La storica dello spettacolo Elena Randi, già nota per gli studi sul
teatro romantico, ha più recentemente saggiato le problematiche della danza
moderna e contemporanea. Affronta ora le teorie coreutiche che attraversano il
Novecento, cosciente dellarduo problema di distinguere fra teoria e pratica: due
categorie storicamente intrecciate e confuse. Nello sviluppo recente di
questarte antica, il pensiero dei creatori si presenta trasfuso nelle opere,
alle quali – più spesso che non agli scritti e alla riflessione sistematica –
vengono affidati idee e scopi espressivi. Citando maestri fondatori e novatori,
Randi rileva infatti la varietà delle formulazioni concettuali e il normale
inevitabile passaggio dalle idee al progetto operativo: «La poetica di questi
artisti è spesso ricavabile da loro pagine non esplicitamente speculative. […] Anche
se usati con moderazione, gli eventi scenici non possono essere esclusi a
priori da una monografia intesa a occuparsi di concezioni della danza» (p. 10).
Uno spettacolo può essere quindi un manifesto di estetica, se pure
“travestito”. E nota ancora: «Ciò non significa che la prassi di un coreografo
sia sempre lapplicazione coerente del suo pensiero».
La vicenda estetica e
rappresentativa, spesso interferente con il metodo pedagogico che la promuove, è
ripercorsa e analizzata nei tre aspetti del Linguaggio,
del Processo creativo e dellOggetto rappresentato. Così la studiosa delinea
e storicizza le teorie, individuandole nei loro autori e nel momento dellintuizione
e della formulazione relative agli eventi genetici del fenomeno. La triplice classificazione
dovrebbe favorire la completezza dellindagine, oltre che lapprofondimento
delle molteplici situazioni particolari. Così, «parlando di linguaggio, ci riferiamo allidioma che
è considerato specifico della danza da un determinato artista. Nella
maggioranza dei casi […] si tratta della dinamica della macchina anatomica
umana» (p. 11). Quindi per linterazione di teoria e tecnica, la concezione e
luso del corpo determinano differenze di significati, a seconda che prevalga
la partenza da un movimento organico e naturale o da un movimento artificiale e
codificato e sebbene lopera risultante possa comprendere entrambe le
dimensioni organizzate dallartista.
Il capitolo Linguaggio riflette soprattutto sulla linea innovativa e alternativa,
rispetto alla tradizione corrente. «Trouver une langue» è il movente principale
rispetto a visioni sempre in bilico fra natura e artificio, per unespressione autentica
dellesistenza. La tecnica vi appare determinante nel raggiungimento dello
scopo artistico (p. 13). Fra i protagonisti della ricerca e dei suoi esiti, si
incontrano nomi, rappresentativi di esperienze e “scuole”, più o meno noti e
famosi quali Anna Halprin, Vaclav Nižinskij, Loïe Fuller, Rudolf
Laban, Isadora Duncan, Erick Hawkins, George Balanchine,
Martha Graham, Maurice Béjart, William Forsythe e molti
altri. Ciascuno concepisce, elabora, crea – o criticamente interviene – secondo
sensibilità e peculiarità proprie. Appare costante il rapporto problematico fra
uomo e natura, presupposto a una riforma quale “ritorno alle origini”. Fra
quanti si sono posti obiettivi e forme ideali, si mostra ad esempio come Merce
Cunningham trovi «illusorio pensare che siamo mai stati e possiamo
diventare integri e armoniosi sotto il profilo fisico e psichico […]. Tanto
vale prendere atto della realtà e incamminarsi verso uniperarticolazione del
corpo, verso una mirabolante padronanza dellapparato anatomico» (p. 41).
Daltro canto, con una sorta di ascesi mistica, Laban prospettava labbandono
della psicologia al fine di «superarla per raggiungere il contatto con
luniversale» (p. 43). In Natura e
artificio compaiono le ipotesi di equivalenza fra gesto comune e danza, formulate
dalla citata Anna Halprin e da Simone Forti, mentre in Artificio e
corpo-macchina si accede al senso motorio delle figurazioni futuriste.
Esaminando il Processo creativo, Randi confronta
diverse estetiche applicate per soffermarsi sui modi di declinare le “improvvisazioni”
e gli esiti performativi del lavoro di Suzanne Perrottet, di Mary
Wigman e dellallieva Hanya Holm. Con Pina Bausch limprovvisazione
si pone quale frutto di domande e risposte, fra le quali scegliere le
componenti coreografiche pregnanti; mentre sono messe in risalto le modalità
dellapproccio pratico di Charles Weidman. Lavvento dei registi
della/nella danza provoca, dal 1970, lo sfasamento fra danza e musica, significativo
ad esempio nella collaborazione fra Merce Cunningham e John Cage. Con il
rinnovamento della tradizione ad opera di Mats Ek (Premio Europa per il
teatro, 2016), siamo a un sincretismo di feconda attualità. La studiosa prende poi
atto della confluenza delle arti, danza compresa, nella “totalità” dello
spettacolo, sempre più composito e contaminato. Un fenomeno osservato, nei campioni
più significativi, quale “fusione” onnicomprensiva e in crescendo di elementi
autonomi, intrecciati indissolubilmente.
Il volume offre un importante supplemento di documenti, accessibili sul sito
delleditore. Seguendo il segnale che rinvia a uno spettacolo o a un
personaggio, si può fruire del collegamento con quel soggetto. Il valore
strumentale, riconosciuto dalla studiosa, si verifica nelluso facilitato
dellopera (talvolta laboriosa nei rinvii e nelle digressioni) e ne accresce
linteresse presso il lettore meno esperto. Provandolo, se ne può misurare lutilità
nellapprofondire fatti e suggestioni, altrimenti di difficile fruizione. Fra i
titoli e i momenti particolarmente interessanti (per originalità o per apporto
informativo) si rilevano figure fondatrici (quali Duncan o Fuller), ampiamente
esemplate nella trattazione, ma anche precisazioni necessarie sulle opere e le personalità
di Genevieve Stebbins, Ruth Saint Denis, Ted Shawn e Anna
Halprin. Di Doris Humphrey si segue il riallestimento moderno di Water Study (1928), performance che rivela la bellezza (in assenza di un tema musicale
conduttore) intrinseca delle trasformazioni essenziali tipiche dellonda marina.
Oppure si scorrono audiovisivi su Laban (tratti dagli archivi RAI) con inediti commenti
sul rapporto con Kandinskij. E ancora Kinetik Molpai di Shawn (1935), azione tutta al maschile su musica
di Jess Meeker. Infine, la peculiarità pedagogica della stessa Halprin emerge
dalle fotografie, conferenze e rappresentazioni visivamente integrate in un
filmato del 2009.
di Gianni Poli
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