti musicali
di lusso di Petrus Alamire, confezionati
presso la corte asburgica dei Paesi Bassi tra la fine del XV e linizio del XVI
secolo. Lanalisi del layout, della decorazione e della mise en page
porta a superare lopposizione tra le funzioni di “performance” e “display”, comunemente
chiamata in causa nella trattazione di questo genere di codici: incorporando
unampia gamma di processi aurali e performativi, e suggerendo molteplici usi e
modalità di lettura, le opere di
Alamire possono essere considerate una forma peculiare e
complessa di mediazione musicale.
La voce è al centro dei saggi di Michela
Garda ed Emilio Sala. Toccando alcune esperienze della Vokale
Performancekunst nel XX e XXI secolo (La Barbara, Stratos,
Björk…) sullo sfondo di
riflessioni estetiche e filosofiche consolidatesi negli anni Duemila (Cavarero, Dolar, Connor), Garda
mostra come le coppie di concetti contrapposti spesso adoperate per
interpretare le pratiche vocali del secondo Novecento vadano viste come poli di
uno spazio mobile, che gli artisti esplorano in modo fluido (si pensi allopposizione
personale/impersonale e alle ricerche transculturali che nutrono le
sperimentazioni dei performer). Sala affronta il problema della
metamorfosi vocale della cantante e attrice Milly, che riguarda tanto la sua traiettoria umana, segnata
dallincontro trasformativo con Strehler,
quanto la storia collettiva e il fascismo come trauma culturale: la musica
leggera del Ventennio riemerge straniata nella seconda vocis persona di
Milly, nel suo “inconscio vocale”, che è al contempo «personale e pulsionale,
[…] culturale e mediatizzato» (p. 187).
Canto e sguardo si intrecciano nella “messa in video” dellaria
operistica. Attraverso lanalisi
di tre case studies, Emanuele Senici illumina le strategie
impiegate dai registi per affrontare la tensione che si crea quando le
peculiarità dellaria (sospensione del tempo dellazione e staticità
performativa) entrano in relazione con le esigenze di rappresentazione
realistica e di movimento ininterrotto del medium audiovisivo. Sulle forme
dellopera nel cinema torna Matteo Giuggioli
con due exempla di impiego cinematografico del Trovatore: lomonimo film-opera
di Carmine Gallone (1949)
e Senso di Luchino Visconti (1954).
Nella terza e nella quarta sezione (rispettivamente teorie visioni dibattiti e gesto corpo scena) prosegue lindagine sui
rapporti tra musica, cinema e televisione. Roberto Calabretto mette in
rilievo, attraverso le testimonianze di importanti registi europei, alcuni
problemi di natura teorica relativi al ruolo della musica nei film. La
messa in discussione di usi convenzionali e la ricerca di esiti originali nellinterazione
con il linguaggio sonoro accomuna le traiettorie di artisti anche molto diversi
fra loro (da Truffaut a Carmelo Bene). Gaia Varon
ripercorre il dibattito sulla rimediazione televisiva della performance
orchestrale generato dalle prime trasmissioni statunitensi: il negoziato tra la
narrazione audiovisiva e il paradigma dellascolto puro incarnato dalla
radiofonia produce uno stile di ripresa convenzionale (che si vuole “al
servizio dellascolto”) adottato ancora oggi.
Maurizio Corbella indaga
il ruolo della musica in Un tranquillo posto di campagna di Elio Petri, pellicola del 1968 la cui
colonna sonora, di inedita complessità, è affidata a Ennio Morricone e al Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza,
ensemble romano tra i protagonisti della scena sperimentale coeva. Attraverso
la ricostruzione del percorso genetico del film si mostra come le performance
estemporanee del Gruppo, caratterizzate da un «approccio “traumatizzante” agli
strumenti» (p. 298), e le musiche seriali del compositore (Musica per 11
violini e sue rielaborazioni) contribuiscano
a veicolarne i significati portanti: la frizione tra avanguardia e
cultura pop e limpasse dellarte nella società dei consumi. Una lettura del cinema
indipendente americano attraverso la relazione con la musica indie è
proposta da Maria Teresa Soldani. Loperazione permette di far emergere
alcune tendenze portanti allinterno del corpus di
riferimento e di delineare una nuova periodizzazione, scandita da
intersezioni strategiche e processi paralleli riscontrabili nello sviluppo
delle forme musicali e filmiche.
In chiusura, Ilario Meandri e Matteo Aldeni ricostruiscono
le pratiche di sonorizzatori e rumoristi nel sistema produttivo del cinema
italiano. Muovendosi tra osservazione del presente e dimensione storica, il
saggio mette a fuoco limportanza degli archivi sonori così come le peculiarità
dellazione di figure spesso poco riconosciute eppure essenziali: artisti prima
ancora che tecnici, i responsabili del montaggio sonoro contribuiscono infatti
in modo cruciale alle strategie della narrazione filmica.
di Giulia Sarno
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