Arnaud Maïsetti
Bernard-Marie Koltès
Paris, Les Éditions de Minuit, 20188, 350 pp., euro 18,50
ISBN 978-2-7073-4394-9
Data di pubblicazione su web 11/04/2018
A vent'anni dalla morte
di Bernard-Marie Koltès (1948-1989), si tennero nel 2009 due
convegni di studio (Caen e Parigi) sul drammaturgo francese che, dopo
la messa in scena delle sue pièces da parte di Patrice
Chéreau, era diventato famoso. Nel 2010 usciva su Koltès la
prima biografia, opera della giornalista di «Le Monde» Brigitte
Salino. Oggi si dedica a ricostruirne la vicenda umana e
artistica Arnaud Maïsetti, uno dei curatori degli Atti
dei convegni citati.
Il merito di questo nuovo
contributo risiede nel confronto tra la situazione dello scrittore e
la creazione dell'opera, mostrando l'integrazione delle
componenti artistiche con quelle esistenziali. Si valutano le
acquisizioni dei viaggi e le loro ricadute sugli scritti e nuova
importanza si attribuisce alla fonte primaria della corrispondenza.
Il volume è strutturato in ventisei capitoli, di cui diciassette
centrati sulle opere. Maïsetti divide la materia in tre decadi: gli
anni Ottanta del Novecento, che segnano lo sbocciare e l'affermazione
di Koltès; gli anni Novanta, nei quali la sua produzione, letta e
commentata, viene classificata fra i classici contemporanei; e il
primo decennio del Duemila, in cui essa trova diffusione nel mondo.
L'autore, per il quale «la vie et son pacte
demeurent intacts» (p. 11), ritiene inscindibili vita e opere: «une
vie essentielle en regard de l'oeuvre s'écrit en raison de la
vie, et pour puiser en elle les énergies capables de toujours lui
donner naissance» (p. 13).
Il Prologo riporta
come decisivo l'incontro di Koltès studente con la
rappresentazione di Medée di Seneca a Strasburgo nel
gennaio 1968, recitata da Maria Casarès e diretta da Jorge
Lavelli. L'avvenimento, ritenuto fondativo della sua vocazione,
è all'origine d'una “mitologia” ricorrente in tanti profili
del drammaturgo, che qui trova convalida in documenti circostanziati:
«Koltès eprouve comme une vocation le choix de l'art […]. Après
ce soir, rien ne sera comme avant» (p. 27). Il giovane, iscritto
all'Università di Strasburgo (in Giornalismo), rivela subito la
sua insofferenza per gli studi regolari e per l'istituzione
teatrale.
Il racconto si sofferma
utilmente sui primi anni Settanta, nei quali il drammaturgo in
nuce manifesta slanci e frustrazioni, ricerca della solitudine,
sia pure nella disponibilità a collaborare con i coetanei, che
risentono del suo carisma. L'artista traccia allora le linee più
impegnative per il futuro, nel “patto” per una scrittura unica e
riconoscibile, pure incappando in immancabili velleità e
presunzioni. Anni in cui i testi sono scritti in vista dell'immediata
rappresentazione, in una sorta di delirante fervore creativo. La
comunità che costituisce il Théâtre du Quai, insediato
occasionalmente in una chiesa, approda a ripetuti fallimenti. Si
susseguono testi e spettacoli, collegati al consiglio critico di
Hubert Gignoux (direttore della Comédie de l'Est a
Strasburgo): Les Amertumes, da Gorkij, nel 1970,
seguito da La Marche, ispirato al Cantico dei cantici;
l'adattamento di Delitto e castigo (Procès ivre,
1971) di Dostoevskij. Temi e scrittura diventano originali in
L'Eritage, che viene radiotrasmesso nel dicembre 1972.
Il seguito della vita di
Koltès è segnato da delusione, depressione e droga. Poi si
disintossica. Aderisce al Partito Comunista, per scelta polemica
verso la benpensante borghesia cattolica di Metz. Con La Nuit
juste avant les forêts (1977) la scrittura attinge alle origini
essenziali e significative, si nutre della musicalità delle fughe di
Bach e lascia affiorare l'omosessualità latente. La
composizione di Sallinger comporta approssimazioni e
riscritture, con cambio di titolo. La creazione nel 1978 a Lione, con
regia di Bruno Boëglin, è deludente per il drammaturgo
benché la sua “fedeltà” non ceda, fino alla creazione francese
di Roberto Zucco nel 1991.
