Questo numero di «Theaterheute» si apre con unintervista (Das Gespräch) a Marc
Grandmontagne, neoeletto direttore delle associazioni teatrali tedesche (Bühnenverein), che parla
della situazione finanziaria e del proliferare dei progetti artistici soprattutto nei centri minori, i
quali, talvolta ostacolati da impedimenti burocratici e politici, faticano a decollare. Le pagine di Aufführungen dedicate alle recensioni degli spettacoli principali prodotti nei paesi di lingua tedesca si aprono con le produzioni del Nationaltheater Reinickendorf di Berlino. Vegard Vinge e Ida Müller hanno rivisitato in chiave psicoanalitica Hamlet di Shakespeare e Baumeister Solness di Ibsen, ricorrendo a manichini e ad attori-performer interpreti di linguaggi grotteschi e demenziali. Allo Staatstheater di Hannover si è realizzato lambizioso progetto Eine Stadt will nach oben, che prende spunto dal romanzo Ein Mann will nach oben di Hans Fallada (1978): una serie di episodi legati alla storia della città affidati alle competenze artistiche di giovani ed emergenti registi (Gordon Kämmerer, Martin Laberenz e Lucia Bihler, Alexander Eisenach). A Tom Kühnel compete la messinscena di Medea di Franz Grillparzer, attualizzata nellincontro-scontro tra culture diverse e soprattutto esplorata nella psiche omicida della protagonista, interpretata da tre attrici diverse (Vanessa Loibl, Carolin Haupt e Katja Gaudard) che agiscono in continua tensione con il Giasone del bravo e coinvolgente Philippe Goos.
La rivisitazione dei testi classici si rinnova
al Volkstheater di Vienna per effetto dellallestimento di Iphigenie in Aulis / Occident Express. La tragedia euripidea,
riscritta da Soeren Voima, è integrata dal testo di Stefano Massini,
cui si allude nella seconda parte del titolo dello spettacolo. Il risultato è
un avvincente dialogo tra antico e presente reso sul palcoscenico dalla attenta
regia di Anna Badora e da pregevoli attori come Katharina Klar, Anja
Herden e Jan Thümer. Feroci critiche al neoliberismo doggi emergono
da paradies fluten di Thomas Köck (produzione
del Burgtheater) per la regia di Robert Borgmann e con Katharina
Lorenz, Peter Knaak e Elisabeth Orth nei ruoli principali.
Il Salzburger Festspiele apre la sezione
dedicata ai Festivals. Lannuale
rassegna di Salisburgo coordinata da Bettina Hering al suo primo mandato
ha proposto il protocollare Jedermann
di Hugo von Hofmannsthal affidato alla regia di Michael Sturminger
con Tobias Moretti interprete del ruolo eponimo letto in chiave
contemporanea, traviato dalleccesso dellalcool e turbato da nevrosi di
sostanza metropolitana. Spicca anche la messinscena di Die Geburtstagsfeier di Harold Pinter
firmata da Andrea Breth, che si fa apprezzare per la coerenza filologica
con cui affronta il testo e per lorchestrazione delle tormentate dinamiche
relazionali dei vari personaggi, affidate allestro di Roland Koch, Andrea
Wenzl, Max Simonischek e Oliver Stokowski. Tra gli altri
spettacoli salisburghesi è doveroso segnalare Rose Bernd, dramma naturalistico di Gerhart Hauptmann
allestito da Karin Henkel e interpretato da Lina Beckmann con Markus
John e Julia Wieninger; Lulu
di Athina Rachel Tsangari ispirato a Risveglio
di primavera di Frank Wedekind; Kasimir
und Karoline di Ödön von Horvàth ad opera del duo di New York 600 Highwaymen che si avvale di
ventitré attori impegnati in uno spettacolo caratterizzato anche dalla presenza
massiccia di episodi di ballo collettivo.
Ci si sposta al Théâtre di Avignone diretto da Olivier
Py, anche autore dellallestimento di Les
Parisiens con Joseph Fourrez nei panni del poeta depresso e abbandonato,
un “segno” di solitudine urbana. Ibsen
Huis è il titolo della messa in scena di Simon Stone recitato da Claire
Bender e Maarten Heijmans. Ha ottenuto consensi di pubblico e di
critica Saigon che Caroline Guiela
Nguyen ha ricavato dalla storia del colonialismo francese in Indocina,
ambientando la vicenda nellelegante sala da pranzo del ristorante ricordato
nel titolo, nel quale agiscono Dan Artus, Phu Hau Nguyen e Caroline
Arrouas.
Lurgenza della presa di posizione in campo
politico e privato costituisce il tema affrontato dal festival internazionale Impulse
distribuito in varie città della Ruhr. Emergono dalla rassegna curata da Florian
Malzacher lo spettacolo Sorry
interpretato da Andreas Klinger accompagnato dal gruppo nigeriano The Footprints, la video installazione Guilty Landscapes di Dries
Verhoeven, la performance Die
Erfindung der Gertraud Stock del collettivo vorschlag: hammer.
La sezione Festivals
si completa con la Biennale di Venezia diretta da Antonio Latella, che in questa edizione ha coinvolto registe
di caratura internazionale quali Ene-Liis Semper, Maja Kleczewska,
Nathalie Béasse, Maria Grazia Cipriani, Livia Ferracchiati,
Anna Sophie Mahler, Suzan Boogaerdt, Bianca Vander Schoot,
Claudia Bauer, Katrin Brack.
Il lungo e articolato Identitätspolitik approfondisce il rapporto tra pratiche teatrali e
visioni sociopolitiche con una serie di spettacoli significativi: Die heilige Johanna der Schlachthöfe di Bertolt
Brecht allestito da Sebastian Baumgarten (2012); The Blind Post interpretato nel 2015
dalla performer Anna Sophia Bonnema; Kampf
des Negers und der Hunde di Bernard-Marie Koltès per la regia di Roger
Vontobel (2017); e il recente 89/90
di Claudia Bauer affrontato dalla compagnia N-Wort. Primeggia, inoltre,
la figura della regista afro-tedesca Anta Helena Recke dei Kammerspiele
di Monaco, che da anni affronta tematiche relative al rapporto tra identità e
contaminazioni straniere, come emerge dagli allestimenti di Yesterday You Said Tomorrow di Alexander
Giesche e da Mittelreich di Josef Bierbichler, presentato nel
2015 e ora riproposto in una nuova edizione affidata alle competenze di Anna
Sophie Mahler e allinterpretazione di Damian Rebgetz, Stefan Merkl, Jochen Noch, Annette Paulmann.
Il testo del mese (Das Stück) scelto dalla redazione di «Theaterheute» è Für immer schön dellamericano Noah
Haidle nella traduzione di Barbara Christ.
di Massimo Bertoldi
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