Valentina Gallo apre con
lapprofondimento di un argomento cardinale per la storiografia goldoniana: il
racconto autobiografico (e spesso autocelebrativo). È la «“seconda puntata”»
(p. 11) del contributo apparso nello scorso numero della rivista, dove si
individua nelle lettere dedicatorie delle edizioni Pasquali e Pitteri delle sue
opere il Goldoni più (artificiosamente) passionale, quello che incoraggiato
dalla familiarità con i destinatari si apre ai racconti più intimi e prelude ai
toni complici dei
Mémoires.
Già curatrice della pubblicazione per ledizione nazionale
delle opere di Carlo Goldoni edite da Marsilio (1996), Anna Scannapieco torna sul Padre
di famiglia assumendolo a esempio del lavoro di «Scrittor di Commedie» (p.
35). Come si è ormai chiarito, il ruolo dei comici nel processo di scrittura goldoniano
fu cruciale non solo per i limiti che imponeva (composizione e gerarchie della compagnia prima di tutto), ma anche
per i vantaggi che offriva, principalmente nella verifica del palcoscenico e
nel confronto col pubblico. Il processo collaudato dallo scrittoio alla scena
al torchio prevede limplicito cortocircuito che riconduce alla scrittura del
medesimo «libro infinito» (ibid.).
Dallanalisi al microscopio di una battuta degli Innamorati, accompagnata da una
puntigliosa ricerca darchivio, Roberta
Turchi individua sotto le spoglie del personaggio di Fabrizio limmagine di
uno dei molti ciarlatani incontrati – e ammirati – da Goldoni nella sua vita,
primo fra tutti suo padre Giulio.
Il tema degli scambi di favori tra scrittura e scena torna
nel saggio di Silvia Manciati
dedicato alla vicenda della duplice edizione, italiana e parigina, della
trilogia delle Avventure di Zelinda e Lindoro, confermando il ruolo centrale degli
attori e del pubblico nelle vicende editoriali delle opere goldoniane, ancor
più di quelle “internazionali”.
Di estremo interesse è il saggio di Tatiana Korneeva intorno a una delle figure più celebri del
Settecento teatrale, il Truffaldino Antonio Sacco, figlio di Gaetano. Grazie
anche al reperimento di documenti archivistici inediti, la studiosa ripercorre
le tappe della carriera del comico tra lItalia e la Russia, chiarendo al
contempo gli equivoci tramandati da Goldoni a oggi – passando per gli studi di
Giuseppe Ortolani – e provocati dalla presenza sulle medesime scene e nel
medesimo periodo del ballerino omonimo, figlio di Giuseppe.
Un corpus
documentale importante, per qualità e dimensioni, è contenuto nel contributo di
Giovanni Polin dedicato agli appunti
di argomento teatrale-musicale di Francesco Algarotti. Prima parte di un lavoro
che si completerà nel prossimo numero della rivista, il saggio getta luce tanto
sulle fonti del Saggio sopra lopera in
musica (Venezia 1755 e Livorno 1763) quanto sullopinione
dellintellettuale veneziano sul teatro contemporaneo.
Chiude la sezione dei saggi lo studio di Lucio Tufano sulla tradizione della canzone “Benedetto, maledetto”
del Flaminio (1735) di Gennaro
Antonio Federico-Giovanni Battista Pergolesi. Tufano ne ripercorre la fortuna
dalla Tancia (1611) di Michelangelo
Buonarroti il Giovane al Pulcinella
(1920) di Igor Stravinsky.
Nella sezione Rassegne,
Silvia De Min prende spunto da La Scène en miroir: méthathéâtres italiens
(XVIe-XXIe siècle): études en lhonneur de Françoise Decroisette (sous la
direction de Céline Frigau Manning, Paris, Classiques
Garnier, 2016) per riflettere sul concetto di metateatralità e sulle reciproche
interferenze tra realtà e finzione che affliggono tanto il fare teatro quanto
la riflessione sul teatro.
In appendice sigillano il volume gli apparati sulla Bibliografia goldoniana (2017-2018) di Sandro Frizziero e il sempre prezioso Indice dei nomi e delle opere.