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Bianco e nero, a. LXXIX, n. 591, maggio-agosto 2018
Piero Tosi. Il talento del grande artigiano

160 pp., euro 16,00

«Quando un grande regista vuole esser certo dell’alacre applicazione e del gusto squisito del più importante dei suoi collaboratori, sa già che bisogna chiamare uno dei “grandi modesti” che non hanno vita pubblica né privata perché “vivono” l’immaginazione e “abitano” il perfezionismo, rifiutando ogni “mito” o “leggenda” di se stessi» (p. 11). È a Piero Tosi che i celebri registi si rivolgono in questi casi. A “Pierino”, com’è confidenzialmente chiamato.

Il numero 591 della rivista «Bianco e nero» è tutto dedicato al celebre costumista. Se Tosi muove i primi passi della propria carriera nel mondo del teatro, sarà però il cinema a giovarsi maggiormente del suo genio artistico, al fianco di registi quali Luchino Visconti, Mario Soldati, Dino Risi, Luigi Comencini, Mario Monicelli, Vittorio De Sica, Federico Fellini, Lina Wertmüller, Pier Paolo Pasolini, Franco Zeffirelli.

Il volume è suddiviso in due sezioni. La prima è dedicata al contributo di Tosi costumista; nella seconda lo si racconta invece in qualità di insegnante presso la Scuola nazionale di cinema del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ruolo ricoperto dal 1988 al 2016. Uno «fra i docenti più longevi» (p. 7) di quell’istituto, come ricordato da Felice Laudadio nel suo editoriale.

In apertura Alberto Abrasino (Piero Tosi. La mano come ponte fra la mente e la materia) ricostruisce il contesto della Firenze «ostinatamente “minore” e “segreta”» in cui si formò la sua «personalità vera» (p. 11).

Mentre Quirino Conti (L’amico più prezioso “pour faire beau le paysage”) ricorda il suo primo incontro con Tosi avvenuto in occasione di una delle cene romane in compagnia di Natalia Aspesi e Carla Fendi, la costumista italiana premio Oscar Gabriella Pescucci («Piero, dobbiamo girare!») ricorda il piacere, condiviso con il collega, della cura dei dettagli. Segue la testimonianza-omaggio di Maurizio Millenotti (Tutti discepoli, nessun erede), che trova nello sviluppo di un “doppio pedinamento” sia il tentativo di carpire da vicino l’insegnamento del maestro, sia la scoperta personale di una possibile «vocazione ancora inespressa» (p. 50).

Flavio De Bernardinis riconduce l’arte del vestire l’attore (così come la scena) alla capacità di scavo da parte del costumista «nel modo di essere, negli usi, nel vissuto, nel carattere» (p. 52; habĭtus deriva habere, “comportarsi”, da cui l’“arte dell’abitudine”). Attraverso lo sguardo di alcuni dei maggiori registi con cui Tosi ha collaborato, si offrono nuovi punti di vista dai quali osservarne l’operato. Della sua collaborazione con Fellini si occupa Alberto Crespi, mentre Paola Jacobbi (Il cinema addosso. Moda e grandi film da Adrian ad Armani) esamina gli intrecci tra le trame del cinema e gli orditi della moda.

Seguono le Conversazioni. Se nelle prime due (a cura rispettivamente di Caterina Cerra e Alessandra Costa e di Mario Militello) è lo stesso Piero Tosi a raccontarsi, nel dittico che segue il ricordo del maestro all’opera è affidato alla memoria dei registi Gianni Amelio (testimonianza raccolta da Alberto Crespi) e Liliana Cavani («I miei amici comunisti li vorrei far venire qui!», a cura di Domenico Monetti e Luca Pallanch).

Completano questa prima sezione le testimonianze di Claudia Cardinale, Ottavia Piccolo, Rita Pavone, Milena Vukotic, Massimo Ranieri e Giancarlo Giannini, che restituiscono l’alacre lavoro di un perfezionista quale Tosi era.

Nella seconda sezione (decisamente più asciutta della prima), Caterina d’Amico (1988 la “chiamata” del Centro) ripercorre la scoperta da parte di Tosi di una nuova “vocazione”: quella dell’insegnamento. Tale approfondimento è arricchito dal ricordo di coloro che proprio nelle aule della citata scuola romana di cinema ebbero l’occasione di conoscerlo: Paolo Virzì (Un amico col quale è uno spasso perder tempo), Francesco Munzi (La stanza dei segreti), Barbara Bouchet (Il mio Piero… della Francesca), Carolina Crescentini (L’irraggiungibile punto di vita), Paola Minaccioni (Trova il tuo sorriso). Le parole delle attrici e dei registi mettono a fuoco l’immagine di un grande maestro attraverso profili talvolta più teneri, talaltra più duri.

Chiudono il volume il resoconto di Stefano Iachetti sul Fondo Piero Tosi al Centro sperimentale e la descrizione di Laura Ceccarelli e Laura Pompei della biblioteca personale del grande artigiano che raccoglie «materiali rari e di pregio, sia per datazione […] sia per ricchezza degli apparati iconografici» (p. 149). La collezione privata di Tosi testimonia, ancora una volta, un metodo di lavoro di impronta filologica, in cui la costruzione di ogni particolare è il risultato di un attento studio condotto sulle fonti iconografiche. Un ricco scrigno di disegni e illustrazioni che segna non tanto un traguardo, quanto piuttosto un punto di partenza.


di Elisa Bianchi


La copertina

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