Allorigine del
libro è un convegno tenuto al Centre Dramatique National di Besançon nel marzo del
2016 sulle potenzialità nascoste del corpo e i loro effetti sulle performances spettacolari. Più che di Atti
si tratta di unopera collettiva integrata, allincrocio fra il teatro, la
danza, il mimo, il circo e la marionetta. Scrive in apertura Guy Freixe: «Ce qui ne se voit pas du corps et qui fait pourtant
toute la force de la présence en scène de lacteur est ce qui constitue à
proprement parler lobjet de la recherche du présent ouvrage» (p. 9).
Individuato loggetto,
lindagine a largo raggio adotta discipline antropologiche, estetiche e
psico-fisiologiche, concentrate sulla funzione del corpo in aspetti specifici
delle arti dello spettacolo. La raccolta risulta eterogenea, nelle marcate
singolarità dei contributori, eppure offre limpressione duna notevole concordanza
complessiva di obiettivi e di suggestioni. I titoli dei capitoli, a partire da Entre fragilité et chaos, tracciano
confini abbastanza liberi per concetti, fenomeni ed esperienze distinti e
variabili accomunati dalla presenza del corpo dellattore. «Un corps qui montre et cache à la fois
[…] corps rêvant, qui ouvre un
au-delà du sens et du sensible, et rayonne à partir du mystère de len dedans»
(p. 10).
Aurore Desprès denuncia il
metodo pregiudiziale, tipico della critica occidentale, responsabile di
separare la vita e la morte, di scindere il corpo dallo spirito (p. 15). La studiosa
simpegna a ridefinire la corporeité sulla
base di complesse esemplificazioni teoriche e applicative, tratte da studiosi,
coreografi e interpreti. Cita
Michel Bernard che, nella scia di Derrida, Delèuze-Guattari e Artaud, definisce
«la corporeité […] un réseau matériel
et énergétique mobile, instable, de forces pulsionnelles» (p. 17). Per Hubert Godard, la corporeità si presenta désarmée e, nelle ricerche etnopsichiatriche di Bruno Latour, quella
condizione si qualifica come échevelée
o étoilée-étiolée (p. 19). Nel saggio
è difficile cogliere i significati molteplici di tante nozioni e ipotesi sovrapposte.
Il discorso si complica nellosservare
le modalità con cui si rappresentano varie forme di “omaggio” ai morti: «Cest
convenir ici, avec Vinciane Despret, que les morts, en leur manière dexister
sur un autre plan, “manifestent des modes de présence qui comptent et dont on
peut sentir les effets”, quils ont des choses à performer». Ciò presuppone, dunque, di «entendre ce que les morts
font faire aux vivants comme de suivre les vivants et les morts dans ce qui les
tient ensemble» (p. 29). E la danza butô è appunto
indicata quale occasione per «performer (avec) les morts» (p. 34).
Priscilla Wind considera lo scontro
dialettico tra corpo e teatro e fra teatro e violenza e ammette che nelle arti
sceniche «corps et langage se rencontrent dans une dialectique de lexcès: la
violence introduisant un déséquilibre entre interiorité et extériorité» (p. 35).
Come esempi di rappresentazioni collegate a vicende reali vissute dagli artisti,
con corpi mutilati esposti in scena quali corrispettivi concreti dun conflitto
con la morte, sono citati Viol di
Boto Strauss con la regia di Luc Bondy (2005) e Rwanda 94 di Groupov (2000).
Oltre ad avvertire leffetto
catartico di tali esibizioni “traumatiche”, si osserva: «dans le théâtre contemporain, la violence physique permet aux
artistes dinterroger cette déshumanisation et instrumentalisation du corps
daujourdhui, entre culte et torture» (p. 44).
Laurent Devèze, nelle
potenzialità della performance come esperienza
del caos ed espressione dellintimità, distingue la «performance-performée» dalla
«performance-performante» (p. 49), cogliendo levento scenico «comme don de soi»
(p. 51).
Il pensiero di San
Paolo e di Artaud guida la riflessione di Christine
Douxami sul fenomeno della trance in
scena, sia nel training dellattore, sia
nel rituale e nelle forme di teatro popolare: situazioni in cui diventano più
critici i problemi di controllo e di gestione degli stati di trance.
