A undici anni dalla sua scomparsa, la storica
rivista del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma dedica lultimo numero
del 2016 ad Alida Valli, grande
interprete che ha attraversato le alterne fasi della storia sociale e culturale
italiana. Il presente volume esce in occasione della donazione del Fondo Alida
Valli al CSC, unacquisizione importante per studiosi e storici del cinema in
grado di offrire numerosi spunti per ricerche future.
Marcello
Seregni ripercorre, con riferimento a documenti scritti e
a fonti promozionali dellepoca, la vicenda produttiva e la ricezione de Il
feroce Saladino (Mario Bonnard,
1937), il primo film in cui lattrice ha recitato abbandonando il proprio nome
nobiliare e riscuotendo un largo successo di pubblico e di critica.
Raffaele
De Berti analizza limmagine dellattrice promossa dalle
riviste di cinema e in generale dalla stampa tra gli anni Trenta e limmediato
dopoguerra, quando numerosi servizi fotografici, approfondimenti biografici e
interviste istituiscono una relazione tra il personaggio cinematografico e la
nascente figura divistica. Secondo De Berti, nelle pagine illustrate «la
rappresentazione della Valli […] riassume in sé le contraddizioni del tempo
rispetto al fenomeno divistico» (p. 31), in bilico tra la fascinazione per il
modello estero di diva allamericana e lidentificazione dellattrice con
limmaginario femminile nazionale mediante i ruoli di moglie e madre.
Francesco
Pitassio, focalizzandosi sul contesto della cultura
cinematografica del secondo dopoguerra, rileva significative divergenze tra la
rappresentazione visiva della Valli nelle riviste e il suo effettivo impiego
sulle scene. Se nellultima fase del fascismo la diva è promotrice di un tipo
di bellezza italiana lontana dai caratteri mediterranei, nel mutato panorama
del secondo dopoguerra Valli pare collocarsi ai margini delle principali tendenze
volte da un lato alla «ridefinizione delle tipologie divistiche» e dallaltro
alla «valorizzazione dellautenticità» (p. 45) (si pensi alla Magnani).
Lola
Breaux si concentra sul periodo hollywoodiano dellattrice
segnato dalla collaborazione con il produttore Selznick, dedicando
unanalisi testuale ai ruoli della Valli ne Il caso Paradine (Alfred Hitchcock, 1947) e ne Il
terzo uomo (Carol Reed, 1949) in
rapporto allimmaginario divistico creato intorno a lei.
Mariapaola
Pierini propone di considerare il periodo americano della diva
(e la sua ricezione nel contesto italiano) a partire dal modo in cui questo
viene raccontato e interpretato nella rubrica curata dal marito dellattrice Oscar de Mejo per la rivista
«Fotogrammi» tra il gennaio 1947 e il marzo 1949.
Giovanna
Maina delinea la fase più matura della carriera dellattrice quando, come avviene
per altre colleghe italiane, prende parte a produzioni di genere horror e
thriller in grado di riconfigurarne il corpo «alla luce di determinati
immaginari culturali e rapporti di genere» (p. 80). Da Occhi senza volto
(Georges Franju, 1959) al caso
emblematico di Suspiria (Dario
Argento, 1977), la studiosa evidenzia una non comune inclinazione della
Valli a mettersi alla prova, accettando di interpretare figure controverse e
problematiche.
La sezione dedicata ai saggi si chiude con il
contributo di Federico Vitella che
approfondisce i caratteri del fandom italiano nellambito del vasto culto
divistico della Valli sviluppatosi durante il fascismo. Lo studioso esamina un
cospicuo corpus di lettere di suoi ammiratori risalenti al quinquennio
1937-1941, registrando espressioni di ammirazione, proposte di amicizia, richieste
di fotografie autografate e, addirittura, domande di donazioni caritatevoli.
Nella sezione Focus, Cristina Colet prende in esame alcune interpretazioni che hanno
segnato la carriera dellattrice, dimostrandone le doti recitative, la notevole
capacità di immedesimarsi nei propri personaggi e di lavorare in sinergia con
partner maschili quali Amedeo Nazzari,
Carlo Ninchi e Fosco Giachetti.
Meris
Nicoletto si occupa del caso Valli nel contesto della promozione
di una moda nazionale attuata dagli anni Trenta anche dallindustria
cinematografica: sebbene inizialmente labbigliamento dellattrice non sia
stato gradito dal pubblico e dalla critica, in seguito il suo look viene a tal
punto valorizzato dai costumisti da diventare un modello di riferimento per
nuove tendenze.
Lucia
Cardone, a partire da lettere e documenti privati, dà
conto dei rapporti di amicizia e di affettuosa collaborazione tra la Valli e un
gruppo di donne (su tutte la sua ammiratrice Bibi Campanella) che la sostennero
negli anni dando vita a una importante rete di relazioni femminili.
In Appendice, Laura Pompei si occupa di illustrare il contenuto del Fondo Alida
Valli per tipologie documentali, mentre Mariana
Cipriani presenta il relativo corpus fotografico, contenente anche numerosi
scatti della sfera privata dellattrice, che la raffigurano con familiari e
amici.
Chiude il corposo volume un excursus di Gian Piero Brunetta incentrato sul modo
in cui le riviste illustrate hanno rappresentato la Valli nelle loro copertine.
Si individua un «processo di divinizzazione […] continuamente interrotto» (p.
154) nellalternanza di raffigurazioni che ne esaltano la fotogenia e che la
ritraggono in contesti quotidiani.
di Eleonora Sforzi
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