Il
volume raccoglie i ventidue interventi del convegno
internazionale La commedia italiana.
Tradizione e storia, organizzato
da Maria Cristina Figorilli e Daniele Vianello (Università della Calabria)
nel maggio 2016. Lambizioso obiettivo è quello di colmare, almeno parzialmente,
lassenza «di un contributo che affronti in modo organico il tema della
commedia italiana dalle origini ai giorni nostri» (p. XIII). A questo scopo il
libro propone un insieme variegato di voci evitando il pericolo di semplicismi o di predeterminazioni sempre in
agguato in ricognizioni di così ampia portata.
In apertura
Giulio Ferroni colloca la nascita della commedia italiana nellorizzonte
culturale europeo del rinascimento dei moderni (cfr. G.
Mazzacurati,
Bologna, il Mulino, 1985) individuando alcuni
tratti essenziali nel legame con la città e nello stile “basso”. Michael Rössner definisce la commedia un genere della “translazione”, intendendo la “traduzione” una negoziazione
di senso tra la cultura di provenienza del messaggio e quella della sua
ricezione. La teoria del transitional
turn si applica ai molteplici casi in cui buona
parte delleffetto comico si gioca sullo scarto semantico con loriginale.
Piermario
Vescovo si sofferma sulla ricezione del concetto di comedia in età medioevale. Sin dalla tarda
antichità in assenza della prassi sopravvive un
ricordo vago e distorto della commedia classica.
Grammatici e commentatori travisano il genere
nei suoi aspetti basilari: tra i casi più eclatanti si segnalano linvenzione
di un Calliopio recitator delle
commedie di Terenzio e la trasformazione dei cinque atti canonici in cinque
“personaggi agenti” già negli scritti di Isidoro di Siviglia (VII sec. d.C.).
Gianni
Guastella si occupa dei volgarizzamenti
plautini e terenziani di fine XV-inizio XVI secolo, circoscrivendo
il corpus testuale a noi
pervenuto (nove commedie plautine e tre
terenziane, destinate quasi tutte alla sola lettura)
e discutendo il legame tra
i singoli volgarizzamenti e la scena ferrarese di età erculea, troppo spesso inopportunamente
enfatizzato dagli studi sullargomento. Marzia
Pieri traccia i lineamenti della commedia volgare di età rinascimentale nelle
sue molteplici versioni tra carta e scena.
Lattenzione si focalizza sulle pratiche di ibridazione tra il materiale antico
appena riscoperto e le preesistenti pratiche spettacolari festive, con
riferimenti specifici a due modelli complementari: la Calandra urbinate del 1513 diretta
dal Castiglione e la Mandragola machiavelliana
andata in scena nel carnevale fiorentino 1519.
Stefania Mallamaci esamina la rappresentazione
mantovana del Formicone di Publio
Filippo Mantovano (1503), proto-commedia
rinascimentale riconducibile alla cerchia
culturale di Isabella dEste. Carlo Fanelli ricostruisce sinteticamente le
due più importanti messe in scena della Calandria del Bibbiena nel XVI
secolo: la urbinate (1513) e la lionese (1548). Se nel primo allestimento cè
equilibrio nel rapporto tra la commedia e gli intermezzi, a Lione tale combinazione è sbilanciata verso questi ultimi, ormai
giunti a piena maturazione formale.
Pasquale
Stoppelli affronta lannoso problema del rapporto tra la scena e il testo, rivendicando
un approccio tradizionalmente filologico nella edizione critica dei testi teatrali.
Francesco Bausi si occupa di alcuni aspetti “politici” della Mandragola di
Machiavelli. Combinando informazioni di diversa provenienza (testuale, epistolare e contestuale), si ipotizza che la
stesura del testo sia da datare intorno al 1514: il che
consentirebbe di associare lantifiorentinismo che sembra serpeggiare
tra le pagine del capolavoro comico allisolamento cui lex-segretario, ormai
privo di ogni incarico, era stato costretto.
