Jacques Copeau
Registres VII. Les années Copiaus (1925-1929)
A cura di Maria Ines Aliverti, Marco Consolini
Paris, Gallimard, 2017, 608 pp., euro 45,00
ISBN 978-2-07-013820-3
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Maria Ines Aliverti è fra gli studiosi che più hanno approfondito e diffuso la conoscenza di
Jacques Copeau. Marco Consolini a quegli studi ha contribuito più recentemente. Entrambi sono i
curatori dei Registres conclusivi del maestro pedagogo e metteur en scène francese. Morta infatti
Marie-Hélène Dasté, curatrice dei volumi precedenti, è stata affidata ai due specialisti italiani
ledizione e il commento dellopera restante. I nuovi responsabili hanno progettato di distribuirla in
due volumi, facendo seguire al presente un Registres VIII (1929-1949) comprensivo dei testi scritti
nellultima fase di vita dellautore: «Tout en étant conscients des limites de notre travail – limites
objectives imposées par lorganisation des Registres, et limites inhérentes à nos ressources de
chercheurs et à nos capacitée dinterprètes – nous souhaitons quil puisse contribuer à relancer
lintéret pour Copeau sur des pistes nouvelles et plus libres, débarassées des entraves idéologiques
traditionnelles» (p. 28).
Questa pubblicazione testimonia con dovizia di note, confronti e appendici lattività del maestro e
del suo gruppo nel periodo definito Années Copiaus. Pochi anni, ma fruttuosi rispetto allimpresa
del Vieux-Colombier, segnati dalle ricerche sulla nuova drammaturgia (mirata allambiente socio-
culturale rurale della provincia) e dal viaggio negli Stati Uniti. Questultimo consente di misurare
linfluenza di un magistero artistico che, attraverso gli scambi esemplari in America (e poi in Italia),
sirradierà nel mondo.
Il libro è strutturato in quattro parti, in ciascuna delle quali un articolato saggio storico-critico
introduce ai Testi relativi. Nella prima parte, con lo spostamento dellottobre 1924 di Copeau e dei
suoi fedeli seguaci da Parigi alla Borgogna, si documentano il nuovo insediamento e i rapporti del
gruppo con la comunità locale, nonché gli esperimenti creativi applicati alla Commedia dellArte
verificati mediante la pratica dellimprovvisazione. Entrambi gli aspetti appaiono davvero inediti
nella loro coerente interdipendenza. A questo periodo si collega Pour un théâtre provincial (1925),
in aspra polemica con la situazione teatrale parigina che consuma e non crea, esporta prodotti
scadenti, «des pièces boulevardières, des revues obscènes ou des ciné-romans. Cela revolte lesprit»
(p. 86). Si registrano, inoltre, gli Exercices (1924) per laddestramento corporeo e i criteri per la
lettura espressiva.
Il Prologo LHomme de la lune (1925) esemplifica testi formulati in un linguaggio diretto, nel quale
lattore e il personaggio coincidono, per un incontro spontaneo con lo spettatore: soluzione che,
adottata nel villaggio di Morteuil, sadatterà a diverse località e situazioni. Il dialogo intrecciato fra
gli attori e il tipico vignaiolo, Jean Bourguignon, ha per soggetto il lavoro e lambientazione degli
stessi interpreti: «Nous avons quitté Paris / Nous avons deserté la ville / Pour venir nous retremper /
Au sein dune belle campagne» (p. 110).
Una moralité di Lope de Rueda viene sviluppata in Les Cassis e rappresentata a Nuits-Saint-
Georges nellagosto 1925, con musica e canzoni originali. Testi doccasione, ma meditati e accorati,
rievocano il Vieux-Colombier e le circostanze del suo abbandono, per presentare la “novità” dei
Copiaus (per assonanza, “quelli di Copeau”, p. 165), nucleo fondatore di un Théâtre de la
Bourgogne potenziale mezzo pubblicitario dei vini locali.
In Le détour américain si ripercorre il viaggio, motivato anche dalla situazione finanziaria precaria
della compagnia, aggravata dalla crisi religiosa del patron riconvertitosi al cristianesimo originario.
Il soggiorno statunitense è importante – oltre che per Les frères Karamazov, adattato per la scena da Copeau e Jean Croué e recitato da attori locali nel gennaio 1927 al Theatre Guild di New-York –
per comprendere il mutamento del teatro americano rispetto allesperienza del 1917 che aveva visto
il Vieux-Colombier impiantarsi a New York al Garrick Theatre. Il momento è propizio al regista per
approfondire il suo giudizio su Stanislavskij, la cui visione estetica e didattica attirava lattenzione
del mondo teatrale. Mentre sulla scia delle ricerche di Jacques Rouché (LArt théâtral moderne,
1910) lEuropa riconosce la supremazia del Teatro dArte di Mosca, Copeau vaglia i risultati di
Mejerchold e di Tairov.
