A ventanni dalla morte
di Bernard-Marie Koltès (1948-1989), si tennero nel 2009 due
convegni di studio (Caen e Parigi) sul drammaturgo francese che, dopo
la messa in scena delle sue pièces da parte di Patrice
Chéreau, era diventato famoso. Nel 2010 usciva su Koltès la
prima biografia, opera della giornalista di «Le Monde» Brigitte
Salino. Oggi si dedica a ricostruirne la vicenda umana e
artistica Arnaud Maïsetti, uno dei curatori degli Atti
dei convegni citati.
Il merito di questo nuovo
contributo risiede nel confronto tra la situazione dello scrittore e
la creazione dellopera, mostrando lintegrazione delle
componenti artistiche con quelle esistenziali. Si valutano le
acquisizioni dei viaggi e le loro ricadute sugli scritti e nuova
importanza si attribuisce alla fonte primaria della corrispondenza.
Il volume è strutturato in ventisei capitoli, di cui diciassette
centrati sulle opere. Maïsetti divide la materia in tre decadi: gli
anni Ottanta del Novecento, che segnano lo sbocciare e laffermazione
di Koltès; gli anni Novanta, nei quali la sua produzione, letta e
commentata, viene classificata fra i classici contemporanei; e il
primo decennio del Duemila, in cui essa trova diffusione nel mondo.
Lautore, per il quale «la vie et son pacte
demeurent intacts» (p. 11), ritiene inscindibili vita e opere: «une
vie essentielle en regard de loeuvre sécrit en raison de la
vie, et pour puiser en elle les énergies capables de toujours lui
donner naissance» (p. 13).
Il Prologo riporta
come decisivo lincontro di Koltès studente con la
rappresentazione di Medée di Seneca a Strasburgo nel
gennaio 1968, recitata da Maria Casarès e diretta da Jorge
Lavelli. Lavvenimento, ritenuto fondativo della sua vocazione,
è allorigine duna “mitologia” ricorrente in tanti profili
del drammaturgo, che qui trova convalida in documenti circostanziati:
«Koltès eprouve comme une vocation le choix de lart […]. Après
ce soir, rien ne sera comme avant» (p. 27). Il giovane, iscritto
allUniversità di Strasburgo (in Giornalismo), rivela subito la
sua insofferenza per gli studi regolari e per listituzione
teatrale.
Il racconto si sofferma
utilmente sui primi anni Settanta, nei quali il drammaturgo in
nuce manifesta slanci e frustrazioni, ricerca della solitudine,
sia pure nella disponibilità a collaborare con i coetanei, che
risentono del suo carisma. Lartista traccia allora le linee più
impegnative per il futuro, nel “patto” per una scrittura unica e
riconoscibile, pure incappando in immancabili velleità e
presunzioni. Anni in cui i testi sono scritti in vista dellimmediata
rappresentazione, in una sorta di delirante fervore creativo. La
comunità che costituisce il Théâtre du Quai, insediato
occasionalmente in una chiesa, approda a ripetuti fallimenti. Si
susseguono testi e spettacoli, collegati al consiglio critico di
Hubert Gignoux (direttore della Comédie de lEst a
Strasburgo): Les Amertumes, da Gorkij, nel 1970,
seguito da La Marche, ispirato al Cantico dei cantici;
ladattamento di Delitto e castigo (Procès ivre,
1971) di Dostoevskij. Temi e scrittura diventano originali in
LEritage, che viene radiotrasmesso nel dicembre 1972.
Il seguito della vita di
Koltès è segnato da delusione, depressione e droga. Poi si
disintossica. Aderisce al Partito Comunista, per scelta polemica
verso la benpensante borghesia cattolica di Metz. Con La Nuit
juste avant les forêts (1977) la scrittura attinge alle origini
essenziali e significative, si nutre della musicalità delle fughe di
Bach e lascia affiorare lomosessualità latente. La
composizione di Sallinger comporta approssimazioni e
riscritture, con cambio di titolo. La creazione nel 1978 a Lione, con
regia di Bruno Boëglin, è deludente per il drammaturgo
benché la sua “fedeltà” non ceda, fino alla creazione francese
di Roberto Zucco nel 1991.
«LAfrique est un
ancien rêve» (p. 132), nota il biografo per introdurre alla nascita
di Combat de nègre et de chiens. È limpressione potente
dellincontro con il continente nero, nellimmagine dun
cantiere e in quella del protagonista, Nwofia. Applicazione della
visione marxista a un impulso ricevuto nel viaggio del 1978, choc
rielaborato in Sud America: «sur le chantier, Koltès ne
commence pas lintrigue, mais recueille cette masse démotions
et dimages» (p. 145), dapprima intitolata Pour Nwofia. Fra
le più interessanti, le pagine dedicate alla definizione della pièce
cui deve la fama, scritta e conclusa nel 1979 a San Pedro La Laguna,
«un Paradis réel et charnel» (p. 175). Il capitolo “Quai”
de New York et “Combat” de Nanterre documenta il viaggio
negli USA del 1981 e la creazione assoluta di Combat, di scena
al MaMa Annex di New York (dicembre 1982) col titolo Come Dog,
Come Night. Spinto dai successi, lautore conclude Quai
Ouest. La dedica a Casarès sembra saldare un debito di
riconoscenza. Lo spettacolo dalle misure inusitate, secondo la
“scénographie mentale” immaginata da Koltès, sarà allestito a
Nanterre. Un fiasco e una perdita finanziaria.
Il resto della vicenda
rientra in conoscenze in parte già presenti alla critica italiana.
Il libro però approfondisce circostanze di elaborazione degli ultimi
capolavori. Mentre affronta le prove cinematografiche di Nickel
Stuff e di Le Dernier Dragon, lo scrittore contrae lAIDS,
malattia ancora sconosciuta. Dans la solitude des champs de coton
(1987) viene composta a New York sotto lurgenza e la paura,
esprimendo una vivente “théologie du désir”. Il campo
geometrico e teorico dellatto unico circoscrive bene la questione
dellomosessualità, mascherata, ma non meno attiva. Le tre
versioni per la scena, prodotte da Chéreau, causeranno malintesi con
lautore e divisioni nella critica. Altro incontro determinante,
quello con Jacqueline Maillan, per la quale Koltès scrive Le
retour au désert, suggestionato dalla sfida con «le masque
comique» che lattrice contrappone a quello tragico di Casarès.
Ne nasce un vaudeville, ambientato nella città natale, ma
distorto dalleco della guerra dAlgeria. Infine, la gestazione
di Roberto Zucco, fecondata dalla figura reale di Roberto
Succo, assassino dei genitori, è rievocata con tratti storici ed
estetici molto pertinenti. Le immagini, tragiche e archetipiche,
emergono da un soggetto confidato a Colette Godard («Le
Monde», 28 settembre 1988) e si sviluppano (come mostra la redazione
manoscritta) nellinvenzione di un personaggio-mito, tratto dalla
Storia. Il funerale e la sepoltura, nel cimitero parigino di
Montparnasse, chiudono la narrazione duna vita troppo presto
troncata.
di Gianni Poli
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