Lultimo
fascicolo della rivista «Bianco e nero» è un corposo
doppio numero che mette a fuoco il genere e le
forme dellautobiografia. Nella premessa Federica
Villa, la curatrice della consistente parte monografica, delinea il
percorso teorico che fin dagli anni Settanta ha portato a riflettere sul «traboccante
fenomeno della scrittura del sé» (p. 11) oltre il tradizionale ambito
letterario, investendo il campo degli audiovisivi. La scrittura biografica
diventa lo spazio di esercizio e il punto di partenza per diverse esperienze
creative. Il panorama descritto è vasto e frammentato: si passa in rassegna il
cinema, con il sottogenere del biopic,
passando per le esperienze videoartistiche davanguardia e per i repertori
fotografici dautore, fino ad arrivare alle pratiche private degli home movies.
Sono
quattro le sezioni che compongono questo numero, corrispondenti a quattro campi
di ricerca diversi.
La
prima presenta esempi dellincontro tra il genere autobiografico e alcune esperienze
cinematografiche e video-produttive. Il percorso artistico di Marco Bellocchio è al centro del saggio
di Marina Pellanda, che si concentra
sugli aspetti memoriali presenti nella filmografia del regista. Sulla stessa
linea Laura Busetta analizza la
scrittura soggettiva di Alina Marazzi,
autrice di documentari incentrati sul riutilizzo di materiali darchivio allo
scopo di far dialogare le vicende personali con la storia collettiva. Luca Malavasi riflette invece sul
rapporto tra performance, media e nuova tecnologia digitale,
analizzando il caso dellopera artistica di Cosimo Terlizzi. Glenda
Franchin si confronta con due lavori molto
lontani tra di loro per linguaggio e tecnica: Dieu sait quoi (1994) del regista Jean-Daniel Pollet e Atelier Cézanne (2013) del fotografo Joel Meyerowitz. Lobiettivo di
Franchin è far emergere il rapporto tra lo spazio dellintimità presente nel
primo e la distanza con le cose nella serie fotografica del secondo. Il
contributo di Claudia Barolo pone
laccento sulla produzione di Alain
Cavalier dagli anni Novanta a oggi: «un cinema in prima persona che
avvicina nei contenuti e nella forma il journal
filmé, abbattendo i costi di produzione e aderendo a pieno alla novità
introdotta dalla tecnologia digitale» (p. 77). Il saggio finale della prima sezione, firmato da Martina Panelli, pone il lavoro di Susan Stryker, studiosa e teorica nel campo dei gender studies e poi regista di
documentari, al centro di una tendenza che vede nuova soggettività e tecnologia
del montaggio inestricabilmente correlati.
La
seconda sezione propone una galleria di ritratti sulle forme dellautobiografia
assunte dalle pratiche artistiche contemporanee e dagli altri media. Deborah Toschi prende in esame i self-portraits biologici nellarte
contemporanea occidentale: rielaborazioni artistiche e soggettive di immagini
utilizzate per scopi scientifici, come le radiografie o le risonanze magnetiche.
Nellarticolo successivo Paola Valenti
analizza lopera dellartista visivo e performer Cesare Viel, da sempre impegnato a “narrarsi” attraverso il racconto, attingendo alla letteratura
degli autori amati, tra i quali Cesare
Pavese, Dino Campana, Ingeborg Bachman e Virginia Woolf. Gli autoscatti di Francesca Woodman sono al centro del contributo di Beatrice Buzzi, che ne esalta «la
rigorosa costruzione di messa in presenza e di messa in scena del corpo e del
soggetto» (p. 103). Simona Pezzano accosta
luso delle tecnologie leggere al desiderio di raccontarsi più intimamente,
come ad esempio nellutilizzo degli smartphones in alcuni
film di Pippo Delbono. Marta Perrotta si concentra invece sulle
forme di storytelling radiofonico,
partendo dal programma Voi siete qui
di Radio 24 condotto da Matteo Caccia,
che rielabora le storie autobiografiche degli ascoltatori.
La
terza sezione è dedicata allo spazio autobiografico aperto dalle nuove
tecnologie. Le forme dellautoetnografia e le pratiche di archivio sono al
centro del saggio firmato da Alice Cati
e Francesca Piredda sul tema dei
migranti e del loro modo di raccontarsi, e di quello di Francesca Scotto Lavina sulle possibilità tecnologiche offerte
dalla rete. Entrambi affrontano le nuove forme di conservazione memoriale
attraverso lanalisi di documenti presenti in archivi multimediali e sul web. Il caso dellimmagine di Osama Bin Laden è al centro del saggio
di Lorenzo Donghi. La parabola del fondatore
di Al-Qaeda è rievocata attraverso le sue video-apparizioni, che contribuiscono
a costruire limmagine del terrorista nemico dellOccidente,
ma delineano anche una sorta di autoritratto del personaggio. La sezione si
conclude con la riflessione di Andreina
Campagna su come lo storytelling
digitale abbia influenzato le forme del racconto autobiografico.
Infine
la quarta sezione si occupa della scrittura
autobiografica per la storia del cinema. Il fandom
autobiografico è al centro del saggio di Federico
Vitella che rievoca la passione per il cinema di una ragazza degli anni
Cinquanta attraverso la ricerca darchivio e la consultazione dei suoi diari. Alberto Pezzotta descrive il suo lavoro
di traduttore per le autobiografie e i libri-intervista ad alcuni grandi uomini
di cinema, come Nicholas Ray, William Friedkin, Alfred Hitchcock e Martin
Scorsese. Gabriella Greison, autrice del libro sulla vita di Giancarlo Giannini, riporta la curiosa esperienza di raccontare in
prima persona gli eventi di un personaggio dello spettacolo.
Immancabili le rubriche anche
in questo doppio numero. Cineteca nazionale
dedica il proprio spazio a un autore marginale come Augusto Tretti, a firma di Domenico Monetti e Luca Pallanch. Come di consueto I
mestieri del Csc propone un approfondimento su alcune
personalità legate al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma:
lintervista a Francesco Frigeri introduce
il lettore al lavoro dello scenografo; Stefano
Bises descrive il suo ruolo di showrunner
per Gomorra la serie (2014, in corso);
Ivan Cotroneo e Monica
Rametta evocano aneddoti sul Centro sperimentale; Gino Ventriglia presenta lo strumento del pitch cinematografico. Laltra
serialità conclude il volume con un pezzo di
Dom Holdaway sul successo globale
della serie TV britannica Black Mirror
(2011, in corso).
di Nicola Stefani
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