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Giovanni Isgrò

L’avventura scenica dei gesuiti in Giappone


Bari, Edizioni di pagina, 2016, 160 pp., euro 16,00
ISBN 9788874705085

«Il vescovo ufficiò pontificalmente ai primi vespri. Egli trovò riuniti quaranta sacerdoti in piviale e membri di tutti gli ordini religiosi: si eseguirono concerti di voci e di strumenti da credere di essere in piena Europa. Dopo i Vespri si fece la processione solenne per le vie della città, il vescovo sotto il baldacchino portava un pezzo della croce e alcune reliquie del beato Padre. I sacerdoti della Compagnia, i fratelli e gli allievi del seminario seguivano cantando salmi accompagnati da strumenti. Venivano poi le confraternite della città con le loro croci e gli stendardi dei loro protettori. Tutti i confratelli, rivestiti di sacco, avevano in mano delle torce ornate di fiori […]. Il governatore della città disse che, se avesse preveduto una così bella cerimonia, avrebbe fatto spazzare ed addobbare le strade e fatto erigere un palco per sé per poter contemplare con agio tutte le meraviglie» (pp. 86-87).

Correva l’anno del Signore 1610 e a Nagasaki i padri Gesuiti festeggiavano la beatificazione di Sant’Ignazio di Loyola, elevato all’onore degli altari il 27 luglio 1609 da papa Paolo V. Quando dodici anni più tardi Gregorio XV proclamò santo il fondatore dell’ordine la persecuzione contro i cristiani era giunta alla sua stagione più tragica. Nel 1614, infatti, un editto dello shogun aveva decretato l’espulsione dal Giappone di tutti i missionari, la chiusura delle chiese e il divieto della pratica pubblica e privata della fede cattolica, giudicata pericolosa per il paese. Il fasto delle solenni liturgie e delle recite degli allievi dei collegi qui istituiti dai padri lasciò allora il posto al theatrum martyrum delle cruente persecuzioni, in cui i convertiti offrivano il sacrificio della loro vita per la gloria del martirio. 

L’avventura scenica dei gesuiti in Giappone di Giovanni Isgrò guida il lettore sulle tracce di questa interessante e poco studiata esperienza di esportazione delle forme del teatro sacro messe a punto in seno alla congregazione gesuita chiamata a diffondere lo spirito controriformista del Concilio di Trento anche nell’estremo Oriente. Della recitazione i gesuiti avevano saputo fare un prezioso strumento per l’educazione dei giovani alla pratica delle virtù cristiane, all’osservanza dei divini precetti, ma anche all’eloquenza e alle abilità indispensabili per una partecipazione attiva alla vita civile degli educandi.

Sul successo delle recite promosse dai padri, iniziate nel 1554 con l’apertura dell’anno accademico del Collegio Romano, esiste una vasta bibliografia, che ha messo in luce tanto il valore pedagogico del loro teatro, conformemente alla Ratio Studiorum adottata dai collegi dal 1599, quanto l’influenza esercitata dalla scena dei gesuiti sulla drammaturgia e sullo spettacolo europei coevi. Tra i contributi italiani più rilevanti si vedano almeno I gesuiti e i primordi del teatro barocco in Europa, a cura di M. Chiabò e F. Doglio, Roma, Torre d’Orfeo, 1995; e il fine saggio di F. Taviani, Il teatro per i Gesuiti: una questione di metodo, in Alle origini dell’Università dell’Aquila. Cultura, università, collegi gesuitici all’inizio dell’età moderna in Italia meridionale, a cura di F. Iappelli e U. Parente, Roma, Istitum Historicum, 2000. A questi studi saranno da accostare le ricerche dello stesso Isgrò dedicate in particolare alle recite promosse in Sicilia, a Palermo, e nelle missioni delle colonie spagnole del Centro e del Sud America.

Isgrò accresce dunque con queste pagine sulla avventura dei gesuiti in Giappone il corpus degli studi su un fenomeno di grande complessità, considerando puntualmente gli aspetti interrelati della pratica teatrale (scenotecnica, drammaturgia, recitazione); della pedagogia (mnemotecnica, retorica, eduzione al canto, alla recitazione e alle lingue portoghese e latina); e dell’evangelizzazione. Il risultato delle sue ricerche confluisce in un capitolo fino ad ora mancante della storia dello spettacolo, breve ma efficace, attento agli effetti dell’esportazione della cultura occidentale in terra nipponica. Il maggior merito dell’opera sta nel puntuale impiego delle fonti, pubblicate per la prima volta in due utili appendici che accolgono l’edizione di alcune lettere in italiano e in portoghese inviate dai gesuiti dal Giappone tra il 1615 e 1624 a padre Pietro Spienelli, al preposto generale Claudio Acquaviva e a padre Bernardino Confalonerio.

Chiude il volume un apparato iconografico che, pur sinteticamente, restituisce una memoria visiva della cultura artistica esportata in Giappone con l’apertura da parte dei padri di laboratori d’arte e di due tipografie a Nagasaki e a Kyoto. Questi materiali, d’interessante consultazione, rendono l’immagine sfaccettata di un mondo cui Isgrò ha saputo accostarsi con strumenti critici appropriati, mettendo in risalto le differenze delle culture, delle fedi e dei sistemi rappresentativi coinvolti, tra XVI e XVII secolo, in un difficile dialogo di civiltà.



di Claudio Passera


La copertina

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