Le pubblicazioni scientifiche più riuscite sono forse quelle che anziché
raggiungere un solo scopo, quello prefisso e dichiarato, ne raggiungono due: il
suddetto e uno ad esso correlato. È il caso del volume LAmleto di
Cesare Rossi, edito nella collana “Nuovi Studi Fanesi” della
Biblioteca Federiciana di Fano, ente impegnato da tempo nella valorizzazione
dellarchivio di memorie del “grande attore” marchigiano, la cui importanza per
gli studi sul teatro ottocentesco era già stata segnalata nel 1932 da Adolfo
Mabellini (nellInventario dei manoscritti della Biblioteca
Comunale Federiciana di Fano per Olschki). Per le cure di Sandra Pietrini il libro, chiosando le
parole dintroduzione, intende contribuire alla conoscenza di Cesare Rossi,
slegando il profilo dellapprezzato interprete da quello della giovane Eleonora
Duse, da lui scritturata nel 1879 nella compagnia Città di Torino. Un intento
impegnativo e utile, perseguito da Angela Frattolillo nella
biografia puntuale che introduce al volume. Ad essa segue il ricco saggio di
Pietrini (Un Amleto di più: la Compagnia di Cesare Rossi affronta
Shakespeare), che indaga le scelte del repertorio affrontato da Rossi,
concentrandosi sul suo interesse per il drammaturgo inglese e sullallestimento
torinese del 1878 dellAmleto, adattato ad hoc da Andrea
Maggi. Di questo spettacolo si offre la riproduzione anastatica del copione
e la trascrizione del testo, di cui il saggio conclusivo, firmato da Stefania
Stefanelli (LAmleto di Maggi tra persistenze e innovazione),
mette in risalto ricercatezze linguistiche e valenze espressive drammaturgiche.
Tra le carte pubblicate si segnalano anche quelle del Progetto per una
scuola di declamazione da istituirsi in Torino (1878), allegato da
Rossi a una lettera di ringraziamenti alla municipalità cittadina dopo la
conferma nello stesso anno, per i successivi cinque anni, della concessione in
esclusiva del Teatro Carignano. LAmleto di Maggi è inquadrato dalle tre studiose nel contesto
dei titoli di cartellone della Compagnia Città di Torino, sospeso tra la cauta
proposta di pièces di sicuro successo e lo sperimentalismo di
Rossi, propenso a incursioni nella prima drammaturgia ibseniana dimportazione
e allimpegnativa scoperta dei drammi shakespeariani. Tra propositi pedagogici,
tentativi di fondazione di compagnie stabili e rapporti con attori esigenti,
ricostruiti con un nutrito apparato di note e il ricorso a documenti darchivio
inediti, la figura di Rossi emerge più nitida e definita, come auspicato nella
prefazione. Primo obiettivo raggiunto. Scorrendo i titoli dellindice, si avverte però in controluce un progetto
più ambizioso: seguire le orme di William Shakespeare sulla scena italiana
dellOttocento. Scena esigente, quella del nostro paese, dove un pubblico
sempre più ampio e borghese, abituato ai declamati e agli assolo dei “grandi
attori” richiese traduzioni in prosa dei versi shakespeariani, preferibilmente
“addomesticate” in un linguaggio più colloquiale, e tanto epurate dalle
pesantezze delle trame politiche quanto cariche delle passioni dei
protagonisti. Stefania Stefanelli (pp. 97-106) propone un confronto sintetico
tra lAmleto di Maggi e la versione coeva di Giulio Carcano,
capace di tenere conto delle necessità sceniche accennate. A Pietrini (pp.
42-59) invece il merito di unincursione tra le testimonianze storiche delle
interpretazioni del principe di Danimarca avanzate dai “grandi attori”, partendo
dal precedente settecentesco di Antonio Morrocchesi, che inscenò la
tragedia nella traduzione di Alessandro Verri, per arrivare alle
due recite del 1856 del patetico e smaccatamente romantico Amleto di Ernesto
Rossi e del vigoroso gladiatore proposto da Tommaso Salvini (questultimo
più a suo agio nei panni di Otello). Successiva, ma memore di
queste soluzioni, la versione di Rossi, il cui copione è confrontato, quanto ai
tagli e agli adattamenti opportuni, con quello impiegato da Salvini, modellato
sulla traduzione di Carcano e conservato a Genova presso il Museo Biblioteca
dellattore. Tangente al primo scopo, allora, lobiettivo di una mappatura dei
momenti dellingresso di Shakespeare nei teatri italiani risulta anchesso
raggiunto, per di più in concomitanza con i due anniversari del drammaturgo
inglese celebrati nel 2014 e nel 2016. Lapparato di illustrazioni si segnala infine come ulteriore merito di
questa pubblicazione, che amplia il patrimonio delliconografia di
Cesare Rossi con, tra le altre, la chicca della
caricatura apparsa il 3-4 novembre 1898 sulla «Gazzetta di Torino» in margine
al necrologio dellattore: «Mandarono stupende corone il Marchese di Squillace,
la Pia Marchi Maggi, la Della Guardia, Flavio Andò, Roberto Bracco, la Duse, la
Massoneria ed altri».
di Claudio Passera
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