A completamento delledizione
critica integrale dei Registres di Jacques Copeau, il volume VIII conclude una vicenda editoriale di rilievo
e stabilisce un momento centrale di storia della cultura teatrale europea.
Eminente appare il merito dei curatori italiani dellimpresa che, partita
tempestivamente negli anni Settanta grazie a Marie-Hélène Dasté, sera un po
arenata (col volume V) a fine secolo, per poi riprendere nel 2000 con la
raccolta relativa a LÉcole du
Vieux-Colombier, a cura di Claude Sicard (sempre
per Gallimard). Restano validi i criteri metodologici adottati nel vol. VII (si
veda la nostra recensione) per i quali la materia,
suddivisa in sei sezioni ed esposta in ordine cronologico, comprende gli Scritti di Copeau e le relative Introduzioni critiche.
Le competenze sono così
distribuite: Aliverti si dedica alle
sezioni III e VI e alle messe in scena (ventitré
spettacoli, dal 1927 al 1943); Consolini
alle sezioni I, II, IV, V. Il lavoro è reso complesso dalla necessità di
collazionare i testi delle fonti (copiose e sparse), spesso in numerose
varianti e appartenenti a diverse collocazioni darchivio. La biografia
dellautore risulta intimamente correlata sia con la sua elaborazione teorica,
sia con la più autentica produzione artistica. I contatti e le relazioni del
protagonista costituiscono una fitta, significativa rete di riferimenti ed
eventi, in grado di restituire la sua figura completa e misurare la dimensione
mondiale in cui la sua vicenda culturale sinserisce.
Vengono esaminati nellinsieme il
genere e la collocazione dei vari testi, articoli, conferenze, lettere e
progetti del corpus, con indicazioni
sul metodo e lo scopo del lavoro: «Nous avons essayé de rendre compte de la
partie plus controversée de la carrière de Jacques Copeau, celle qui concerne
sa direction interimaire de la Comédie-Française dans les premiers mois de
lOccupation […]. Il nous a semblé
important de bien exposer la séquence des événements, non pas pour trouver des
justifications aux demarches de Copeau, mais pour offrir au lecteur la
possibilité de les situer et de les juger dans leur contexte réel» (p. 13). Ne
risulta un personaggio nuovo, soprattutto per i
lettori italiani, sebbene sia lartefice di spettacoli memorabili a Firenze.
Il volume
VII finiva nel 1929 col denunciare lemarginazione progressiva di Copeau
dal contesto produttivo parigino. Lo stesso anno, con cui inizia lultimo
volume, mostra il maestro impegnato a riconquistare un ruolo attivo nel teatro,
fornendo idee e progetti a partire dallinteresse per la Comédie-Française e
dalla “campagna” intrapresa per partecipare alla sua gestione. «Dorénavant Copeau se sait définitivement seul et
léchec de sa candidature a été en quelque sorte la première expérience de ce
nouvel état» (p. 52), rileva Consolini. Nei testi corrispondenti ai
fatti, lautore (che insiste nel proposito di dirigere una Scuola darte
drammatica) motiva in vari passaggi lamarezza per gli insuccessi con giudizi
severi sulla crisi dellIstituzione. «La Comédie-Française souffre dune crise
[…]. Crise financière, disent les
uns. Crise artistique, disent les autres» (p. 61). A causa del suo Statuto, del
suo «caractère exceptionnel […]. Est impossible de separer ce qui est de
ladministration de ce qui est de la création […]. La maison ne vit plus quà
force de complaisance» (p. 63). La citazione proviene da un esteso,
sostanzioso saggio storico, condizionato da un afflato etico, reattivo alleco
delle critiche che gli rivolgono i detrattori e che trovano motivazioni
pretestuose anche nella sua fede cattolica. Nel suo disegno di riforma, entra
in dettagli che toccano il repertorio e lorganigramma dellistituzione.
I progetti sulla soglia del 1930
comprendono ancora una scuola e sono sostenuti dal desiderio rinato di
collaborare con Charles Dullin e con
Louis Jouvet: fatto sorprendente,
dopo il distacco tanto profondo e doloroso del 1922 col suo primo régisseur; nello sforzo ormai
velleitario di superare le incompatibilità consolidate nel tempo. Riaffiora
spesso la forza sotterranea e irrinunciabile dellideale che nel Patron lega
arte e organizzazione, formazione dellattore e creazione scenica, dalle quali
ottenere responsabile gratificazione. Nel 1931, una proposta di alleanza è rivolta a Dullin e a Michel Saint-Denis: «Je ne songe pas du
tout à une fusion entre ces divers éléments, mais à une conjugation, avec
jouissance de deux scènes: celle de lAtelier pendant toute lannée, celle du
Vieux-Colombier pendant quatre mois» (p. 101). Su tale proposta influisce
probabilmente lesperienza del Cartel des Quatre; mentre si fa apprezzare
proprio la Compagnie des Quinze, guidata da Saint-Denis.