Philippe Goudard offre una sintesi densa sullarte
circense: «les conditions de vie et dexercice
des acteurs de cirque […] partecipent autant que leurs spectacles à la
fascination universelle quils exercent en présentant “entre lelan et la
chute, un chaos organisé pour le plaisir des sens”» (p. 78).
Un insolito senso
di bellezza comunica la relazione di Sandy
Sun, dettata dallesperienza di trapezista; fondendo estetica, etica e
tecnica, le sue osservazioni sul funambolo riecheggiano le intuizioni di Genet: «la vitalité de lartiste fait reculer la mort» (p. 87).
Georges Banu storicizza la
teatralizzazione del dolore attraverso le lacrime, con paradigmi poetici e
fisiologici. «Le théâtre
russe et soviétique doit être saisi à un double niveau – afferma Stéphane Poliakov – création des spectacles et pédagogie»
(p. 109). Segue una dissertazione sulla concezione di
Stanislavskij, centrata sulla perezivanie,
«la vie éprouvée», e sulla sua relazione dialettica con la biomeccanica di
Mejerchold.
Gli ultimi tre spettacoli
diretti da Patrice Chéreau danno lo spunto ad Anne-Françoise Benhamou per ripercorre la storia del rapporto
vitalistico e appassionato del regista con i suoi attori, a partire dal momento
centrale del loro contatto fisico, nei momenti clou della rappresentazione. Partendo dalladdio memorabile di due
corpi desideranti e straziati dal distacco nel Richard II (1970), si analizzano gli allestimenti di due pièces di Jon Fosse: Rêve dautomne
e I Am the Wind (2011), nonché quello
dellElektra di Strauss (2013). Lerotismo esaltato nel primo spettacolo rinvia al
secondo con un moto «qui commence comme une étreinte et sachève en deposition»
(p. 125), in una tensione fra langoscia delle parole e la dolcezza del gesto.
Jean-François Dusigne premette una
storia “elementare” del Teatro dArte al suo incontro-conversazione con Marcus
Borja e i suoi collaboratori, attorno allo spettacolo Théâtre allestito nelloscurità completa per sfruttare al massimo ludito.
Linfluenza e il
ruolo della musica sulla recitazione al Théâtre du Soleil, è il tema che Pierre Longuenesse trae dallopera del
musicista Jean-Jacques Lemêtre, unazione creativa fra incarnazione e
sublimazione, secondo il battito dun “tempo” più organico che psicologico (p. 153).
Claire Eggen racconta la propria
esperienza sul “movimento” maturata grazie alla lezione dei maestri Étienne Décroux e Gordon Craig. Le tappe dellacquisizione della propria corporeità sono
segnate dagli aforismi del mimo francese: «être
là sans être là, en étant là» e «un
corps réel devenu fictif. Un corps extra/ordinaire» (p. 166).
Aspetti didattici tocca Johanne Benoît
in La Technique Alexander appliquée au
jeu de lacteur. Trattano di pratiche a scopo
terapeutico, oltre che artistico, i saggi di Pascal Weber e Carolane
Sanchez.
Oksana Bulgakova ritiene la voce
un prodotto della cultura e segnala alcune metafore connesse con la sua nozione.
Nota, inoltre, come la voce riprodotta elettronicamente, con lavvento del
sonoro nel cinema, abbia influito sulle tecniche demissione vocale a teatro.
Aurélie Gallois esamina il formarsi
di “personaggi” mediante proiezione di immagini umane su figure artificiali (poupées) nelle realizzazioni di Marleau e Jasmin, presso la Compagnia UBU di
Montréal, ispirate allutopia simbolista di Maeterlinck. Gli attori, sostituiti
da androidi con i volti disegnati da proiezioni,
appaiono i prodotti duna «métaphysique du corps» (p. 250).
Concludono il
volume due Conversazioni sulle interpretazioni
degli attori Claude Duparfait, Denis Loubaton e John Arnold. Le fotografie fuori
testo permettono di meglio apprezzare i commenti agli spettacoli citati.
Come dimostrava un
lavoro uscito nel 2003 (Le Corps en jeu,
a cura di Odette Aslan, Parigi, C.N.R.S.), il confronto fra le arti e le scienze
è metodo valido dindagine sullevoluzione culturale del nostro tempo.
Lapporto reso da questultima serie di sondaggi, insolitamente ricca e
concentrata, estende e approfondisce la materia rendendola fruibile soprattutto
da specialisti e artisti dello spettacolo.
di Gianni Poli
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