«La sympathie de Copeau à légard de Stanislavski repose sur une affinité profonde concernant la
centralité de lacteur et la place prépondérante faite à la pédagogie et à léthique» (p. 214). Al
rientro in patria, si scatenano polemiche attorno al fondatore del Vieux-Colombier, accusato da
Lucien Dulbech perché «après avoir supprimé le public et les auteurs, couronnait son œuvre en
supprimant les acteurs» (p. 218). Ne consegue lisolamento del patron, concausa degli equivoci sul
lavoro con i Copiaus che accompagnano la critica più aggressiva.
In questa seconda parte si leggono le conferenze pronunciate allAmerican Laboratory Theatre,
nelle quali emerge la figura del maestro russo e lavventura del Vieux-Colombier è posta a
confronto con la fase in decentramento. Per motivare scelte tanto sconvolgenti, Copeau usa ricordi
inediti e toni commossi. Larrivo a Morteuil, per esempio: «cest là que la troupe débarqua en
chantant au mois doctobre 1924. Moi je ne chantais pas» (p. 242). In unaltra conferenza loda i
suoi ospiti per avere posto il titolo di laboratoire a fondamento della loro impresa, alla quale si
sente accomunato (p. 259). In La discipline de la scène (1930), conferma lammirazione per i russi,
«nos maîtres» (p. 264), ma segna la sua distanza dalle idee di Tairov. Seguono lAvertissement à
“Ma vie dans lArt” (1934) e La mort de Stanislavski (1938).
Nella terza parte si approfondisce il lavoro svolto da Copeau presso la dimora di Pernand, dove
viene attrezzato uno spazio specifico per le esercitazioni nella cuverie (cantina) in vista della
rappresentazione per le Fêtes des vins di Beaune. Il testo previsto è LIllusion, adattamento della
Celestina di Fernando de Rojas. Preziosa la ricostruzione di quella drammaturgia di Copeau
(tuttora inedita) e delle condizioni di lavoro dei Copiaus nella loro prova più ambiziosa. Gli
allenamenti fisici sono attuati in funzione della preparazione dellAnconitaine di Ruzante, scelta
che, guardando alla Commedia dellArte, ispira la fusione auspicata fra gli ideali di «théâtre pur» e
di «pur théâtre» (p. 335). Nella Analyse, LIllusion (pp. 345-349) è proposta come prosecuzione
logica del repertorio del Vieux-Colombier. Chiudono questa sezione le Refléxions dun comédien
sur le “Paradoxe” de Diderot (1929).
Le numerose avventure creative sono spunto allapertura dellultima parte, De la Bourgogne à
lEurope. Si evidenziano gli ostacoli che porteranno allo scioglimento del gruppo, dopo le tournées
in Francia e in altri paesi i cui stimoli nuovi originano insofferenze nei collaboratori più giovani.
Con LAnconitaine, rappresentata a Lione nel novembre 1927, non destinata al pubblico rurale, i
«Copiaus sont pénalisés par les oscillations stratégiques du Patron et restent suspendues entre la
Bourgogne et lEurope» (p. 370). Cambia da allora la prospettiva dellimpegno verso la
décentralisation, con la rinuncia al progetto di teatro regionale e una ricerca creativa più incline
allascetica.
Gli Scritti finali, spesso posteriori ai fatti, comprendono un omaggio ad Adolphe Appia (1928), nel
quale il teorico è definito «spectateur idéal» (p. 421). In Jacques Copeau en Bourgogne, si trova la
premessa della scelta radicale per ritrovare «les conditions dexistence et de travail que je souhaitais
quand jai quitté Paris» (p. 431). Poi il patron riassume i cinque anni provinciali, ma riannodandoli
a tutto il periodo precedente, ora connotato da impressioni sinceramente negative su uno sforzo
incompreso e frustrante: «Le labeur que nous avons accompli, durant ces deux années dexile, passe limagination. [...] La première saison sétait écoulée dans un rythme à peu près tolérable. La
seconde fut inhumaine» (p. 445). Accenti che, secondo i curatori, alterano il valore autentico
dellavventura complessiva e che gettano unimpressione «regrettable» (p. 416) sul senso della
confessione.
Le Appendici riepilogano fenomeni e spettacoli in una Cronologia unitaria e funzionale.
Questo libro sollecita la revisione dellintera vicenda artistica e personale di uno dei maestri del
Novecento, leredità del quale non è stata ancora accolta appieno per il ripetersi attorno al
“monumento” Copeau di fraintendimenti quali la celebrazione agiografica o lemarginazione subita
al tempo della moda brechtiana. La sua esperienza devessere ancora assimilata, sia nel campo della
messa in scena rispetto allo spazio, sia in quello della formazione dellattore: materia questultima
sulla quale le scuole di recitazione – con il loro metodo di addestramento pragmatico e accelerato
dei diplomati promessi a un impiego – avrebbero molto da riflettere e da imparare.
di Gianni Poli
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