Il
doppio numero è dedicato alla figura di
Mario
Verdone in occasione del centenario della sua nascita e dell'ottantesimo
anno di «Bianco e nero». Oltre a essere stato redattore della rivista e
animatore del Centro Sperimentale di Cinematografia, Verdone fu il primo
docente universitario di Storia del cinema in Italia. Grazie all'analisi del
suo archivio privato, il volume ricostruisce i molteplici risvolti dell'attività
teorica e pratica di questa poliedrica figura d'intellettuale, le diverse
declinazioni del suo studio sul cinema e sulle arti, il suo profilo biografico
sullo sfondo della Storia.
All'editoriale di Mariapia Comand segue un
articolo di Verdone, uscito nel dicembre 1960, in cui si ripercorrono le tappe
di «Bianco e nero», il cui punto di forza «fu di mantenersi il più possibile,
nonostante le non poche difficoltà, sul piano culturale e non su quello
ideologico» (p. 21).
Seguono
i ricordi privati dei figli: Carlo evoca
la figura paterna elogiandone la vasta cultura e la saggezza. Luca evidenzia i molteplici campi d'interesse
del padre (cinema, teatro, arti figurative, letteratura, circo, insieme all'attività
didattica e di ricerca) e delinea un ritratto del formativo coinvolgimento
della famiglia in queste sue attività culturali e nei suoi stimolanti viaggi
intorno al mondo.
L'introduzione
di Andrea Mariani e di Simone Venturini sottolinea l'importanza
dell'archivio personale di Verdone reso disponibile dalla famiglia in
collaborazione con la biblioteca “Luigi Chiarini” e da «Bianco e nero». Un archivio
composto prevalentemente da lettere, in bilico tra «microstoria e archeologia»
(p. 45). Si illustrano inoltre i macro-temi di
questo numero doppio: le arti e i media, l'ambiente della
cultura cinematografica, l'industria cinematografica e audiovisiva.
Wanda Strauven analizza le ricerche di Verdone
sul cinema futurista mettendo in luce la rivalutazione dei registi Arnaldo
Ginna e Bruno Corra. Seguono il commento e l'interpretazione in chiave
“futurista” di un testo manoscritto di Ginna, nonché delle cartoline postali
inviate da costui al professore.
Simone Dotto ricostruisce l'attività di Verdone
nella produzione radiofonica: il periodo dell'Eiar, la collaborazione con Radio
Firenze, il coinvolgimento nel palinsesto Rai anche in qualità di critico
cinematografico. Il saggio si sofferma sull'esperienza di Pangloss, programma settimanale di cultura pensato da Luigi Salimbeni, sottolineando nella verdoniana
“drammaturgia della parola” (p. 68) la capacità di sfruttare efficacemente le
specificità del medium.
Giovanni Grasso e Massimo Locatelli ripercorrono il ruolo svolto da Verdone nella
promozione di una cultura storico-umanistica del cinema. Tra le sue molteplici
attività: la citata collaborazione con «Bianco e nero» e quella con il Centro Sperimentale
di Cinematografia anche in ruoli organizzativi; l'impegno nelle conferenze specialistiche
organizzate nel 1948 e nel 1949 in contemporanea con la Mostra di Venezia; la
partecipazione al primo corso di filmologia italiano a Roma (1949); gli
svariati incarichi per il Cidalc (Comité International pour la Diffusion des
Arts et des Lettres par le Cinéma). Queste esperienze consentirono allo studioso di
ottenere nel 1965 la libera docenza in Storia e critica del cinema.
Tomaso Subini analizza il ruolo di Verdone nell'ambito
dei primi tre concorsi universitari italiani di cinema (1965-1967) senza
perdere di vista l'influenza della Chiesa cattolica sulle istituzioni
cinematografiche italiane.
Ivelise Perniola tenta, attraverso testimonianze
frammentarie, di restituire il profilo di Verdone documentarista, individuando tanto
nella sua elaborazione teorica quanto nella sua produzione una urgenza
pedagogica.
La
sezione Tracce, documenti, testimonianze raccoglie
le parole di chi ha condiviso con Mario Verdone percorsi non secondari nel
mondo della cultura cinematografica. Alfredo
Baldi ricostruisce l'esperienza dello studioso al Centro Sperimentale di
Cinematografia integrando la documentazione di archivio con le parole
dell'amico. Vengono così alla luce vividi resoconti delle vicende del Centro
durante e dopo la guerra, nonché punti di vista inediti sui percorsi paralleli di
Verdone professore e documentarista. Daniele
Luchetti torna agli anni in cui frequentava il corso di Storia del cinema
tenuto da questo intellettuale poliedrico: l'approccio “viscerale” del docente alla visione cinematografica e la sapiente
selezione di pellicole sono stati d'ispirazione per la carriera di Lucchetti
regista. Fernando Birri descrive la
sua esperienza al CSC evidenziando soprattutto lo spirito entusiasta e curioso
del professore, la disponibilità e il rigore con cui intraprendeva progetti con
i propri allievi.
Eusebio Ciccotti si concentra sul volume Cinema del lavoro (1962), raccolta di
diversi scritti su film connessi al tema del lavoro, con una sezione dedicata al
“tecnofilm”. Offre poi un quadro esaustivo della ricerca svolta da Verdone sul
film industriale soffermandosi su Cinetoscopio:
la rubrica sui documentari “tecnici”, talvolta collegati a produzioni di tipo sociale
ed educativo, della rivista «Realtà».
Laura Pompei conclude il fascicolo con una
ricognizione dei documenti e dei criteri organizzativi del citato fondo
archivistico, specchio dell'eclettismo culturale di Mario Verdone.
di Stella Scabelli