La
teoria delle musiche audiotattili si presenta come un modello per interpretare
la realtà, la cognitività e le specificità culturali delle diverse musiche del
mondo, sia scritte sia di tradizione orale o fissate su supporto fonografico.
Il volume di Vincenzo Caporaletti si
colloca in coda a unideale trilogia di monografie che parte da I processi improvvisativi nella musica: un
approccio globale (Lucca, LIM, 2005) e prosegue con Swing e Groove: sui fondamenti estetici delle musiche audiotattili (Lucca,
LIM, 2014), delineando un ampio lavoro di riflessione tassonomica compiuto dal
musicologo.
Il
saggio si articola in due parti: la prima più squisitamente teoretica e storica
(Teorie) e la seconda (Ricerche) incardinata su cinque casi di
studio corrispondenti ad altrettanti capitoli.
Nel
primo capitolo Caporaletti, servendosi di strumenti estetici, antropologici e
musicologici, descrive lazione di un particolare medium cognitivo che
chiama “principio audiotattile”. Ladozione di questa «funzione psico-corporea,
nella sua identità non puramente materiale ma di medium che condiziona e
indirizza gli esiti percettivi e cognitivi» (p. 41), come discriminante
cognitiva permette di delineare una tassonomia delle musiche in base alla
specifica efficacia formativa di conoscenza. Ci troviamo così davanti a una
tripartizione fondamentale delle esperienze musicali: “musica di tradizione
orale”, “musica di tradizione scritta” e “musiche audiotattili”. Questultima
categoria – di cui fanno parte anche il jazz, il rock, la musica pop e world – risulta essere la vera
peculiarità dello studio del musicologo; essa, infatti, come spesso si
ribadisce nel volume, permette di sottrarre il contesto speculativo alla
consueta dicotomia oralità-scrittura. Quella di “musiche audiotattili” si
identifica, così, come una vera e propria categoria antropologica, riconoscendo
la centralità della consapevolezza culturale derivante dalla funzione del
medium della registrazione-riproduzione fonografica; è proprio tale
caratteristica, infatti, a essere assunta come tratto distintivo fondamentale
tra le musiche di tradizione orale e le musiche audiotattili. Viene di
conseguenza presentato un nuovo concetto determinato dagli esiti estetici
dellazione di riproduzione fonografica: quella cosiddetta Codifica
Neo-auratica che conserva un implicito riferimento dialettico al
concetto di “aura” di Walter Benjamin.
Il
secondo capitolo, di taglio più filosofico, indaga la presenza della “matrice
cognitiva audiotattile” nella storia della cultura occidentale, dalla metis pre-aristotelica alla dottrina
«antivisiva» (p. 128) di Giambattista
Vico. Si osserva, nellalternarsi delle epoche storiche, un costante
rapporto dialettico tra matrice cognitiva visiva e matrice cognitiva audiotattile,
nel loro permeare larte e la scienza della modernità. Secondo lautore, la
matrice cognitiva visiva, della quale «il Metodo
cartesiano […] è la distillazione quintessenziata» (p. 138), si contrappone,
infatti, a «modi più arcaici di organizzazione della conoscenza» che si possono
chiamare audiotattili.
La
seconda parte, di carattere più strettamente musicologico, dimostra le
applicazioni della teoria formalizzata dallautore in diversi campi. In
particolar modo, viene approfondito il rapporto tra composizione e
improvvisazione, ponendo una distinzione fondamentale tra “improvvisazione” e
“estemporizzazione”. Secondo lautore, entrambe queste azioni di creazione
testuale-musicale in tempo reale si devono distinguere in base al loro rapporto
con il modello, scritto o concettuale (una linea melodica, una progressione di
accordi, un ritmo, ecc.), che il musicista conserva come riferimento durante il
processo di creazione: limprovvisazione, rispetto allestemporizzazione,
agisce direttamente sul modello modificandolo o aggiungendogli elementi. Le
tematiche trattate vanno dalla prassi settecentesca dei partimenti alla musica
di Darius Milhaud, fino ad arrivare alla musica jazz e
davanguardia post 1950. Questa parte della trattazione si chiude con un
capitolo interamente legato alla teoria del ritmo, nellottica delladesione
estetica alla categoria delle musiche audiotattili.
Il
volume di Caporaletti è, in definitiva, unopera importante per chiunque voglia
occuparsi di improvvisazione, testualità ed etnomusicologia, con la nuova consapevolezza
del superamento della (spesso anche criticata) dicotomia oralità-scrittura
nella classificazione delluniverso musicale. In special modo, si troveranno
nella seconda parte del volume importanti suggerimenti applicativi della teoria
in relazione alle più diverse culture musicali, spaziando dalla musica
“classica” al jazz, al progressive rock,
fino alla musica sperimentale. Caporaletti – che certamente richiede al suo
lettore unalta attenzione nella lettura e una profonda consapevolezza teorica e
pratica della materia – fornisce innumerevoli spunti di ricerca e, non di rado,
mette in discussione alcune certezze proprie della musicologia costruita sulla
centralità della notazione musicale.
Introduzione alla teoria
delle musiche audiotattili è
soprattutto uno strumento che si offre allo studioso per promuovere un processo
di valorizzazione e di analisi di musiche che si trasmettono con mezzi e
pratiche alternativi rispetto alla mera mediazione notazionale, e attraverso
contesti sociali e antropologici che richiedono uno studio e una terminologia
dedicati e specifici.
di Ludovico Peroni
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