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La double séance. La musique sur la scène théâtrale et littéraire

A cura di Michela Landi

Firenze, Firenze University Press, 2017, 374 pp., open access
ISBN 978-88-6453-665-1

La pubblicazione si colloca nel quadro del progetto di ricerca La Musique et les Lettres: contaminations entre la musique, la poésie, la prose et le théâtre diretto da Michela Landi e Marco Lombardi nell’ambito del Dipartimento di Lingue, Letterature e Studi interculturali dell’Università di Firenze. Il volume raccoglie riflessioni di specialisti di diverse discipline sui processi di ibridazione tra musica, teatro e letteratura indagati per via di esempi in un arco temporale di lunga durata: dai trattati di retorica del Quattrocento francese fino alle sperimentazioni letterarie degli anni Ottanta del Novecento.

Il saggio introduttivo della curatrice chiarisce le coordinate filosofiche ed ermeneutiche entro cui si colloca il progetto. Nella prospettiva di Landi musica, teatro e letteratura sono concepite come sistemi di segni in costante “attraversamento” reciproco, distinti concettualmente dalle loro realizzazioni concrete: l’azione scenica, l’esecuzione musicale, la scrittura. La “scena” è intesa come metafora dello sguardo riflessivo predominante nelle espressioni artistiche dell’Occidente moderno, in cui il soggetto si pone dentro l’opera con un atto di natura performativa che problematizza le nozioni di “presente”, “presenza” e “rappresentazione”. Alcune tappe essenziali nello sviluppo di questa coscienza critica sono individuate nel dramma musicale wagneriano e nella pratica poetica di Baudelaire e Mallarmé che apriranno la strada alle più importanti elaborazioni teoriche dell’arte del XX secolo. 

Anne Schoysman individua rapporti di parziale continuità fra i trattati di Arts de Rhétorique della fine del Medioevo e la nuova, rivoluzionaria “prospettiva” inaugurata dalla pubblicazione nel 1548 dell’Art poétique français di Thomas Sébillet, consolidatasi con il gruppo della Pléiade.

Caterina Pagnini rivaluta Gasparo Angiolini: ballerino, coreografo e teorico fiorentino della seconda metà del Settecento, il cui ruolo è stato oscurato dalla preminenza attribuita dalla storiografia al collega Jean-George Noverre. La studiosa mette in valore il contributo fondamentale di Angiolini nel processo di riforma della danza avviato in età illuministica tra Francia e Italia sul modello della antica pantomima, unione di poesia, musica e gesto.

Al poco frequentato teatro delle marionette di contesto forain è dedicato il contributo di Françoise Rubellin che attraverso fonti d’archivio e letterarie mette in luce il peculiare uso della musica in questo repertorio nel quadro della politica dei monopoli che caratterizza il teatro francese dell’epoca. Le strategie parodiche sperimentate negli spettacoli di marionette contribuiscono al definirsi dell’opéra-comique nel corso del Settecento e al suo enorme successo. 

Ancora alla Francia del XVIII secolo e all’ambito comico si rivolge Pierre Frantz analizzando l’integrazione della musica nelle opere di Beaumarchais in relazione alle sue teorie drammatiche. Puntando l’attenzione sulle scene musicali del Barbier de Séville e del Mariage de Figaro, Frantz mostra come il pensiero del commediografo, influenzato tanto dal Diderot dell’Entretiens sur le fils naturel quanto dalla riforma di Gluck, si declini nella pratica scenica: la nozione di intérêt, in una dinamica complessa tra adesione e distanza, si rivela centrale per illuminare le scelte di Beaumarchais. 

Patrick Taïeb e Fernando Morrison presentano il progetto per una nuova edizione del dramma di Hugo Lucrèce Borgia sulla base del ritrovamento recente (2012) delle musiche di scena originali, composte da Louis-Alexandre Piccinni (figlio illegittimo del ben più noto Niccolò), negli archivi pubblici della città di Montpellier. Attraverso l’analisi dettagliata di queste partiture, incrociate con altri documenti (soprattutto iconografici), il progetto intende ricondurre il testo alla sua dimensione scenica nell’ambito metodologico della dialettica tra texte monument e text événement elaborata da Florence Dupont [L’acteur-roi ou le théâtre dans la Rome antique, Paris, Les Belles Lettres, 1986; L’invention de la littérature. De l’ivresse grecque au livre latin, Paris, La Découverte, 1994]. L’appendice registra un campione commentato dell’edizione. 

Se Barbara Innocenti analizza il trattato del medico ottocentesco Giuseppe Ferrario sugli effetti fisici e psicofisici della musica e della declamazione e sulle conseguenti possibilità terapeutiche offerte dalle arti, Matthieu Cailliez si pone nell’alveo degli studi di ricezione e della storia delle idee dimostrando come «la nozione di esprit venga associata in modo permanente al genere dell’opéra-comique nell’Ottocento» (p. 171), sulla scia della diffusione europea dei lavori di Scribe e Auber. 

Marie-Hélène Rybicki studia la figura di Paganini riflessa nelle parole di cronisti musicali e romanzieri del XIX secolo, che del grande violinista e compositore restituiscono un’immagine ambigua e paradossale. Stéphane Lelièvre si concentra sulle cronache degli spettacoli musicali in Francia tra il 1830 e il 1835 individuandovi l’emergere di un peculiare genere letterario: la cronaca musicale romanzata. 

Vincent Vivès discute l’influenza della musica sulla poesia francese dell’Ottocento come modello metaforico per la declinazione del rapporto col divino in una serie di autori, da Lamartine a Rimbaud. Intervenendo sulla dibattuta questione dell’antisemitismo di Wagner, Jean-Jacques Nattiez si oppone alla corrente che vorrebbe decontestualizzare la musica del compositore per “redimerla”, esaminando la Tetralogia, I maestri cantori di Norimberga e Parsifal alla luce degli scritti antisemiti che ne accompagnano la gestazione e la rappresentazione. 

Marco Lombardi analizza Jean-Christophe, romanzo musicale di Romain Rolland, in relazione al ruolo di direttore della sezione di Storia della musica dell’Institut Français de Florence che lo scrittore ricoprì nel primo Novecento. La prospettiva pacifista e universalista di Rolland è anticipata nel modello di armonia di stampo beethoveniano che informa l’opera.

Sébastien Arfouilloux ritorna sulla questione del rapporto tra surrealismo e musica, esplorando il rifiuto di Breton nei confronti dell’arte sonora, per dimostrare come questa lavori nella «coscienza poetica» (p. 284) del movimento. Catherine Steinegger rivolge l’attenzione al versante letterario di Pierre Boulez, ripercorrendo l’interesse del compositore nei confronti di poeti e narratori molto diversi tra loro come Char, Mallarmé, Cummings, Proust, Kafka e Joyce. 

All’analisi di Orpheus, balletto “neoclassico” su musica di Igor Stravinskij, coreografia di George Balanchine e scenografie di Isamu Noguchi, si dedica Silvia Lombardi-François. Ricorrendo al concetto cinematografico di montaggio, la studiosa individua i rapporti fra i tre elementi della creazione così come si configuravano nella prima realizzazione dell’opera. Chiude il volume un contributo di Michèle Finck sulla dimensione musico-teatrale dei Récits en rêve di Yves Bonnefoy. 


di Giulia Sarno


La copertina

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Il volume è liberamente consultabile online nel catalogo fupress

 
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