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Making Marvels. Science and Splendor at the Courts of Europe

A cura di Wolfram Koeppe

New Haven and London, Yale University Press, 2019, 308 pp., $ 65,00
ISBN 978-1-58839-677-8

Curato da Wolfram Koeppe, Making Marvels. Science and Splendor at the Courts of Europe è il catalogo dell’omonima mostra allestita presso il MET (Metropolitan Museum of Art) di New York alla fine del 2019 e dedicata al collezionismo di oggetti e “ingegni” straordinari delle corti europee rinascimentali e barocche. Strumento e specchio del potere, le “meraviglie” artistiche e tecnologiche giocano un ruolo centrale per la comprensione della società cortigiana di Antico regime, ma anche per far luce sul progresso scientifico e sul valore dell’artigianato in quei secoli. Il volume, suddiviso in quattro sezioni, si avvale di un approccio interdisciplinare, con uno sguardo focalizzato sul contesto di area imperiale.

Nella prima sezione (Setting the Standard: Forging a Culture of Magnificence), Koeppe introduce il concetto di marvel in quanto «wonder; any thing astonishing» (p. 15). L’obiettivo delle corti europee era quello di sbalordire ospiti, sudditi e rivali, in tempo di festa e non solo, con l’accumulo e la produzione di oggetti e ingegni preziosi ad abbellire i già sontuosi palazzi. Il fenomeno è analizzato nella lunga durata: «a transformative era in Europe between the outdated medieval order and the tumult wrought by the French Revolution and the end of the ancien régime» (p. 15).

Nella seconda sezione (The Kunstkammer: a Haven of Splendor & Study), Dirk Syndram passa in rassegna collezionisti e possessori di “gabinetti di curiosità” nell’area imperiale: dall’arciduchessa Margherita d’Austria a Ferdinando I (fratello minore dell’imperatore Carlo V) fino ad Alberto V duca di Baviera. Lo studioso descrive il gabinetto delle curiosità come luogo di autorappresentazione e di conoscenza. Se Paulus Rainer spiega che tra le pagine dei libri ivi conservati si possono trarre informazioni su mondi esotici di recente scoperta, Pamela H. Smith si concentra sui trattati filosofici e sul ruolo della filosofia stessa nelle dinamiche di corte. Conclude la sezione Florian Thaddaus Bayer con un approfondimento sul gabinetto della famiglia Esterhazy e in particolare su quello di Nikolaus Esterhazy, conte palatino del regno di Ungheria.

La terza parte (Princely Education and Entertainment) è dedicata all’educazione e all’intrattenimento principesco. Peter Plassmeyer si occupa degli strumenti scientifici la cui presenza negli studioli dei principi è documentata, oltre che dagli oggetti superstiti, da molti dipinti. Odometri, meridiane, orologi astronomici, sfere armillari, globi, piccoli automi e trattati sulla matematica, sulla meccanica e sulla scienza sono simbolo di conoscenza e quindi di autorità. Alcuni di questi oggetti rivelano la loro preziosità non solo per il meccanismo, la forma o l’utilità ma anche dal punto di vista del materiale: l’avorio, afferma Noam Andrews, fa di tali strumenti degli ibridi in grado di superare i confini della scienza e dell’arte. Ana Matisse Donefer-Hickie si concentra invece sul rapporto tra potere e alchimia, in particolare sul lavoro dell’alchimista e vetraio Johann Kunckel presso la corte di Frederick William elettore di Brandeburgo.

Nell’ultima sezione (Technological Marvels in Motion) ancora Koeppe descrive gli ingegni meccanici – orologi e automi – come sintesi tra scienza, arte e spettacolo. La disamina dello studioso sul concetto di “tempo” nella storia, sbrigativa e talvolta anacronistica, fa riferimento agli antichi senza un puntuale riferimento alle fonti e, non avendo la pretesa di una precisa ricostruzione filologica, fornisce spunti estemporanei a carattere multidisciplinare (come la citazione del trattato sull’Anatomia pratica di Paul Barbette, 1659).

In breve: il volume, corredato da un ricco apparato iconografico, offre un’articolata riflessione a più voci sui temi del potere cortigiano, della rivoluzione scientifica e dell’ostentazione del possesso, fornendo nel complesso un’originale chiave di lettura per lo studio di un contesto più vasto che supera le pareti palaziali e che comprende l’architettura, l’urbanistica e lo spettacolo.


di Benedetta Colasanti


La copertina

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