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Hystrio, a. XXXIII, n. 3, 2020


108 pp., euro 12,00

Le pagine iniziali di questo numero di «Hystrio» sono occupate da un interessante e aggiornato Speciale Coronavirus. Claudia Cannella solleva cruciali domande circa le faticose ripartenze nel rispetto delle regole sanitarie e sulle connesse ripercussioni economiche nei pochi festival estivi in cartellone. Soprattutto si proietta nella stagione 2020-2021, pensando ai piccoli teatri, ai contributi del FUS, alla situazione contrattuale dei lavoratori. Legittimi i dubbi espressi da Valeria Brizzi e Arianna Lomolino riguardo alla ricaduta del Decreto Rilancio nel mondo del teatro e gli effetti della piattaforma digitale a pagamento per la fruizione di spettacoli on line, sul modello di Netflix, lanciata dal ministro Franceschini. Segue un’inchiesta incentrata sulla situazione economica e sulla programmazione artistica dei vari festival italiani. Numerosi i direttori e organizzatori interpellati.

Grande prudenza e diversificate modalità operative accompagnano la riapertura dei teatri nel mondo, come dimostra una breve ricerca qui proposta. In Gran Bretagna, spiega Jacopo Panizza, tutte le attività sono sospese; in Francia vale il principio della situazione del contagio a livello territoriale, secondo quanto rileva Giuseppe Montemagno. I teatri tedeschi sono funzionanti per il 10% – scrive Irina Wolf – e i posti disponibili corrispondono al 20% della capienza, mentre in Austria sono sei i teatri aperti con la metà delle poltrone disponibili. Davide Carnevali riferisce che in Spagna si applica il criterio delle contingenze sanitarie regionali. La situazione in Russia, come racconta Fausto Malcovati, è contraddittoria: da un lato il governo ha dato il via libera alla riapertura, dall’altro quasi tutti i teatri hanno anticipato le ferie dei propri dipendenti. Nello Stato di New York i teatri rimangono chiusi, ci dice Laura Caparrotti, mentre negli altri States l’attività è ripartita. Infine in Cina, come testimonia Beatrice Borelli, servono i permessi governativi anche solo per lo svolgimento di piccoli spettacoli con l’obbligo di mascherine e di distanziamento sociale.

I problemi del Piccolo Teatro di Milano, venuti a galla dopo le dimissioni di Sergio Escobar e denunciati in una lettera pubblica dei lavoratori dell’Ente, sono analizzati da Sara Chiappori nella Vetrina. In merito alla nodosa questione, «non si tratta di trovare un nome, seguendo vecchie regole e schemi esausti, ma di ripensare radicalmente l’assetto del Piccolo alla luce di un sistema messo in ginocchio dall’emergenza Covid-19, ma in profonda crisi da molto prima» (p. 16).

Festeggia i suoi primi venti anni la compagnia Anagoor di Castelfranco Veneto, caratterizzata secondo Laura Bevione da un bell’intreccio di letteratura, pittura, fotografia e musica elettronica nel progetto drammaturgico sotteso alla ricerca, tra l’altro premiata nel 2018 alla Biennale di Venezia con il Leone d’argento. Matteo Brighenti si occupa di Teatro dei Venti, compagnia modenese fondata nel 2005 attiva su più fronti: dal teatro di strada all’impegno sociale, fino all’organizzazione di Trasparenze Festival (a partire dal 2012) in cui ha debuttato il pluripremiato Moby Dick (2019). Provengono dalla Scuola del Teatro Nazionale di Napoli i sei attori fondatori nel 2018 della compagnia Putéca Celidònia attiva, con intenti sociali e culturali, nel Rione Sanità; Stefania Maraucci ne ricorda gli spettacoli, da Non c’è differenza tra me e il mondo a Dall’altra parte. 2+2=?, semifinalista del Premio Scenario 2019. Altrettanto significativa – perché calata in una realtà carente di tradizione teatrale come quella della pugliese Manfredonia – la bella esperienza della Bottega degli Apocrifi raccontata da Alessandro Toppi. Con Giuseppe Montemagno ci si sposta in Sicilia per conoscere l’associazione culturale Latitudini. Rete Siciliana di Drammaturgia Contemporanea, condivisa da una quarantina di realtà teatrali locali cui sono proposti spettacoli legati al teatro di ricerca. A Palermo Emma Dante ha riaperto La Vicaria, un’ex fabbrica di scarpe trasformata in un «cantiere, più che un teatro. Uno Spazio aperto per creare, ospitare stage, laboratori, formazione», spiega l’artista in una intervista a Filippa Ilardo. Altra intervista rilevante è quella di Alessandro Serra a Marco Menini, che ripercorre vent’anni di carriera soffermandosi sugli spettacoli di maggior successo, da Macbeth a Il giardino dei ciliegi fino a Il Principe Mezzanotte.

