«Il
vescovo ufficiò pontificalmente ai primi vespri. Egli trovò riuniti quaranta
sacerdoti in piviale e membri di tutti gli ordini religiosi: si eseguirono
concerti di voci e di strumenti da credere di essere in piena Europa. Dopo i
Vespri si fece la processione solenne per le vie della città, il vescovo sotto
il baldacchino portava un pezzo della croce e alcune reliquie del beato Padre.
I sacerdoti della Compagnia, i fratelli e gli allievi del seminario seguivano
cantando salmi accompagnati da strumenti. Venivano poi le confraternite della
città con le loro croci e gli stendardi dei loro protettori. Tutti i
confratelli, rivestiti di sacco, avevano in mano delle torce ornate di fiori
[…]. Il governatore della città disse che, se avesse preveduto una così bella
cerimonia, avrebbe fatto spazzare ed addobbare le strade e fatto erigere un
palco per sé per poter contemplare con agio tutte le meraviglie» (pp. 86-87).
Correva
lanno del Signore 1610 e a Nagasaki i padri Gesuiti festeggiavano la
beatificazione di SantIgnazio di Loyola,
elevato allonore degli altari il 27 luglio 1609 da papa Paolo V. Quando dodici anni più tardi Gregorio XV proclamò santo il fondatore dellordine la persecuzione
contro i cristiani era giunta alla sua stagione più tragica. Nel 1614, infatti,
un editto dello shogun aveva
decretato lespulsione dal Giappone di tutti i missionari, la chiusura delle
chiese e il divieto della pratica pubblica e privata della fede cattolica, giudicata
pericolosa per il paese. Il fasto delle solenni liturgie e delle recite degli
allievi dei collegi qui istituiti dai padri lasciò allora il posto al theatrum martyrum delle cruente
persecuzioni, in cui i convertiti offrivano il sacrificio della loro vita per
la gloria del martirio.
Lavventura
scenica dei gesuiti in Giappone di Giovanni
Isgrò guida il lettore sulle tracce di questa interessante e poco studiata
esperienza di esportazione delle forme del teatro sacro messe a punto in seno
alla congregazione gesuita chiamata a diffondere lo spirito controriformista
del Concilio di Trento anche nellestremo Oriente. Della recitazione i gesuiti avevano
saputo fare un prezioso strumento per leducazione dei giovani alla pratica
delle virtù cristiane, allosservanza dei divini precetti, ma anche
alleloquenza e alle abilità indispensabili per una partecipazione attiva alla
vita civile degli educandi.
Sul
successo delle recite promosse dai padri, iniziate nel 1554 con lapertura
dellanno accademico del Collegio Romano, esiste una vasta bibliografia, che ha
messo in luce tanto il valore pedagogico del loro teatro, conformemente alla Ratio Studiorum adottata dai collegi dal
1599, quanto linfluenza esercitata dalla scena dei gesuiti sulla drammaturgia
e sullo spettacolo europei coevi. Tra i contributi italiani più rilevanti si
vedano almeno I gesuiti e i primordi del
teatro barocco in Europa, a cura di M. Chiabò e F. Doglio, Roma, Torre dOrfeo,
1995; e il fine saggio di F. Taviani, Il
teatro per i Gesuiti: una questione di metodo, in Alle origini dellUniversità dellAquila. Cultura, università, collegi gesuitici
allinizio delletà moderna in Italia meridionale, a cura di F. Iappelli e
U. Parente, Roma, Istitum Historicum, 2000. A questi studi saranno da accostare
le ricerche dello stesso Isgrò dedicate in particolare alle recite promosse in
Sicilia, a Palermo, e nelle missioni delle colonie spagnole del Centro e del
Sud America.
Isgrò
accresce dunque con queste pagine sulla avventura dei gesuiti in Giappone il corpus degli studi su un fenomeno di
grande complessità, considerando puntualmente gli aspetti interrelati della
pratica teatrale (scenotecnica, drammaturgia, recitazione); della pedagogia
(mnemotecnica, retorica, eduzione al canto, alla recitazione e alle lingue
portoghese e latina); e dellevangelizzazione. Il risultato delle sue ricerche
confluisce in un capitolo fino ad ora mancante della storia dello spettacolo, breve
ma efficace, attento agli effetti dellesportazione della cultura occidentale
in terra nipponica. Il maggior merito dellopera sta nel puntuale impiego delle
fonti, pubblicate per la prima volta in due utili appendici che accolgono ledizione
di alcune lettere in italiano e in portoghese inviate dai gesuiti dal Giappone
tra il 1615 e 1624 a padre Pietro
Spienelli, al preposto generale Claudio
Acquaviva e a padre Bernardino
Confalonerio.
Chiude
il volume un apparato iconografico che, pur sinteticamente, restituisce una
memoria visiva della cultura artistica esportata in Giappone con lapertura da
parte dei padri di laboratori darte e di due tipografie a Nagasaki e a Kyoto.
Questi materiali, dinteressante consultazione, rendono limmagine sfaccettata di
un mondo cui Isgrò ha saputo accostarsi con strumenti critici appropriati, mettendo
in risalto le differenze delle culture, delle fedi e dei sistemi rappresentativi
coinvolti, tra XVI e XVII secolo, in un difficile dialogo
di civiltà.
di Claudio Passera
|
|