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Marco Martinelli

Aristophane dans les banlieues. Pratiques de la non-école

Traduit par Laurence Van Goethem. Préface de Jean-Pierre Thibaudat

Arles, Actes Sud-Papiers, 2020, 224 pp., euro 18
ISBN 978-2-330-13440-2

Fra i pochi drammaturghi e teatranti italiani viventi tradotti in francese, Marco Martinelli amplia le sue pubblicazioni oltralpe con l’edizione di alcuni testi di pedagogia ed estetica (in italiano, Aristofane a Scampia. Come fare amare i classici agli adolescenti con la non-scuola, Milano, Ponte alle Grazie, 2016) che esportano in altri paesi un’esperienza condotta sulle opere classiche nata in Romagna. È un esempio del metodo originale di coinvolgimento dei giovani – tutt’altro che aspiranti attori o appassionati di teatro – incontrati sia a scuola, sia in condizioni sociali e culturali degradate, che ha mostrato efficacia partecipativa e diffusione straordinarie. 

Il libro interesserà i lettori italiani anche perché documenta il livello di ricezione di un nostro artista contemporaneo all’estero, tradotto con perizia da Laurence Van Goethem. Nella Préface, Jean-Pierre Thibaudat chiarisce con competenza la reazione suscitata da un’operazione che può trovare analogie in Francia, sia nelle iniziative di “animazione” legate alla décentralisitation, sia nelle “scuole” d’arte drammatica (pure Antoine Vitez, insegnante al Conservatoire National e a Chaillot, nutriva l’utopia della scuola come il “teatro più bello del mondo”). Thibaudat così esordisce: «La vie de Marco Martinelli est faite de rencontres» e ne rammenta alcuni decisivi, come quello con Ermanna Montanari, compagna d’arte e di vita. Quanto al rapporto con i ragazzi: «Que font-ils? Ils écoutent les élèves. Puis proposent des improvisations libres autour de thèmes puisés dans des pièces du répertoire classique […]. Il n’est pas question de mise en scène, mais de “mise en vie”, formule qui résume cette méthode pragmatique à laquelle il va donner un nom: la non-école» (p. 10). 

Già alla guida del Teatro delle Albe di Ravenna con Ermanna, dal 1983, Marco sdoppia la sua vocazione: da un lato, in scrittura drammaturgica e scenica, dall’altro, in allenamento di gruppi giovanili educati alla spontaneità e all’espressività rigenerate, verso obiettivi extra-artistici, ma di verace partecipazione emotiva, prima che spettacolare. È quello che succede d’importante per Thibaudat, all’inizio dell’avventura: «A Naples, Martinelli et sa petite équipe vont apporter la non-école dans un lycée bourgeois du centre-ville où l’on apprend le grec et le latin et dans trois écoles de Scampia» (p. 12). 

L’autore riassume quindi, a preludio d’ogni progetto, l’incontro con Ermanna, che muove le avventure successive nell’intenzione d’una vita teatrale in condivisa tensione seppure di non scontata attuazione. Dopo il Teatro delle Albe (in unione con Luigi Dadina e Marcella Nonni) e la direzione di Ravenna Teatro (1991), le prime prove avviate nelle scuole seguono un gioco flessibile di improvvisazioni su Brecht, Aristofane e Achille Campanile, sviluppato in incontri e azioni definiti «un théâtre corsaire» (p. 33), itinerante nel territorio e cangiante nei temi e nei comportamenti. «Faire du théâtre à cette époque ne signifiait pas seulement créer des spectacles, mais aussi apprendre à vivre en tant que troupe, que communauté d’artistes» (p. 33). S’aprirà così un credito, sconcertante per umiltà e impertinenza, all’“asinità”: nozione cara, per autoironia, ai responsabili di un insegnamento che si svolge per scambi reciproci non gerarchici. Tra gli impegni non formali con i ragazzi, si sottoscrive di «jouer et transpirer avec eux» (p. 83). 

Il successo della non-scuola, pure con gli errori sperimentati, merita un “abbecedario” (redatto nel 2001) composto da 21 Lettres pour la non-école. La prima di esse, ASINITÀ, illustra il programma in una parabola, affettuosamente profetica e poetica: «Béni soit-tu, petit âne errant! Viens chez moi, et ouvre ton palais asinien avec la clé de l’aubaine, délie ta langue […]. L’âne est l’adolescent, à la non-école l’âne est le guide: tous deux braient fortement» (p. 188). Ed ecco altre “voci” che raccordano alla Z: «CALCIO (Le bonheur du corps vivant), DOGME (À travers Aristophane ou Brecht, c’est la vie des adolescents), HISTORIA (Le jeux affectueux massacre de la Tradition), MARIONNETTE (Pas de psicologie !), NOBODADDY (N’être rien, sublime sentiment de pureté et de liberté), RAGAZZINI (Ils ne sont personne, ils sont comme blessés. Cette blessure est la voie royale pour la scène), USÉ (Constatation que le monde est usé), VITESSE (Contrainte féconde pour l’imagination), ZUCCA - CITROUILLE (La lubricité du théâtre, la munificence des mensonges qui crée un monde nouveau)» (pp. 189-203). 

Simile modalità di traduzione, a senso e fantasia, consente la possibilità quasi infinita di spargere semi destinati a rifiorire. In mancanza d’una Bibliografia critica – nella quale avrebbe dovuto apparire il saggio di Maria Dolores Pesce (Spoleto, 2018), il più completo e aggiornato – la Biobibliografia dell’autore scandisce infine date, tappe e opere di un cammino umano discutibile e provocatorio, condivisibile e degno di essere studiato e, possibilmente, imitato.  


di Gianni Poli


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