Lo Speciale Franca Valeri si apre con un intervento di Laura Caparrotti che privilegia gli inizi della luminosa carriera dell’attrice milanese; erede di Dina Galli, entra in contatto con Alessandro Fersen, si fa conoscere nel gruppo de I Gobbi, rileva la vena comica nelle figure femminili, tra cui la celebre Signorina Snob, ideate per la trasmissione radiofonica Il rosso e il nero. Sandro Avanzo sposta l’attenzione sul versante cinematografico, ricordando il sodalizio artistico con Alberto Sordi e le donne sole e anticonformistiche interpretate a partire dagli anni Sessanta, quando in parallelo avvia un proficuo, duraturo rapporto con la scrittura. I suoi testi teatrali, ironici e satirici, fino all’ultimo Il secolo della noia (2019), sono lucidamente ricordati da Andrea Bisicchia. Il legame della Valeri con la musica e l’opera lirica, affrancato da ventiquattro regie, è messo in risalto Stefania Bonfadelli. Lo Speciale si completa con il ricordo e l’omaggio alla lezione artistica impartita dall’attrice da poco scomparsa da parte di Adriana Asti, Urbano Barberini, Paola Cortellesi, Lella Costa, Serena Dandini, Angela Finocchiaro, Paola Minaccioni, Maria Amelia Monti, Carla Signoris, Pino Strabioli.

La scomparsa di Yoshito Ohno permette a Marinella Guatterini di occuparsi di butō, la danza giapponese inventata con Tatsumi Hiji nella seconda metà degli anni Cinquanta e poi diffusa in Europa fino alle recenti esperienze di Paola Lattanzi Linke. Teatromondo prosegue con un contributo di Jacopo Panizza dedicato alla compagnia scozzese Superfan, vincitrice del prestigioso Beckett Trust Award per l’originalità con cui mette in scena linguaggi interdisciplinari (teatro, danza, nouveau cirque, physical theatre); si pensi a spettacoli Like Animals e il recente Nosedive.

La corrispondenza da Vienna di Irina Wolf si concentra sulla rassegna Europamachine al Burgtheater: dedicata alla storia violenta dell’Europa, ha iscritto nella programmazione allestimenti di rilievo artistico come Hamletmachine di Heiner Müller per la regia di Oliver Frljic, da cui emerge l’intolleranza presente nel neoliberismo moderno. Nella sala del Werk-X l’iraniano Alireza Daryanavard ha realizzato Blutiger Sommer, raccogliendo interviste di sopravvissuti ad anni di prigionia e torture. L’installazione Gardens Speak di Tania El Khoury ha commemorato i morti della guerra civile in Siria.

Spetta a Giuseppe Montemagno e a Roberto Rizzente la cura del Dossier Teatro delle migrazioni che si apre con un’intervista a Wajdi Mouawad – drammaturgo, regista e cineasta – che ha costruito la sua carriera artistica intorno a tematiche relative alla ricerca delle origini e dell’identità, dalla quadrilogia Le Sang des promesses (1999-2009) al recente Poissons pilotes. Maddalena Giovannelli sintetizza interessanti materiali relativi al tema dell’accoglienza (da Eschilo a Elfriede Jelinek, da Gabriele Vacis a Moni Ovadia) e alla paura del diverso a partire dal mito di Medea declinato da Euripide, Jahnn, Pasolini, Wilson. Personaggi dalla natura nomade, nel significato più aperto del termine, abbondano nella letteratura drammatica, come bene illustra Giuseppe Liotta, che ricorda i comici della Commedia dell’Arte, Lehman Trilogy di Stefano Massini e Emigrati di Slawomir Mrozek come esempi di migrazione interna; mentre le commedie di Fassbinder, Genet, Koltès, Miller riguardano l’odio razziale alimentato dallo straniero.

