In occasione del centenario dalla
nascita, si svolse nel 2012 un doppio convegno, dislocato
ad Avignone e a Parigi, per rievocare e studiare lopera
di Jean Vilar. Con un ritardo di cui
si rammaricano i curatori, ma con uno sguardo
sintetico sui contributi allora forniti, esce un fascicolo maggiorato dei Cahiers dedicato a quegli incontri. Il Sommario già misura lestensione e la
varietà degli interventi, diffusi su tanti lati spesso inediti della
personalità di Vilar: Atti non
integrali, ma significativi, nella scelta di Hélène Laplace-Claverie. Le risorse a cui attingere negli archivi si rivelano ancora vaste e preziose, sicché le
illustrazioni propongono numerosi inediti. Fra questi, dettagli dei bozzetti di
costumi disegnati da Mario Prassinos
(1916-1985) per spettacoli vilariani. Una mostra alla Maison Vilar, da aprile a
maggio 2016, ricorda il pittore.
Jacques Téphany sente leredità di Vilar come un «passé qui ne
passe pas» (p. 7), realtà dal senso molteplice, ma aperta
a interpretazioni e scoperte senzaltro feconde.
Laplace-Claverie fa il punto sullo
stato della conoscenza e della ricerca, partendo proprio dal materiale pubblicato.
Nota la qualità di scrittore di Vilar, lambizione
a una missione di fatto incompiuta, nello sforzo per diventare il drammaturgo
che non trovava fra i contemporanei. Rimarca limpegno artistico posto a garanzia
dogni apporto civile e richiama alcuni aspetti che, rispetto alla Francia, meglio
lo definiscano dallesterno, per «redonner quelque étrangeté à Vilar» (p. 9).
Roland Monod si sofferma sulle letture del giovane Vilar, per
comporre luniverso letterario in cui si mosse lo studente provinciale giunto
da Sète a Parigi. Fino allesito della Chronique
romanesque, sorta di romanzo autobiografico postumo.
Sullautore drammatico indaga anche Florence
Naugrette, ricordando La farce des filles
à marier, allestita nel 1941 e analizzando Dans le plus beau pays du monde, inedita
e non rappresentata fino al 2012. Stile, strutture e funzioni dei personaggi rivelano
il tema insistito della misantropia. Nel testo, modellato su Shakespeare e De Musset, i sentimenti appaiono minati dalla perversità e la
verità trionfa a prezzo della morte (p. 22).
Un importante recupero di inediti è messo a frutto da Jérémie Majorel in Jean Vilar et Jeune France, nel quale si ripercorre lesperienza breve e formativa dellintellettuale in seno allAssociazione culturale dalla fine del 1940 al marzo del 1942: dal contatto con André Clavé e la collaborazione con la sua compagnia, La Roulotte, agli incontri con Pierre Schaeffer e Maurice Blanchot e con gli artisti Gischia, Pignon e Lajarrige. Nella qualità dellimpegno, pedagogico in particolare, già si preparava alle imprese di Avignone e del Théâtre National Populaire, corroborato nella sensibilità ai rapporti col pubblico (p. 29).
I viaggi artistici del TNP sono
esaminati in tre articoli. Cécile Falcon
li scorre in generale e in specifico documenta quelli in America, di cui scorge
il valore strategico, soggetto a criteri istituzionali tendenti a privilegiare
la Comédie-Française. Le tournées in
URSS (quattro, dal 1956) se risentono del clima della guerra fredda, ricevono unaccoglienza
favorevole alle prove della troupe che a Mosca e a Leningrado recita Don Juan, Le Triomphe de lamour e Marie
Tudor e gode di speciali servizi televisivi. Nel suo bilancio, Vilar sosteneva
che «tout régime quel quil soit, entrave et contraint les artistes» (p. 45).
Commenta Autant-Mathieu: «LURSS
apparaît à Vilar comme le pays de toutes séductions et de tous les dangers» (p.
45). Le rappresentazioni date in Germania raggiungono uno scopo
imprevisto, con la rivelazione agli spettatori tedeschi del valore di un Kleist finora misconosciuto: Le Prince de Hombourg è acclamato,
suscita discussioni sulla sua attualità in patria e finisce per influenzare
allestimenti posteriori, quelli ad esempio di Peter Stein (1972) e di Manfred
Karge e Matthias Langhoff (1978).
I rapporti con lItalia sono
ricondotti al confronto tra Paolo Grassi e Vilar. Valentina Garavaglia titola Le courage du théâtre. Deux expériences européennes, entre économie et
connaissance. È appunto nella dialettica fra dimensioni extra-estetiche
che si svolge lanalisi della storica italiana, la quale segnala lorigine
gramsciana dellidea perseguita dal direttore
del Piccolo e individua le ragioni politiche della sua gestione in unItalia tanto
differente dalla Francia. Informa su un gemellaggio fra i due teatri (ipotizzato nel 1960 e abbozzato con LOpera da tre soldi, rappresentata a
Parigi), inteso a uno «scambio reciproco di pubblico» (p. 55).
Marion Denizot individua «convergences, divergences» fra le linee
di Vilar e di Jeanne Laurent, concernenti
il senso del TNP rispetto a quello della décentralisation. Ancora
nel campo istituzionale, Frédérique
Matonti intona a «des affinités électives» il suo Vilar et le Parti Communiste Français (p. 63).
Nel confronto costante col
pubblico, Vilar mostra il «goût de la responsabilité», per Laurent Fleury, che conclude il suo intervento riconducendo alla dimensione
etica la partecipazione civile vilariana (p. 72). Similmente valuta Flore Garcin-Marrou in Penser
avec Jean Vilar aujourdhui.
Si entra in campo estetico con Marcel Freydefont, che tratta della
concezione scenografica nello spazio, e con Louis Montillet, attento alla
distinzione proposta da Vilar fra mise en
scène e régie. Montillet è radicale: «Quelles que soient les formes
esthétiques, ce sont les excès qui caractérisent la notion de mise en scène. A contrario, pour Vilar, régir consiste dans un premier temps à
refuser lautonomie de la représentation par rapport au texte» (p. 83).
Un altro argomento finora
trascurato viene illustrato da Frank
Langlois nel rendiconto sullinchiesta affidata a Vilar dal ministro André Malraux negli anni Sessanta,
sulla riorganizzazione dei Teatri lirici nazionali. Molti i dati numerici
forniti e le osservazioni; fra le proposte, la costruzione di locali più
capienti. Il rapporto sembra
essere rimasto senza conseguenze. Laffermazione paradossale «il fut,
sans le vouloir, un pionnier du Nouveau Théâtre» è avanzata da Jeanyves Guérin, il quale documenta la sua comunicazione con i pareri
critici applicati alle opere contemporanee montate da Vilar: Nuclea di Pichette e La nouvelle Mandragore
di Vauthier.
Anche Sartre è coinvolto, quando sposa la linea di «Théâtre populaire» e
accusa il TNP di non richiamare un pubblico davvero popolare. Chiude la rassegna Vilar en Avignon: un chapitre de lhistoire immatérielle du Palais des
papes di Sophie Biass.
Origini e finalità della Maison
Vilar risaltano nella storia di questa istituzione,
spiegata con passione da Jacques Téphany.
di Gianni Poli
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