Sembra logico per lartista,
ripetutamente frustrato e improduttivo, volgersi altrove, per esempio al
Belgio. Il tentativo, sul quale vengono fornite interessanti considerazioni e
informazioni inedite, rientra in un periodo in cui si alternano slanci e
scetticismo, bilanci negativi e sogni rinascenti. Forse mal fondate, frutto del
suo entêtement, quelle speranze
ipotizzano un proprio teatro: «Théâtre dart par la qualité de ses spectacles […].
Théâtre populaire par le nombre de
ses places à bon marché» (p. 119). In tale temperie, meglio sevidenzia
la condizione dempasse del teatro
francese, nel quale ancora non interviene la sovvenzione pubblica. La
situazione abbondantemente documentata è preziosa nellintegrare le scarse
conoscenze su tanti aspetti trascurati. Scritti significativi, Projet dunion des théâtres davant-garde
(1931) e le riflessioni sul cinema sonoro agli esordi, definito théâtre mécanique (1930). Altre analisi
e sintesi mirabili si applicano alla partecipazione del regista al Maggio
Musicale Fiorentino in Lépreuve de
Florence 1933-1938, grazie alle quali Aliverti illustra come la più
significativa Europa del tempo vada a specchiarsi negli spazi di Firenze
divenuti scena allaperto. Scorrono titoli famosi, spiegati nelle modalità di
lavoro e nei risultati di scelte storicamente uniche, in ricostruzioni
suffragate da una bibliografia pertinente e probante.
Il capolavoro di regia è
individuato nella Rappresentazione di
Santa Uliva (1933): «On assiste dans lespace fermé de Santa Croce à un
balancement parfait entre la disposition scénique, lenvironnement
architecturale et le plein air» (p. 181). Si fanno notare allora alcuni giovani
protagonisti sconosciuti, in seguito famosi, come Silvio DAmico, Giorgio
Strehler e Orazio Costa (del
quale viene prodotto e utilizzato un documento originale inedito, riguardante Asmodée di François Mauriac). Linteresse del saggio sulla sacra
rappresentazione proviene dalle riflessioni sulle origini liturgiche del teatro
medievale francese, nelle quali il regista accoglie certi travisamenti correnti
allepoca. Linteresse è manifesto anche per la distinzione fra «théâtre de
masse» e «théâtre pour les masses»
(p. 264).
Lallestimento di Come vi garba (1938) dà occasione a
Copeau di impegnarsi con Shakespeare
e alla curatrice di dissertare specialmente sulla rappresentazione della sua
opera in Francia. Aliverti storicizza quegli eventi e soppesa linflusso del
fascismo sullo spettacolo dellepoca. Lattrattiva del massimo Teatro nazionale
è sentita ancora dal maestro nella congiuntura singolare dellascesa politica
del Fronte Popolare nel 1936-1937, fonte per lui di ricerca e dinsoddisfazione.
Qualche conforto gli viene dallapprezzamento dei Copiaus «comme le modèle
daction à reproduire dans son dessein de développement des loisir culturels»
(p. 284) da parte dei funzionari Zay
e Lagrange; oppure dallidea
(ulteriormente delusa) di costituire un Centro Studi con il contributo dello
Stato, ritenuto comunque necessario. Linterlocutore istituzionale più diretto
di Copeau è Édouard Bourdet, allora administrateur générale della Comédie,
che accoglie cauto (se non seccato) le proposte, ma che poi lo accoglie per
collaborare con altri tre registi-consiglieri tecnici. «Peut-être sans sen rendre compte – nota
Consolini – Copeau sérige donc en autorité compétente, en Patron, comme tous
ses partisans lappelaient lors de la campagne
de 1929» (p. 293). Il periodo è comunque precisamente ricostruito, in
particolare negli spettacoli per la Comédie che Copeau diresse nel 1938, Bajazet di Racine e Asmodée di Mauriac che, come prove magistrali,
testimoniano un tentativo concreto di riforma in una Comédie-Française
indubitabilmente sclerotizzata.
«Les Registres VIII, dans leur
conclusion, ramènent le lecteur en Bourgogne, à Beaune, là où Copeau réalise en
1943, à la veille de la Libération, sa dernière tentative, réussie,
dexpérimenter le modèle dune représentation chorale et rituelle» (p. 13). In
quellepilogo lartista ritrova in Le
Miracle du pain doré (tratto dai Miracles
de Notre-Dame) una straordinaria continuità con la riuscita di Santa Uliva. Tanto sentiva la
partecipazione diretta (anche come attore), per cui «ces répetitions furent un
enchantement» (p. 399), tanto vive gli avvenimenti di quei giorni con fervore,
di fede religiosa, ma ancor più di commozione per lavventura avvertita quale
grazia (p. 401). Pertanto riconosce e rivendica: «Jai fait ce qui jai pu» (p.
408) quale bilancio duna vita. Nellultimo testo, Renouvellement, pubblicato sulla rivista «Masques» (1945), riappare
il tono profetico e ispirato tipico dellautore – esaltato dal ricordo di «The
Mask», il periodico fondato e pubblicato da Gordon Craig – e incline allencomio delle utopie espresse
dallamico inglese e da Adolphe Appia.
I due tomi di Registres,
impegnativi, chiari e affascinanti, rispondono, suscitandone altre e nuove, a
molte domande ineludibili sulla storia del periodo esaminato.
di Gianni Poli
|
 |