Sono
stati finalmente pubblicati, grazie alleditrice fiorentina Aión, gli atti delle
due giornate di studio organizzate a Sabbioneta il 17 e 18 novembre 2016 per
ricordare il quattrocentesimo anniversario della morte di Vincenzo Scamozzi (1548-1616). Volute dallamministrazione comunale
di Sabbioneta in collaborazione con il Politecnico di Milano, hanno visto la
partecipazione di specialisti italiani e stranieri che si sono confrontati su
molteplici temi legati al celebre architetto-scenografo, non ultimi i suoi
rapporti con Vespasiano Gonzaga Colonna, duca di Sabbioneta.
La
trattazione è organizzata in due parti. La prima, Scamozzi e il suo tempo, riunisce le riflessioni di sette storici
sul pensiero e le opere del vicentino e si apre con un omaggio di Aurora Scotti allo studioso Franco Barbieri, i cui lavori di
ricerca e approfondimenti critici hanno permesso di sradicare i diffusi
pregiudizi che volevano Scamozzi passivo prosecutore dellopera di Palladio (pp. 15-21). Una rivalutazione
che ha consentito, ad esempio, di meglio comprendere la sua influenza Oltreoceano,
come ha dimostrato Maria Cristina Loi
con le sue riflessioni sullarchitettura americana tra XVIII e XIX secolo (pp.
23-31). Ma anche di apprezzare la sua attività a Bergamo, dove fu chiamato nel
1611 per esprimersi sul progetto del Palazzo Nuovo del Comune, redatto nel 1594
da Pietro Romagnolo. Giunto nella
città lombarda, Scamozzi fu interpellato anche per il Duomo e per il palazzo del
Cavalier Bartolomeo Fino (Monica Resmini,
pp. 55-61).
Lo
sguardo degli studiosi, inevitabilmente, si è concentrato soprattutto su
Sabbioneta e sullo splendido teatro che, progettato nel 1588, fu inaugurato nel
1590. Così John Pinto ha ripercorso
la ben nota metafora di Sabbioneta come Roma, tra cultura antiquaria e città
ideale (pp. 33-43); mentre Andrew
Hopkins ha messo a confronto il teatro con la fortunata esperienza
allOlimpico di Vicenza e con quella fallimentare con i Teatrini a Venezia (pp.
45-53). Un cantiere, quello dellOlimpico, decisivo per la sua attività come
scenografo. Lo dimostra Stefano Mazzoni,
che fa il punto aggiornato sugli interventi del vicentino nellideazione e
realizzazione delle scene prospettiche, nellilluminotecnica per lo spettacolo
inaugurale (1585) e nella seicentesca realizzazione dellOdeo. A corredo del
saggio anche una convincente ricostruzione dellesterno del teatro prima e dopo
lintervento scamozziano (pp. 63-69). Non persuade, invece, la rilettura di Carlo Togliani dellarchitettura del
teatro di Sabbioneta, per il quale congettura lesistenza di un arcoscenico o addirittura
di una scenafronte, «forse in muratura, forse in legname, stucco e tele dipinte»
(pp. 71-91: 82).
La
seconda parte del volume, Sabbioneta,
Scamozzi e il progetto di architettura, si concentra sullurbanistica della
città (Angelo Lorenzi, pp. 95-101) e
raccoglie i racconti di quattro architetti-progettisti che descrivono le
proprie esperienze lavorative in rapporto con lo stile (Vittorio Uccelli, pp. 103-111), il tempo (Paolo Zermani, pp. 133-142), le forme della memoria (Emilio Faroldi, pp. 113-123) e lidea
del progetto (Antonio Monestrini,
pp. 125-131), arricchendo la propria trattazione con suggestive fotografie. Per
dare nuova vita, oggi, a un modello di città e a unidea di architettura del
passato sempre moderna.
di Lorena Vallieri
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