«L'Afrique est un
ancien rêve» (p. 132), nota il biografo per introdurre alla nascita
di Combat de nègre et de chiens. È l'impressione potente
dell'incontro con il continente nero, nell'immagine d'un
cantiere e in quella del protagonista, Nwofia. Applicazione della
visione marxista a un impulso ricevuto nel viaggio del 1978, choc
rielaborato in Sud America: «sur le chantier, Koltès ne
commence pas l'intrigue, mais recueille cette masse d'émotions
et d'images» (p. 145), dapprima intitolata Pour Nwofia. Fra
le più interessanti, le pagine dedicate alla definizione della pièce
cui deve la fama, scritta e conclusa nel 1979 a San Pedro La Laguna,
«un Paradis réel et charnel» (p. 175). Il capitolo “Quai”
de New York et “Combat” de Nanterre documenta il viaggio
negli USA del 1981 e la creazione assoluta di Combat, di scena
al MaMa Annex di New York (dicembre 1982) col titolo Come Dog,
Come Night. Spinto dai successi, l'autore conclude Quai
Ouest. La dedica a Casarès sembra saldare un debito di
riconoscenza. Lo spettacolo dalle misure inusitate, secondo la
“scénographie mentale” immaginata da Koltès, sarà allestito a
Nanterre. Un fiasco e una perdita finanziaria.
Il resto della vicenda
rientra in conoscenze in parte già presenti alla critica italiana.
Il libro però approfondisce circostanze di elaborazione degli ultimi
capolavori. Mentre affronta le prove cinematografiche di Nickel
Stuff e di Le Dernier Dragon, lo scrittore contrae l'AIDS,
malattia ancora sconosciuta. Dans la solitude des champs de coton
(1987) viene composta a New York sotto l'urgenza e la paura,
esprimendo una vivente “théologie du désir”. Il campo
geometrico e teorico dell'atto unico circoscrive bene la questione
dell'omosessualità, mascherata, ma non meno attiva. Le tre
versioni per la scena, prodotte da Chéreau, causeranno malintesi con
l'autore e divisioni nella critica. Altro incontro determinante,
quello con Jacqueline Maillan, per la quale Koltès scrive Le
retour au désert, suggestionato dalla sfida con «le masque
comique» che l'attrice contrappone a quello tragico di Casarès.
Ne nasce un vaudeville, ambientato nella città natale, ma
distorto dall'eco della guerra d'Algeria. Infine, la gestazione
di Roberto Zucco, fecondata dalla figura reale di Roberto
Succo, assassino dei genitori, è rievocata con tratti storici ed
estetici molto pertinenti. Le immagini, tragiche e archetipiche,
emergono da un soggetto confidato a Colette Godard («Le
Monde», 28 settembre 1988) e si sviluppano (come mostra la redazione
manoscritta) nell'invenzione di un personaggio-mito, tratto dalla
Storia. Il funerale e la sepoltura, nel cimitero parigino di
Montparnasse, chiudono la narrazione d'una vita troppo presto
troncata.
di Gianni Poli
Bernard-Marie Koltès
Indice
Table des Matières
Avant-Propos
Prologue. Enfance de l'art
I. Metz ou l'enfance
II. Strasbourg (et New York)
III. Les Amertumes, ou l'écriture de plateau
IV. La Marche: dialogue avec la Parole
V. Procès ivre, ou le point final Dostoïevski
VI. L'Héritage sans héritage
VII. De Récits morts à La Nuit perdue: désœuvrements
VIII. Des voix sourdes et Le Jour des meurtres dans l'histoire d'Hamlet, pièces inouïes, pièces invisible
IX. Strasbourg; en passer par la mort, et renaître
X. De Pralognan à Paris, tout un roman
XI. La Nuit juste avant les forêts, ou l'aboutissement originel
XII. Sallinger, ou l'aliénation
XIII. Images d'un récit fondateur: Pour Nwofia
XIV. Refuge aux Amériques: Nouvelles et Combat de nègre et de chiens
XV. Reconnaissances: nouvelles prémisses
XVI. Quai de New York, et Combat de Nanterre
XVII. L'écriture cinéma: Nickel Stuff et Le Dernier Dragon
XVIII. Reconnaissance publique et stratégie d'évitement
XIX. Dialectiques de Dans la solitude des champs de coton
XX. Terminal Quai Ouest, et d'autres départs: Taba-taba, ou Babylone
XXI. Jouer avec le théâtre: Le Retour au désert
XXII. Création de Dans la solitude des champs de coton; écriture du Conte d'hiver
XXIII. Le visage vivant de la mort: Roberto Zucco
XXIV. Dernières scènes
XXV. Ultimes voyages
XXVI. «Do we?»
Épilogue