Il
Barocco fu anche una conseguenza dei sommovimenti culturali seguiti alla
scoperta dellAmerica: questa, in sintesi, la tesi di Nicoletta Lepri. Utilizzando unamplia bibliografia e una chiave
di lettura “americanista”, lautrice documenta le relazioni tra limpresa di
Cristoforo Colombo, politica europea, fenomeni religiosi riformistici e
controriformistici e le nuove esigenze espressive degli artisti del tempo. Lobiettivo
è in primo luogo lindividuazione di «tematiche e immagini cinquecentesche
ricorrenti, poste in rapporto con le idee e i valori estetici affermatisi dopo
lincontro della cristianità con il Nuovo Mondo ed espressi in particolar modo
dallarte manierista» (p. 14).
Nella
Introduzione (pp. 13-35) Lepri
storicizza il cosiddetto Manierismo mediante exempla, non solo in ambito figurativo ma anche scientifico (la
critica del pensiero aristotelico), letterario (Tasso), teatrale (con una particolare attenzione alla realtà
fiorentina) e religioso. Si pensi alloriginale accostamento tra lestasi di Santa Teresa dAvila e il camerino delle meraviglie, ricco di
oggetti provenienti dal Nuovo Mondo, visitato dalla santa in casa della
duchessa dAlba (p. 20).
Il
volume è diviso in tre capitoli. Nel primo (Un
mondo rotondo) la studiosa classifica le molteplici iconografie manieristico-barocche
dettate dallinfluenza americana: “moto pendolare” e “moto circolare”, “mondo
rotondo”, “sacre suggestioni”, “andar per acqua”, “passare il mare”, “minaccia
turca”, “nuovo classicismo”, Bisanzio-Costantinopoli, nani e giganti, circoli e
sfere. Tali soggetti sono individuati sia nelle opere di pittori celebri (Dürer, Andrea Mantegna, Bosch, Giambattista Tiepolo, Giovanni Bellini, Parmigianino, Vasari),
sia in anonimi dipinti di aerea europea e ispano-americana.
Si
parla poi della iconografia delle Americhe in ambito europeo tra la fine del
Cinquecento e il secolo successivo. Una delle prime testimonianze figurative è lallegoria
del Nuovo Continente eseguita nella controfacciata effimera della chiesa di San
Lorenzo, realizzata a Firenze in occasione delle esequie in effigie di Filippo II (10 novembre 1598).
Nel
secondo capitolo (Toscana dei Medici e il
Nuovo Mondo) Lepri approfondisce il legame tra gli apparati effimeri
fiorentini e liconografia del Nuovo Mondo. Nel 1539 Cosimo I fece inserire le personificazioni del Messico e del Perù
in uno degli archi che diedero il benvenuto alla promessa sposa Eleonora di Toledo. Nel 1565, per i
festeggiamenti nuziali di Francesco de
Medici con Giovanna dAustria,
furono introdotti riferimenti alle Americhe nellapparato viario allestito fra
il palazzo degli Spini e il ponte Santa Trinita.
I
Medici guardarono con attenzione ai “reperti” doltreoceano. I manoscritti delle
loro collezioni documentano linteresse di costoro per le carte nautiche, gli
atlanti, le relazioni di viaggio. Prezioso il codice illustrato di origine
messicana (il Florentius) contenente
lHistoria general de las cosas de Nueva
España di Bernardino de Sahagún
(ora alla Laurenziana). Non mancarono i cosiddetti exotica, tra cui i mantelli tupinamba in penne rosse e la maschera
lignea mixteca ricoperta di frammenti di turchese (appartenuti a Cosimo I). Pietre
colorate doltreoceano, monili a mosaico, ornamenti in oro e pietra dura trovarono
un fertile innesto nella tradizione glittica fiorentina.
Nel
terzo capitolo (Luno e laltro mondo),
una prima parte è dedicata alliconografia di Ercole. Il semidio diventa
emblema anche delle eroiche conquiste americane, mentre i selvaggi
simboleggiano le nuove colonne dErcole. Si sa che i potenti dellEuropa delle
corti si fecero spesso ritrarre in sembianze erculee. Un diffuso topos altomimetico. Si pensi alla celebre
scritta «Iure tibi Hercules sumpsisti signa columnas» apposta sulla nave-catafalco
realizzata per le esequie di Carlo V
a Bruxelles (1559). Liconografia delleroe, è noto, fu un elemento saliente anche
degli spettacoli cortigiani e dei teatri accademici e di corte. Si pensi
allevemerismo erculeo attestato nellOlimpico di Vicenza e nel teatro di
Sabbioneta. A Firenze il fortunato episodio di Ercole al bivio fu rappresentato nel Salone dei Cinquecento nel II
intermezzo de I Fabii di Lotto del Mazza in occasione del
battesimo di Eleonora, primogenita di Francesco de Medici (1568). E giova qui
ricordare gli studi di Sara Mamone e
di Stefano Mazzoni.
Altri
soggetti derivati da cieli e terre nuove
colpirono la fantasia degli artisti barocchi: vedute marine, pastori adoranti
dalla carnagione bruna, animali esotici. Valga da esempio il disegno
tardo-seicentesco di Ludovico Ottaviano
Burnacini, Carro da caccia con figure
della Commedia dellArte, conservato alla Österreichische Nationalbibliothek
di Vienna. Il carro, trainato da maschere, è guidato da Arlecchino in groppa a
un “esotico” tacchino. Anche
liconografia dantesca viene reinterpretata alla luce del simbolismo
post-colombiano. La barca di Caronte assume laspetto di una caravella; gli
indigeni diventano creature infernali, tali da giustificare gli abomini dei
conquistatori.
Analogamente
il tripudio di piume nelle rappresentazioni figurative tra Cinque e Seicento è
riconducibile alle suggestioni doltreoceano. Abbondanti piumaggi arricchirono le
livree tradizionali medicee. Baccio del
Bianco elaborò sontuosi cappelli piumati per la rappresentazione delle Nozze degli Dei nel secondo cortile di
palazzo Pitti (1637). Ma le piume sono anche emblema della volatilità, della
fugacità, del desengaño de la vida
(ossia vanidades).
In
breve: un volume multidisciplinare, denso di citazioni, immagini, nomi e
collegamenti al passato e al futuro, talvolta sorprendenti. Un libro “barocco”.
di Diana Perego
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