Figure
di medici e guaritori, nelle loro più svariate declinazioni, animano il palcoscenico
del teatro dopera, proiettano le loro ombre allungate e perigliose su
scenografie di cartapesta, o semplicemente radunano folle di ingenui avventori,
pronti a trangugiare pozioni innocue delle quali si proclamano a gran voce le
proprietà miracolose. Di questo variegato scenario il libro di Giulia Vannoni offre una descrizione
puntuale e dalle solide basi scientifiche, erudita ma non paludata, appassionante
come una narrazione romanzesca. Il sottotitolo del volume, La storia della medicina raccontata dal teatro dopera, rivela un
punto di vista inedito. Con perizia “alchemica” lautrice coniuga la magnetica passione
per la lirica alla metodologia scientifica, il piglio a tratti ironico della
scrittura allapproccio storico-critico.
In
apertura il volume evidenzia come i cambiamenti epocali dellarte medica
trovino puntuale riscontro nel percorso melodrammatico. Come è noto, già Marsilio Ficino affermava che «si
possono efficacemente curare con certe musiche le malattie del corpo e della
mente» (p. 17), stabilendo una
connessione indissolubile fra le due discipline. Non a caso gli esordi dellopera
attingono al mito di Orfeo, il cui canto non solo ammansisce le fiere e conduce
a un mondo infero altrimenti precluso, ma esercita un influsso benefico
sullanimo umano. Spunti letterari punteggiano la narrazione, garantendo
unapertura più ampia, non limitata allambito operistico. In questottica il saggio
non è a “uso esclusivo” dei melomani. Interessa la storia della cultura in senso
ampio.
I
diversi capitoli analizzano di volta in volta le figure eterogenee dei
ciarlatani, degli speziali, dei farmacisti e dei medici veri e propri,
inserendole nel contesto del proprio tempo. Accanto agli esempi più noti ed
emblematici, lautrice rispolvera nomi di compositori, librettisti e personaggi
oggi dimenticati, destando linteresse del lettore curioso. Fra i tanti ritratti
ricordiamo quello di Don Bartolo nel Barbiere
di Siviglia (la cui nota aria dà il titolo al libro), il quale, grazie alla
Rossini renaissance, ha recuperato il
proprio ruolo di dottore professionalmente autorevole. Una svolta è data dal Dulcamara
del donizettiano Elisir damore. Grazie
al musicista «la comicità operistica conosce una svolta» (p. 55). Il distacco rossiniano si tramuta in empatia, in
quellumanità del buffo «che porterà al Don Pasquale, aprendo la strada a
Falstaff» (ibid.). Del tutto
originale, poi, la figura del medico mauritano nella Iolanta di Ciajkovskij,
sorta di stregone-psicologo che non ha paragoni nel teatro musicale. Atmosfere
ben diverse, dal taglio crudele ed espressionista, introducono il cinico dottore
del Wozzeck di Alban Berg. Nelle sue mani il protagonista diviene una cavia umana,
vittima di un processo disumanizzante che anticipa gli orrori commessi dagli
scienziati nazisti.
Il
capitolo più interessante è forse quello in cui, partendo dalla divagazione
mesmerica del Così fan tutte mozartiano,
si indaga ampiamente la figura del medico originario della Svevia. Il caso Mesmer, con lalone misterico che lo ha
sempre circondato, creò schiere di adoratori e detrattori. Morto nel 1815,
coperto dal velo delloblio, sarebbe forse scomparso negli abissi del tempo
senza il libretto di Da Ponte a
conferirgli imperitura memoria. Eppure le sue teorie sul magnetismo rivolte alla
cura dei disturbi psicologici, il suo
metodo e le novità introdotte dai suoi studi ispirarono una folta schiera di
allievi che confermarono alcune intuizioni del maestro.
Dal
mesmerismo si passa al sonnambulismo, le cui implicazioni magiche non potevano
sfuggire al teatro dopera. Si pensi al celebre melodramma di Bellini, che lautrice indaga
attraverso un proficuo parallelo con Il
Principe di Homburg di Kleist.
Un momento di coscienza smarrita che, se nel caso dello scrittore tedesco è
percorso da una scoperta ambiguità, nel compositore catanese resta nei canoni più
rassicuranti di un inequivocabile lieto fine. Chiude il libro una breve trattazione
del tema della follia, spunto per i mirabolanti virtuosismi canori delle
primedonne in ambito ottocentesco e oggetto di studio clinico nel secolo
successivo.
di Riccardo Cenci
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