Il volume è una
raccolta di saggi nata in seguito alla giornata di studio tenutasi allUniversità
del Piemonte Orientale, Vercelli, il 6 giugno 2014, con il coordinamento
scientifico di Michele Mastroianni. I
sette contributi si configurano come sondaggi approfonditi e inediti delle
tragedie francesi, italiane e spagnole che, con le loro scelte formali e
contenutistiche, hanno condotto al “rinascimento” del genere tragico in età
moderna.
Sabine
Lardon
(Les débuts de la tragédie française à
lantique et lengagement pour lillustration de la langue française […], pp.
15-45) analizza la Didon
se sacrifiant di Étienne Jodelle
secondo due parametri, Élocution e Prononciation, come previsto dalla Rhétorique française di Antoine
Fouquelin (1555). Lo scopo è mostrare come lautore abbia saputo coniugare il
modello epico virgiliano con quello tragico senecano, per dare alla lingua
francese unopera che potesse definitivamente nobilitarla, provvedendola di uno
stile sublime. In conclusione del saggio merita attenzione la ricostruzione,
effettuata a partire dagli indizi di actio
ed elocutio disseminati nel testo, della
mise en scène pensata da Jodelle.
Maurizio Busca (pp. 47-67) indaga le fonti
alternative a Seneca nella Médée di La Péruse. Lo studioso individua nel
testo francese le influenze di quattro generi (tragico, elegiaco, epico e
lirico) riscontrandovi permanenze euripidee (Μήδεια) mediante la traduzione latina di George Buchanan; elementi ovidiani (Heroides, XII e libro VII delle Metamorfosi),
virgiliani e, infine, ronsardiani.
Paola Cifarelli (Lexique des émotions et syntaxe de
lémotivité dans la première Sophonisba française [1556], pp. 69-89) prende
in esame il lavoro congiunto di traduzione svolto da Mellin de Saint-Gelais e Jacques
Amyot, incaricati da Caterina de Medici di tradurre in francese la Sofonisba di Gian Giorgio Trissino. In
particolare, la studiosa si concentra sullanalisi del lessico delle emozioni
scelto dai due traduttori, allo scopo di mostrarne loriginalità compositiva.
Dario Cecchetti (Seneca nel Serraglio. “La Soltane” di
Gabriel Bounin, pp. 91-121) si occupa di una tragedia del 1561 ispirata a
un evento storico: luccisione del legittimo erede al trono del sultano Solimano
il Magnifico. Il successo di questa drammaturgia fu assicurato dallattualità
del soggetto, nonché dalla peculiare ambientazione delle vicende, ovvero il
serraglio: la reggia del sultano, luogo inaccessibile e favoloso, costituiva
infatti un fertile humus mitopoietico.
Cecchetti dedica ampio spazio alla disamina della tematica mitologica: i
riferimenti ai miti che punteggiano la tragedia sono, nonostante
lambientazione turchesca, greco-latini, là dove il modello è il corpus tragico senecano. In Appendice (pp. 115-121) è registrata la
prima scena dellatto primo della tragedia.
Michele Mastroianni (Roland Brisset traducteur/imitateur. Le modèle sénéquien dans la
tragédie française de la Renaissance, pp. 123-176) illustra
la raccolta di tragedie di Roland Brisset edita nel 1589: un corpus di testi dimpronta senecana
proposti come modello per il futuro sviluppo del genere tragico. Il focus riguarda i concetti di “traduzione”
e “imitazione”, le due procedure che caratterizzano la produzione drammaturgica
del XVI secolo. Alla parte teorica Mastroianni fa seguire lanalisi di alcuni
brani dellHercule Furieux illustrando
come avveniva nella pratica il processo di traduzione e riscrittura del testo senecano,
nella prospettiva della creazione di un nuovo, moderno linguaggio tragico.
Delleredità
classica del teatro moderno si occupa Paola
Trivero (pp. 177-190), che ripercorre lo sviluppo del genere tragico nel
Cinquecento italiano. Ci si sofferma in particolare sulla citata Sofonisba (1524) di Trissino, sulla Rosmunda (1525) di Giovanni Rucellai e sullAntigone (1532) di Luigi Alamanni,
fedeli alla teorie aristoteliche e alle trame sofoclee. Si parla poi dellorrifica
Orbecche (1541) di Giraldi Cinzio,
che coraggiosamente si allontana dallapplicazione pedissequa delle norme
aristoteliche per seguire più liberamente il modello latino costituito dalle
tragedie di Seneca. Pagine interessanti (183 ss.) sono dedicate ad altri
epigoni dello stile senecano: Muzio Manfredi (Semiramis, 1593), Sperone Speroni (Canace, 1542) e Antonio Decio (Acripanda,
1598).
Infine Marcella
Trambaioli esamina la caratterizzazione delle protagoniste femminili nelle
tragedie di Cristóbal de Virués (pp.
191-235), individuando due paradigmi: quello della víctima vengadora e quello della víctima mártir. Il primo paradigma corrisponde alle figure di
Semíramis, Casandra e Flaminia: personaggi ambivalenti, il cui spessore tragico
emerge dal contrasto tra il polo positivo dei loro sentimenti di amore e
rimorso e il polo negativo della loro volontà di vendetta. Il secondo paradigma
trova esempi in Elisa Dido e in Marcela, figure femminili decisamente più
monolitiche, prive di conflittualità interiore: in sintesi, di minor efficacia
tragica. Ciononostante, Elisa Dido è
il testo in cui de Virués si attiene maggiormente alle regole della tragedia
classica. Daltronde, tutte le opere degli autori esaminati in questa
pubblicazione testimoniano come la scrittura tragica cinquecentesca sia allinsegna
di una continua sperimentazione alla ricerca del migliore compromesso tra
tradizione e innovazione.
di Arianna Capirossi
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