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Studi goldoniani, XVI, 8 n.s., 2019
Quaderni annuali di storia del teatro e della letteratura veneziana nel Settecento

204 pp., euro 80,00
ISSN 2280-4838

L'ottavo numero della nuova serie di «Studi goldoniani» è composto da sette saggi di sommo interesse.

Valentina Gallo apre con l’approfondimento di un argomento cardinale per la storiografia goldoniana: il racconto autobiografico (e spesso autocelebrativo). È la «“seconda puntata”» (p. 11) del contributo apparso nello scorso numero della rivista, dove si individua nelle lettere dedicatorie delle edizioni Pasquali e Pitteri delle sue opere il Goldoni più (artificiosamente) passionale, quello che incoraggiato dalla familiarità con i destinatari si apre ai racconti più intimi e prelude ai toni complici dei Mémoires.

Già curatrice della pubblicazione per l’edizione nazionale delle opere di Carlo Goldoni edite da Marsilio (1996), Anna Scannapieco torna sul Padre di famiglia assumendolo a esempio del lavoro di «Scrittor di Commedie» (p. 35). Come si è ormai chiarito, il ruolo dei comici nel processo di scrittura goldoniano fu cruciale non solo per i limiti che imponeva (composizione e gerarchie della compagnia prima di tutto), ma anche per i vantaggi che offriva, principalmente nella verifica del palcoscenico e nel confronto col pubblico. Il processo collaudato dallo scrittoio alla scena al torchio prevede l’implicito cortocircuito che riconduce alla scrittura del medesimo «libro infinito» (ibid.).

Dall’analisi al microscopio di una battuta degli Innamorati, accompagnata da una puntigliosa ricerca d’archivio, Roberta Turchi individua sotto le spoglie del personaggio di Fabrizio l’immagine di uno dei molti ciarlatani incontrati – e ammirati – da Goldoni nella sua vita, primo fra tutti suo padre Giulio.

Il tema degli scambi di favori tra scrittura e scena torna nel saggio di Silvia Manciati dedicato alla vicenda della duplice edizione, italiana e parigina, della trilogia delle Avventure di Zelinda e Lindoro, confermando il ruolo centrale degli attori e del pubblico nelle vicende editoriali delle opere goldoniane, ancor più di quelle “internazionali”.

Di estremo interesse è il saggio di Tatiana Korneeva intorno a una delle figure più celebri del Settecento teatrale, il Truffaldino Antonio Sacco, figlio di Gaetano. Grazie anche al reperimento di documenti archivistici inediti, la studiosa ripercorre le tappe della carriera del comico tra l’Italia e la Russia, chiarendo al contempo gli equivoci tramandati da Goldoni a oggi – passando per gli studi di Giuseppe Ortolani – e provocati dalla presenza sulle medesime scene e nel medesimo periodo del ballerino omonimo, figlio di Giuseppe.

Un corpus documentale importante, per qualità e dimensioni, è contenuto nel contributo di Giovanni Polin dedicato agli appunti di argomento teatrale-musicale di Francesco Algarotti. Prima parte di un lavoro che si completerà nel prossimo numero della rivista, il saggio getta luce tanto sulle fonti del Saggio sopra l’opera in musica (Venezia 1755 e Livorno 1763) quanto sull’opinione dell’intellettuale veneziano sul teatro contemporaneo.

Chiude la sezione dei saggi lo studio di Lucio Tufano sulla tradizione della canzone “Benedetto, maledetto” del Flaminio (1735) di Gennaro Antonio Federico-Giovanni Battista Pergolesi. Tufano ne ripercorre la fortuna dalla Tancia (1611) di Michelangelo Buonarroti il Giovane al Pulcinella (1920) di Igor Stravinsky.

Nella sezione Rassegne, Silvia De Min prende spunto da La Scène en miroir: méthathéâtres italiens (XVIe-XXIe siècle): études en l’honneur de Françoise Decroisette (sous la direction de Céline Frigau Manning, Paris, Classiques Garnier, 2016) per riflettere sul concetto di metateatralità e sulle reciproche interferenze tra realtà e finzione che affliggono tanto il fare teatro quanto la riflessione sul teatro.

In appendice sigillano il volume gli apparati sulla Bibliografia goldoniana (2017-2018) di Sandro Frizziero e il sempre prezioso Indice dei nomi e delle opere.



di Lorenzo Galletti


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