Sulla scia
degli studi di Louis-Sébastien Marcier e di Jean-Paul Sermain il volume curato da Beya
Dhraïef, Éric Négrel e Jennifer Ruimi raccoglie in unottica interdisciplinare alcuni
rilevanti contributi sulla figura del ciarlatano in Europa tra Medioevo e XIX secolo.
La
miscellanea è divisa in quattro parti. La prima sezione è dedicata alle diverse forme di ciarlataneria.
Nel capitolo iniziale Jenne
Koopmans individua le origini del ciarlatano nella figura del triacleur,
ossia il venditore di indulgenze; Pierre Baron illustra
sulla base di documenti letterari e iconografici le varie tecniche di vendita di questi “professionisti”; François
Rémond indaga il legame tra mercato e spettacolo analizzando, in particolare, linfluenza
dei comici italiani in Francia. Nel secondo capitolo Jean-François Lattarico
e Cécile Berger si concentrano sul teatro italiano del XVII secolo e
rispettivamente su Giovanni
Domenico Ottonelli (sostenitore della superiorità della letteratura
teatrale a sfavore dellimprovvisazione ciarlatanesca) e su Tristano Martinelli (il “charlatan des
Princes”). Se nel Seicento il ciarlatano è marchiato dinfamia salvo essere
legittimato in virtù della scrittura o attraverso la protezione di un signore, Agnès
Curel ci mostra che nel XIX secolo la ciarlataneria è amata da un pubblico
alla ricerca di divertimento.
La seconda
parte si articola in tre capitoli. M.A. Katritzky si occupa delliconografia
dei ciarlatani durante la prima età moderna indagando una
ricorrente drammatizzazione tratta dalle Sacre Scritture: la visita delle donne
al Santo Sepolcro. Il teatro
di Molière è invece il fulcro della riflessione di Patrick Dandrey sul
repertorio ciarlatanesco. Tale
repertorio, nota Christelle Bahier-Porte, propone una serie di
situazioni standardizzate proprie delle “esibizioni” fieristiche. Seguono quattro
saggi dedicati alla parodia: il musicologo Bertrand Porot confronta due
opere satiriche del 1710, LAmour charlatan di Dancourt e Gillier e LAmor
saltimbanque di Danchet e Campra, mentre Flora
Mele esamina LEmpirique di Favart (1743). Jennifer Ruimi e Martine
de Rougemont mettono in luce lambiguità del ciarlatano soffermandosi sulla
commedia Le Charlatan ou le Docteur Sacroton di Mercier (1780).
Nella terza
parte si mette in evidenza il legame tra spettacolo e medicina, due arti empiriche spesso oggetto di condanna da parte delle istituzioni nei tempi lunghi della storia: ancora
nel Dictionnaire de lacadémie française
(1694, 1761) il “ciarlatano” è definito venditore ambulante e medico capace di
curare ogni tipo di malattia. Sophie Vasset osserva come anche il noto professionista John
Woodward (1665/68-1728) sia stato
paragonato a un ciarlatano in seguito alle critiche al suo Essay toward a
Natural History of Earth (1695) da parte di due colleghi appartenenti alla
“Royal Society”. Daniel Droixhe ed Étienne Leterrier analizzano il rapporto tra medico e
ciarlatano dal punto di vista drammaturgico attraverso il personaggio di
Mesmer ne Les Docteurs modernes (1784) e le rappresentazioni del
proteiforme, famigerato Cagliostro.
Anche Constance Jori fa
luce sulla relazione tra medicina e teatro studiando le strategie drammaturgiche
di Goldoni e del medico e capocomico Buonafede Vitali (1686-1745); Sophie
Rothé si sofferma invece su un “ciarlatano moderno” e sulla costruzione del
proprio “carattere”: Giacomo Casanova.
Le opere prese in esame nellultima parte del volume
propongono altre forme di frode messe in atto dal ciarlatano, dunque hanno
valore di critica sociale: Goulven
Oiry rintraccia questi tipi fraudolenti nella commedia francese tra 1550 e 1650; Blandine
Daguerre e Isabel Ibáñez approfondiscono il caso del teatro spagnolo
e in particolare de El Pasajero (1617) di Suárez de Figueroa e de El
Amor médico (1622 circa) di Tirso de Molina. Nel secondo capitolo ci si
sposta dalla satira politica alla sfera privata: Éric Négrel riflette sulla figura del soldato fanfarone nel teatro italiano; Sabine
Chaouche spiega come la logica della mercificazione sia in grado di
influenzare le relazioni sociali; Claire Trévien analizza varie stampe
rivoluzionarie per tracciare unevoluzione della figura del ciarlatano tra fine Settecento e inizio Ottocento.
Chiude il volume Karine Bénac-Giroux passando in rassegna il corpus delle opere di Boissy.
di Benedetta Colasanti
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