Simona Polvani alza il sipario sulla drammaturgia del “teatro delle migrazioni” in alcuni stati europei. In Francia, dove non è dimenticato il passato coloniale ed è vivo il presente degli attentati terroristici, l’integrazione di migranti trova risposta in alcune istituzioni all’avanguardia e nella produzione di testi di denuncia firmati, tra i tanti, da Aziz Chouaki, Sedjro Giovanni Houansou, Karima El Kharraz, Ahmed Madani. Fondamentale è anche la creazione collettiva Le Dernier Caravansérail ideata nel 2003 dal Théâtre du Soleil guidato da Ariane Mnouchkine: dalla tragedia del viaggio attraverso testimonianze dirette, come argomenta Laura Caretti, si arriva alla fondazione della compagnia del Théâtre Aftaab a Kabul da parte di giovani afgani che avevano partecipato a un laboratorio tenuto dalla regista francese nella loro città.

Ira Rubini si occupa della Germania che, assimilata l’ondata migratoria turca dalla quale provengono personaggi qualificati come Selen Kara e Günfer Çölgeçen, ora valorizza l’estro creativo di rifugiati provenienti da Siria, Palestina e Afghanistan, tra i quali l’attore Ayham Majid Agha, la drammaturga e regista Rana Mleihi, la scrittrice e regista Wihad Suleiman. Punta di diamante del teatro delle migrazioni è il berlinese Gorki diretto da Şermin Langhoff: in merito Laura Santini ricorda la costituzione nel 2016 dell’Exil Ensemble formato da attori rifugiati e profughi, nonché la produzione di spettacoli sul tema della diversità e dell’inclusione (da Verrücktes Blut di Nurkan Erpulat e Jens Hillje a The Situation di Yael Ronen). Se Berlino costituisce l’apertura, Londra post Brexit rappresenta la chiusura verso realtà migratorie da parte dei teatri ufficiali del West End, mentre la cultura teatrale indipendente si dimostra molto attiva e portatrice di valori inclusivi e di solidarietà. Jacopo Panizza segnala il Vault Festival e i progetti di Papergang Theatre, Tania Nwachukwu, Florencia Cordeu, e altri ancora.

La situazione inglese trova ulteriore approfondimento nella conversazione di Jacopo Panizza con Suman Bhuchar, produttrice, giornalista e drammaturga di origini pakistane, che si sofferma sulla presenza di ruoli etnici nel teatro contemporaneo londinese per poi analizzare la sua ricezione all’estero. Anche in Australia si è sviluppato un filone drammaturgico sul tema, sostenuto soprattutto dai teatri indipendenti, tra i quali, come rileva Gabriella Coslovich, spicca La Mama a Melbourne. Altra terra al centro di frequenti movimenti migratori è l’Austria, tanto che, stando a Irina Wolf, non mancano progetti finalizzati all’integrazione attraverso il linguaggio teatrale e pregevoli testi, come quelli in scena ai viennesi Werk-X Theater e Theaterarche. Da Atene Maria Chatziemmanouil racconta le ripercussioni del fenomeno dell’emigrazione nella drammaturgia moderna rappresentata da Clean City (2016) di Anestis Azas e Prodromos Tsinikoris e nell’apertura di appropriati spazi per lo spettacolo come Synergy-O.

Il Dossier Teatro delle migrazioni prosegue con il contributo di Franco Ungaro dedicato ai paesi della ex Jugoslavia nei cui teatri indipendenti si concentrano gli allestimenti di testi legati alla figura dello “straniero” e all’integrazione firmati, per esempio, dal macedone Goran Stefanovski e dal kosovaro Jeton Neziraj. In Romania è frequente il tema della badante immigrata (L’extraterrestre che desiderava come ricordo un pigiama di Matei Vișniec), oppure della condizione di sfruttamento vissuta dalle domestiche filippine (Domesticus Products di Ioana Păun). Tematiche presenti nel teatro spagnolo fin dagli anni Novanta e che oggi si rinnovano con le commedie di Angelica Liddell, José Manuel Mora, Lola Blasco, come sottolinea Veronica Orazi. Segue un’intervista di Roberto Rizzente al drammaturgo e regista José Sanchis Sinisterra i cui spettacoli affrontano temi legati alla colonizzazione e al concetto di “frontiera”. Antonio Attisani ripercorre la storia del cinema e del teatro yiddish, autentico serbatoio di racconti di diaspore e di ricerca di libertà, che trova in Moni Ovadia il suo autorevole rappresentante. Lo stesso Attisani con si occupa del repertorio della cultura rom e tibetana.

