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Nicoletta Lepri

Cultura visiva e nuovo mondo. Immagini occidentali e colonie americane tra XVI e XVII secolo


Firenze, Polistampa, 2015, 334 pp., euro 22,00
ISBN 978-88-596-1474-6

Il Barocco fu anche una conseguenza dei sommovimenti culturali seguiti alla scoperta dell’America: questa, in sintesi, la tesi di Nicoletta Lepri. Utilizzando un’amplia bibliografia e una chiave di lettura “americanista”, l’autrice documenta le relazioni tra l’impresa di Cristoforo Colombo, politica europea, fenomeni religiosi riformistici e controriformistici e le nuove esigenze espressive degli artisti del tempo. L’obiettivo è in primo luogo l’individuazione di «tematiche e immagini cinquecentesche ricorrenti, poste in rapporto con le idee e i valori estetici affermatisi dopo l’incontro della cristianità con il Nuovo Mondo ed espressi in particolar modo dall’arte manierista» (p. 14).

Nella Introduzione (pp. 13-35) Lepri storicizza il cosiddetto Manierismo mediante exempla, non solo in ambito figurativo ma anche scientifico (la critica del pensiero aristotelico), letterario (Tasso), teatrale (con una particolare attenzione alla realtà fiorentina) e religioso. Si pensi all’originale accostamento tra l’estasi di Santa Teresa d’Avila e il camerino delle meraviglie, ricco di oggetti provenienti dal Nuovo Mondo, visitato dalla santa in casa della duchessa d’Alba (p. 20).

Il volume è diviso in tre capitoli. Nel primo (Un mondo rotondo) la studiosa classifica le molteplici iconografie manieristico-barocche dettate dall’influenza americana: “moto pendolare” e “moto circolare”, “mondo rotondo”, “sacre suggestioni”, “andar per acqua”, “passare il mare”, “minaccia turca”, “nuovo classicismo”, Bisanzio-Costantinopoli, nani e giganti, circoli e sfere. Tali soggetti sono individuati sia nelle opere di pittori celebri (Dürer, Andrea Mantegna, Bosch, Giambattista Tiepolo, Giovanni Bellini, Parmigianino, Vasari), sia in anonimi dipinti di aerea europea e ispano-americana.

Si parla poi della iconografia delle Americhe in ambito europeo tra la fine del Cinquecento e il secolo successivo. Una delle prime testimonianze figurative è l’allegoria del Nuovo Continente eseguita nella controfacciata effimera della chiesa di San Lorenzo, realizzata a Firenze in occasione delle esequie in effigie di Filippo II (10 novembre 1598).

Nel secondo capitolo (Toscana dei Medici e il Nuovo Mondo) Lepri approfondisce il legame tra gli apparati effimeri fiorentini e l’iconografia del Nuovo Mondo. Nel 1539 Cosimo I fece inserire le personificazioni del Messico e del Perù in uno degli archi che diedero il benvenuto alla promessa sposa Eleonora di Toledo. Nel 1565, per i festeggiamenti nuziali di Francesco de’ Medici con Giovanna d’Austria, furono introdotti riferimenti alle Americhe nell’apparato viario allestito fra il palazzo degli Spini e il ponte Santa Trinita.

I Medici guardarono con attenzione ai “reperti” d’oltreoceano. I manoscritti delle loro collezioni documentano l’interesse di costoro per le carte nautiche, gli atlanti, le relazioni di viaggio. Prezioso il codice illustrato di origine messicana (il Florentius) contenente l’Historia general de las cosas de Nueva España di Bernardino de Sahagún (ora alla Laurenziana). Non mancarono i cosiddetti exotica, tra cui i mantelli tupinamba in penne rosse e la maschera lignea mixteca ricoperta di frammenti di turchese (appartenuti a Cosimo I). Pietre colorate d’oltreoceano, monili a mosaico, ornamenti in oro e pietra dura trovarono un fertile innesto nella tradizione glittica fiorentina.

Nel terzo capitolo (L’uno e l’altro mondo), una prima parte è dedicata all’iconografia di Ercole. Il semidio diventa emblema anche delle eroiche conquiste americane, mentre i selvaggi simboleggiano le nuove colonne d’Ercole. Si sa che i potenti dell’Europa delle corti si fecero spesso ritrarre in sembianze erculee. Un diffuso topos altomimetico. Si pensi alla celebre scritta «Iure tibi Hercules sumpsisti signa columnas» apposta sulla nave-catafalco realizzata per le esequie di Carlo V a Bruxelles (1559). L’iconografia dell’eroe, è noto, fu un elemento saliente anche degli spettacoli cortigiani e dei teatri accademici e di corte. Si pensi all’evemerismo erculeo attestato nell’Olimpico di Vicenza e nel teatro di Sabbioneta. A Firenze il fortunato episodio di Ercole al bivio fu rappresentato nel Salone dei Cinquecento nel II intermezzo de I Fabii di Lotto del Mazza in occasione del battesimo di Eleonora, primogenita di Francesco de’ Medici (1568). E giova qui ricordare gli studi di Sara Mamone e di Stefano Mazzoni.  

Altri soggetti derivati da cieli e terre nuove colpirono la fantasia degli artisti barocchi: vedute marine, pastori adoranti dalla carnagione bruna, animali esotici. Valga da esempio il disegno tardo-seicentesco di Ludovico Ottaviano Burnacini, Carro da caccia con figure della Commedia dell’Arte, conservato alla Österreichische Nationalbibliothek di Vienna. Il carro, trainato da maschere, è guidato da Arlecchino in groppa a un “esotico” tacchino.

Anche l’iconografia dantesca viene reinterpretata alla luce del simbolismo post-colombiano. La barca di Caronte assume l’aspetto di una caravella; gli indigeni diventano creature infernali, tali da giustificare gli abomini dei conquistatori.

Analogamente il tripudio di piume nelle rappresentazioni figurative tra Cinque e Seicento è riconducibile alle suggestioni d’oltreoceano. Abbondanti piumaggi arricchirono le livree tradizionali medicee. Baccio del Bianco elaborò sontuosi cappelli piumati per la rappresentazione delle Nozze degli Dei nel secondo cortile di palazzo Pitti (1637). Ma le piume sono anche emblema della volatilità, della fugacità, del desengaño de la vida (ossia vanidades).

In breve: un volume multidisciplinare, denso di citazioni, immagini, nomi e collegamenti al passato e al futuro, talvolta sorprendenti. Un libro “barocco”.



di Diana Perego


Cultura visiva e nuovo mondo. Immagini occidentali e colonie americane tra XVI e XVII secolo

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