Raimondo
Guarino pone lattenzione sulla centralità della questione della lingua, non
soltanto in relazione alle esigenze mimetiche, ma anche come fulcro attorno cui ruota leffetto comico. La stratificazione
linguistica pavana nellopera di Ruzante esemplifica bene entrambi gli aspetti, come a suo tempo messo in luce da Ludovico Zorzi (cfr.
Ruzante, Teatro, Torino, Einaudi,
1967).
Passando alle tradizioni teatrali
senese e fiorentina del Cinquecento, Renzo
Bragantini sottolinea le profonde inferenze della narrativa nelle veglie
intronatiche, nonché individua nel protagonismo
femminile la peculiarità del teatro degli
Intronati. Chiara Cassiani mette in relazione le
due commedie di Giovan Battista Gelli La
Sporta (1543) e Lo errore (1556) con il contesto
fiorentino della metà del XVI secolo, discutendo la possibilità di attribuire al filosofo e drammaturgo anche un terzo
lavoro, la Polifila (1556).
Francesco
Cotticelli indaga il contesto
produttivo e la prassi compositiva dei comici di
professione in Antico regime, distinguendo tra “premeditazione” e “improvvisazione” e definendo gli scenari non come trame precostituite,
bensì materiali duso. Franco Vazzoler esplora la commedia letteraria del
Seicento alla luce della fluida dialettica professionismo-accademia caratteristica
della produzione teatrale dellintero secolo.
Andrea Fabiano analizza la ricezione dellopera
buffa italiana nel teatro francese del Settecento:
un processo lento e graduale che ha incontrato notevoli resistenze da parte della cultura doltralpe. Javier Gutiérrez Carou presenta il
progetto Archivio del Teatro Pregoldoniano, finalizzato
alla creazione di una banca dati open
access con ledizione critica delle opere teatrali che possono aver influenzato,
direttamente o indirettamente, la produzione di Carlo Goldoni.
Del drammaturgo
veneziano si occupa anche Bartolo Anglani, che affronta la annosa questione delle riflessioni teoriche dellautore
disseminate in prefazioni, lettere o dediche secondo
una strategia di comunicazione ben precisa.
Alberto
Beniscelli si concentra sullillustre
“rivale” di Goldoni, Carlo Gozzi. Una lettura de
Le gare teatrali (1751), prima prova
comica del conte mai rappresentata ed edita solo
recentemente (cfr. Commedie in commedia.
Le gare teatrali. Le convulsioni. La cena mal apparecchiata, a cura di F.
Soldini e P. Vescovo, Venezia, Marsilio, 2011), rivela limportanza che sin
dagli anni giovanili ebbe la vena polemico-parodica nella maturazione della sua personale idea di teatro. Inoltre si indaga linfluenza esercitata dalle Fiabe gozziane sulla
sperimentazione comica di Vittorio Alfieri.
Con un “salto” cronologico in avanti, Franco Perrelli analizza la
Torre di Babele di Guglielmo Giannini
(1938), interrogandosi sulla
collocazione del celebre fondatore del movimento politico LUomo Qualunque
nella storia del teatro della metà del Novecento.
Gerardo Guccini tratteggia i lineamenti del
“teatro di narrazione” performance-based
dellultimo decennio del secolo scorso, sviscerando i procedimenti di riuso del
materiale comico tradizionale. Luca
DOnghia offre una campionatura dello sperimentalismo linguistico che
contraddistingue la produzione teatrale del belpaese
negli anni Duemila, osservando il rapporto inversamente proporzionale
tra laffermazione della lingua italiana sul territorio
nazionale e il rafforzamento dei dialetti in
ambito teatrale.
Giacomo Manzoli si occupa del
«format cinematografico» della
commedia allitaliana. Debitore nei confronti della plurisecolare
tradizione teatrale comica, questo genere si afferma anche oltre i nostri confini contribuendo alla rappresentazione stereotipata dellItalia nel
mondo. In sintesi, la
combinazione di metodologie diverse e la pluralità delle voci, anche tra loro dissonanti,
arricchiscono un campo di studi ancora in larga
parte da esplorare. Lauspicio è che a questa fase “centrifuga” ne segua una “dialettica” volta a ridefinire il fenomeno nel suo
insieme.
di Marcello Bellia
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