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Théâtre et charlatans dans l’Europe moderne

A cura di Beya Dhraïef, Éric Négrel, Jennifer Ruimi

Parigi, Presses Sorbonne Nouvelle, 2018, 382 pp., euro 29,50
ISBN 978-2-87854-996-6

Sulla scia degli studi di Louis-Sébastien Marcier e di Jean-Paul Sermain il volume curato da Beya Dhraïef, Éric Négrel e Jennifer Ruimi raccoglie in un’ottica interdisciplinare alcuni rilevanti contributi sulla figura del ciarlatano in Europa tra Medioevo e XIX secolo.

La miscellanea è divisa in quattro parti. La prima sezione è dedicata alle diverse forme di ciarlataneria. Nel capitolo iniziale Jenne Koopmans individua le origini del ciarlatano nella figura del triacleur, ossia il venditore di indulgenze; Pierre Baron illustra sulla base di documenti letterari e iconografici le varie tecniche di vendita di questi “professionisti”; François Rémond indaga il legame tra mercato e spettacolo analizzando, in particolare, l’influenza dei comici italiani in Francia. Nel secondo capitolo Jean-François Lattarico e Cécile Berger si concentrano sul teatro italiano del XVII secolo e rispettivamente su Giovanni Domenico Ottonelli (sostenitore della superiorità della letteratura teatrale a sfavore dell’improvvisazione ciarlatanesca) e su Tristano Martinelli (il “charlatan des Princes”). Se nel Seicento il ciarlatano è marchiato d’infamia salvo essere legittimato in virtù della scrittura o attraverso la protezione di un signore, Agnès Curel ci mostra che nel XIX secolo la ciarlataneria è amata da un pubblico alla ricerca di divertimento.

La seconda parte si articola in tre capitoli. M.A. Katritzky si occupa dell’iconografia dei ciarlatani durante la prima età moderna indagando una ricorrente drammatizzazione tratta dalle Sacre Scritture: la visita delle donne al Santo Sepolcro. Il teatro di Molière è invece il fulcro della riflessione di Patrick Dandrey sul repertorio ciarlatanesco. Tale repertorio, nota Christelle Bahier-Porte, propone una serie di situazioni standardizzate proprie delle “esibizioni” fieristiche. Seguono quattro saggi dedicati alla parodia: il musicologo Bertrand Porot confronta due opere satiriche del 1710, L’Amour charlatan di Dancourt e Gillier e L’Amor saltimbanque di Danchet e Campra, mentre Flora Mele esamina L’Empirique di Favart (1743). Jennifer Ruimi e Martine de Rougemont mettono in luce l’ambiguità del ciarlatano soffermandosi sulla commedia Le Charlatan ou le Docteur Sacroton di Mercier (1780).

Nella terza parte si mette in evidenza il legame tra spettacolo e medicina, due arti empiriche spesso oggetto di condanna da parte delle istituzioni nei tempi lunghi della storia: ancora nel Dictionnaire de l’académie française (1694, 1761) il “ciarlatano” è definito venditore ambulante e medico capace di curare ogni tipo di malattia. Sophie Vasset osserva come anche il noto professionista John Woodward (1665/68-1728) sia stato paragonato a un ciarlatano in seguito alle critiche al suo Essay toward a Natural History of Earth (1695) da parte di due colleghi appartenenti alla “Royal Society”. Daniel Droixhe ed Étienne Leterrier analizzano il rapporto tra medico e ciarlatano dal punto di vista drammaturgico attraverso il personaggio di Mesmer ne Les Docteurs modernes (1784) e le rappresentazioni del proteiforme, famigerato Cagliostro. Anche Constance Jori fa luce sulla relazione tra medicina e teatro studiando le strategie drammaturgiche di Goldoni e del medico e capocomico Buonafede Vitali (1686-1745); Sophie Rothé si sofferma invece su un “ciarlatano moderno” e sulla costruzione del proprio “carattere”: Giacomo Casanova.

Le opere prese in esame nell’ultima parte del volume propongono altre forme di frode messe in atto dal ciarlatano, dunque hanno valore di critica sociale: Goulven Oiry rintraccia questi tipi fraudolenti nella commedia francese tra 1550 e 1650; Blandine Daguerre e Isabel Ibáñez approfondiscono il caso del teatro spagnolo e in particolare de El Pasajero (1617) di Suárez de Figueroa e de El Amor médico (1622 circa) di Tirso de Molina. Nel secondo capitolo ci si sposta dalla satira politica alla sfera privata: Éric Négrel riflette sulla figura del soldato fanfarone nel teatro italiano; Sabine Chaouche spiega come la logica della mercificazione sia in grado di influenzare le relazioni sociali; Claire Trévien analizza varie stampe rivoluzionarie per tracciare un’evoluzione della figura del ciarlatano tra fine Settecento e inizio Ottocento. Chiude il volume Karine Bénac-Giroux passando in rassegna il corpus delle opere di Boissy.


di Benedetta Colasanti


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