Il contributo della drammaturgia italiana è analizzato da Laura Bevione: ai lavori pionieristici di Teatro delle Albe, Marco Baliani, Teatro Officina e Teatro Cargo, seguono importanti progetti come i percorsi laboratoriali avviati da MigrArti, Cantieri Meticci, Carovana Smi, Teatro dell’Orsa, ecc. Figure di stranieri e situazioni legate a fenomeni migratori non mancano nel repertorio del teatro per i ragazzi di cui parla Mario Bianchi. I molteplici punti di vista assunti dalla drammaturgia italiana costituiscono il leitmotiv del prezioso scritto di Filippa Ilardo: il «naufragio come archetipo» (p. 74) della condizione umana contemporanea; il racconto del viaggio costruito su cronache e documenti storici; l’incontro-scontro con culture e mentalità diverse.

Negli Stati Uniti «chi non è americano è considerato immigrato, è un “alieno” (definizione legale)», spiega Laura Caparrotti, che sottolinea l’operato pionieristico de La Mama etc con The Trojan Women (1974), seguito dalle esperienze contemporanee del gruppo People’s Theater Project e della pluripremiata Saviana Stanescu. A livello tematico si riconoscono molti testi con personaggi che intrecciano storie legate ai movimenti migratori lungo il confine messicano. In merito la scrittrice Fernanda dal Monte ricorda Juan Carlos Rubio, Javier Malpica, Martín Acosta. Condivide lo stesso tema l’approfondimento di Raùl Uribe e Beatuz J. Rizk sulle opere di Antonio Zùniga e di Abel Gonzàlez Melo, due tra i principali esponenti della drammaturgia centroamericana.

Storie di esuli e viaggi di riscatto accompagnano la storia del melodramma, come illustra Giuseppe Montemagno ricordando la catena di scene liriche da Monteverdi a Puccini, da Gershwin a Robert Wilson e Ludovico Einaudi. Gli esempi forniti da Sandro Avanzo dimostrano la presenza di molteplici soggetti migratori nel Musical, dall’iniziale The Black Crook (1866) a America (2013). Altrettanto ricco è il quadro della danza, in cui il tema alimenta coreografie di pregevole qualità artistica, individuate da Lorenzo Conti nei lavori di Roberto Zappalà, Akram Khan fino a quelli di Simona Bertozzi emersi nell’ambito del bando italiano MigrArti che affianca il progetto europeo Migrant Bodies-Moving Borders. Spetta a Rizzente concludere questo variegato, documentato Dossier con un contributo sulla performance.

Le pagine della sezione Nati ieri sono dedicate da Alessandro Toppi al percorso artistico della leccese Factory Compagnia Transadriatica a partire dallo shakespeariano Sogno di una notte di mezza estate (2009), continuato con Romeo e Giulietta (2012), La bisbetica domata (2015), il molieriano Misantropo. Di rilievo risulta anche il repertorio rivolto a un pubblico giovane, come non trascurabile è l’attività sul territorio. Alla drammaturgia del siciliano Tino Caspanello presta attenzione Filippa Ilardo: che il testo sia in dialetto (Mari, ‘Ntallaria, Malastrada) oppure in italiano (Quadri di una rivoluzione, Sottotraccia), emerge «una parola abitata dal corpo che abita nel corpo, che rimane onda sonora anche quando traghetta nella forma scritta» (p. 87). Questo scritto introduce la lettura di Bar Stella pubblicato in Testi. La novità di Caspanello ha debuttato al Teatro dei tre Mestieri di Messina nel febbraio 2020.

Nella ricca e aggiornata Biblioteca Ilaria Angelone e Albarosa Camaldo raccolgono le schede relative alle novità editoriali italiane legate alla cultura dello spettacolo. Le tante e utili informazioni de La società teatrale sono offerte da Roberto Rizzente.


di Massimo Bertoldi


Hystrio, a. XXXIII, n. 3, 2020

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