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Theaterheute, Nr. 7, Juli 2017


72 pp., euro 15,00
ISSN 0040 5507

A febbraio il teatro ubicato all’interno del Gogol Center di Mosca è stato riaperto ed è diventato punto di incontro per gli artisti e il pubblico della giovane scena locale. Tre mesi dopo per ordine di Putin è stato sottoposto a perquisizione. È intorno a tali fatti che ruota la sezione International con cui si apre questo numero di «Theaterheute».

Il regista Kirill Serebrennikov, responsabile della struttura, rilascia un’intervista in cui spiega il contesto politico e culturale che muove la ricerca di un nuovo linguaggio teatrale, segnatamente in relazione agli spettacoli da lui curati quali Wer ist glücklich (ispirato alla poesia Wer lebt glücklich in Russland? di Nikolaj Nekrasov) e l’adattamento di Die toten Seelen di Nikolaj Gogol’. Ne emerge un netto contrasto con la volontà conservatrice del governo, alla base della quale stanno i motivi dell’intervento repressivo. La censura di stato è d’attualità anche in Ungheria, come si apprende dal secondo articolo di International che offre in merito una serie di esempi soprattutto legati ai social quali la chiusura di pagine Facebook e YouTube curate da artisti cosiddetti “alternativi”.

La consueta sezione Aufführungen, che raccoglie le recensioni delle principali produzioni teatrali dell’area tedesca, si apre con Phädras Nacht di Albert Ostermaier in scena al Residenztheater di Monaco. La regia di Martin Kušej attualizza il mito e trasferisce la vicenda sul palcoscenico cosparso di lastre di ghiaccio, dove agiscono gli attori che articolano la loro recita con toni duri e severi. Protagonisti sono Bibiana Beglau (nel ruolo del titolo), Gunther Eckes e Thomas Grässle. Nello stesso teatro di Monaco Alvis Hermanis si è occupato della regia di Insgeheim Lohengrin, che il dramaturg Götz Leineweber ha ricavato dall’opera di Wagner, consegnando il testo a cinque attori di qualità quali Wolfram Rupperti, Charlotte Schwab, Ulrike Willenbacher, Paul Wolff-Plottegg e Manfred Zapatka.

Spettacoli piuttosto interessanti emergono anche da Amburgo: al Thalia Theater Kornél Mundruczó firma la regia di Die Weber di Gerhart Hauptmann, capolavoro del naturalismo tedesco letto con il filtro della globalizzazione che porta a una critica del capitalismo contemporaneo. Tra gli interpreti si sono distinti Marie Löcker, Oliver Mallison e Matthias Leja. La produzione dello Schauspielhaus è Valentin di Herbert Fritsch, collage di divertenti sketches, poesie a sfondo filosofico e morale, monologhi che ruotano intorno al concetto di arte come ricerca di bellezza e nel contempo come percorso faticoso e tortuoso a livello professionale. Con pregevole leggerezza ed estro creativo si sono esibiti Bastian Reiber, Hubertus Wild, Ruth Rosenfeld e Gala Othero Winter.

Con Kampf des Nigers und der Hunde di Bernard-Marie Koltès ci si sposta allo Schauspielhaus di Bochum. L’allestimento firmato da Roger Vontobel diventa argomento di riflessione sullo sfruttamento del continente africano da parte del mondo occidentale ma anche metafora delle difficoltà nei rapporti interpersonali, come hanno espresso sul palcoscenico Werner Wölbern, Max Mayer, Luana Velis. Lo stesso teatro ha prodotto Alle meine Söhne di Arthur Miller secondo la versione scenica ideata da Anselm Weber, che adotta un linguaggio marcatamente realistico. Tra gli attori spiccano Torsten Flassig, Sarah Grunert e Nils Kreutinger.

Completa la rassegna di Aufführungen la programmazione dello Schauspielhaus di Düsseldorf, dome primeggia Der Sandmann di Robert Wilson ricavato dall’omonimo romanzo di Hoffmann e interpretato in chiave pop con la musica della cantante Anna Calvi che bene si integra nell’estetica scenica proposta dal regista. I ruoli principali sono stati assunti da Christian Friedel, Rainer Philippi, Alexej Lochmann, Andreas Grothgar e Konstantin Lindhorst. Altrettanto coinvolgente è risultato lo sperimentale Farm der Tiere (“La fattoria degli animali”) dal celebre romanzo di Orwell per la regia di Daniela Löffner e l’interpretazione di Alessa Kordeck, Torben Kessler, Kilian Ponert e Hanna Werth.

Le pagine di Neue Stücke dimostrano quanto sia prolifica la creatività tedesca e la tempestività con cui i principali teatri nazionali assumono le novità nei loro repertori. È il caso dello Schauspiel di Colonia, che ha prodotto Istanbul dello scrittore turco Doğan Akhanli per la regia di Nuran David Calis e Get deutsch or die tryin’ di Necati Öziri in scena al Maxim Gorki Theater di Berlino. Il protagonista è un giovane turco che, a contatto con il mondo tedesco, diventa simbolo del dramma sociale dell’extracomunitario. La regia di Sebastian Nübling si caratterizza per lucidità e tensione comunicativa trasmessa dai vari personaggi che Pinar Erincin, Taner Sahintürk e Dimitrij Schaad hanno reso sul palco con efficacia espressiva. L’iracheno Said e la moglie Ghazala sono due figure di migranti che, pur integrati nel sistema produttivo occidentale, vivono conflitti etici e religiosi, come raccontato dal drammaturgo Ibrahim Amir in Homohalal allestito dallo Staatsschauspiel di Dresda per la regia di Laura Linnenbaum con i bravi Thomas Kitsche, Matthias Luckey, Anna-Katharina Muck. Il testo di Amir si può leggere in versione integrale nelle pagine di Das Stück di questo numero.

Docente di Storia e Politica presso l’Università di Johannesburg, Achille Mbembe ha presentato una relazione, nell’ambito del festival Theater der Welt di Amburgo, in cui analizza il postcolonialismo, la globalizzazione, la tecnologia digitale e la crisi delle democrazie liberali. Lo scritto è pubblicato nella sezione Theater der Welt.

C’è spazio anche per l’annuale Kunstenfestival des Arts di Bruxelles. Temi trasversali della programmazione festivaliera sono l’identità europea e la ricerca delle sue radici storiche, messi in scena in Bacante (da Euripide) della coreografa portoghese Marlene Monteiro Freitas. Di rilievo artistico sono risultati Die unbedeutende Geste del duo tunisino formato da Selma e Sofiana Ouissi, Gerhard Richter, ein Theaterstück del performer Mårten Spångberg e Feeling Dubbing di Monira Al Qadiri.

Le pagine di Nachruf sono dedicate a Tankred Dorst, drammaturgo influente nel panorama del teatro tedesco del secondo Novecento, al quale competono testi di valore come Toller (1968), Herr Paul (1994) e Merlin oder Das wüste Land (1999).

Il linguaggio dell’attore e l’incidenza dei media d’oggi nella sua formazione costituiscono il tema portante di Essay, le cui argomentazioni sono ricavate da alcuni spettacoli esibiti nell’ambito della recente rassegna berlinese Theatertreffen.


di Massimo Bertoldi


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