Vincitore del XV Premio Limina come migliore pubblicazione italiana di studi sul cinema del 2016, il volume di Cristina Jandelli indaga lattore e la recitazione in uno dei momenti più affascinanti ed enigmatici della storia del cinema: quello che va dalle origini sino agli anni Trenta, prima che lintroduzione del sonoro ridefinisse le regole del mestiere. E lo fa attraverso la ricognizione dellinquadratura più dibattuta del linguaggio filmico, il primo piano, analizzata dal punto di vista dellinterprete che presta il proprio volto allinvestigazione ravvicinata della macchina da presa. Molte le domande a cui lautrice cerca di rispondere. Cosa pensavano quei primi dilettanti “muti” che si accalcavano nei teatri di posa per prestare il proprio volto a sberleffi e acrobazie, a scenette quotidiane e situazioni classiche del teatro dellarte, fino allapostrofe al pubblico, che corrisponde allo sguardo in macchina nelle brevi inquadrature di smorfie? Come si ponevano quegli attori non più (e non ancora) attori in quanto privati di un copione da declamare, ma anche delle altre componenti dello spettacolo, pubblico in primis? E ancora, come riuscirono alcuni di quei dilettanti a diventare delle vere e proprie star (basti pensare a Rodolfo Valentino)? In che modo il gesticolare senza parole divenne un atto cosciente, addirittura un momento di autopromozione? In altre parole: come nacque lattore cinematografico? Le risposte si dipanano attraverso quattro capitoli, anzi, «quattro tempi» (p. 12), di una storia che narra la presa di consapevolezza da parte dellattore di come, «grazie alla ripresa ravvicinata sul volto, ottiene la massima attenzione esponendosi a unardita vicinanza con il mondo interiore dello spettatore attraverso la mediazione del personaggio» (p. 11). Ma Jandelli non trascura le altre sfumature della storia, come quella della sofferenza di tante dive che non riuscirono a trovare il loro ruolo nella società – basti pensare alla tragica vicenda di Ruan Lingyu, cui è dedica la copertina del volume – o della capacità delle ideologie, della crisi economica e delle dittature, di disciplinare il potere del nascente cinema.
di Lorena Vallieri
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