Skenè, a. I, n. 1, gennaio-giugno 2015
Journal of Theatre and Drama Studies
251 pp.
ISSN 2421-4353
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Il
primo numero della rivista digitale in lingua inglese diretta da Guido Avezzù è dedicato alle molteplici
forme che il coro drammatico ha assunto nel tempo, dallantica Grecia al XX
secolo. I contributi, interdisciplinari e multidisciplinari, affrontano questo
aspetto della rappresentazione e del testo teatrale secondo diverse metodologie.
Avezzù,
nella sua corposa introduzione, sottolinea che il coro è il dispositivo drammaturgico
più metamorfico e mutevole della tradizione teatrale europea. Lo studioso ripercorre
la storia del coro drammatico che affonda le sue radici nei cori lirici greci.
I tragodoi e i komodoi, prima di essere tragediografi e commediografi, erano coreuti
e cantanti. Alla fine del V sec. il coro diventa un interludio, una performance diversa rispetto al resto
del dramma. Proprio questo aspetto contribuisce alla sua graduale ricezione
come parte aliena dallazione drammatica. Viene poi sottolineato il ruolo del
coro come spettatore ideale, come collettività partecipe negli agoni drammatici
delle feste dionisiache sospese tra culto, rappresentazione e performance : «given
the collocation of the dramatic event in a ritual context, the semantic
potentialy of both tragic and comic choruses actually seems to arise from the
interaction between traditional cultic and performative elements and the
strictly civic issues inspriring the complex organization of dramatic
festivals» (p. 9).
In
Lyric Genre Interactions in the Choruses
of Attic Tragedy Andreas Bagordo
evidenzia le tracce del genere lirico corale nella tragedia antica,
soffermandosi sulla presenza allusiva di paian,
epinikion, partheneion, hymenaios e threnos nei cori drammatici. Emerge una
stretta relazione tra canto lirico e canto tragico, tanto che questultimo potrebbe
essere considerato specchio e continuazione del preesistente genere lirico.
In Men
or Animals? Metamorphoses and Regression of Comic Attic Choruses: the Case of
Aristophaness Wealth, Olimpia Imperio ripercorre le diverse ipotesi
sullorigine dei cori animali nelle commedie attiche del V e IV sec. a.C., per
concentrarsi poi sul potenziale metamorfico del coro comico nelletà di
transizione dalla archaia alla mese. Una attenzione particolare è data
alla parodos del Plutus di Aristofane rappresentato
nel 388 a.C. In questa commedia il coro è composto da vecchi contadini regrediti
allo stato di animali selvaggi; una “animalità”, espressa da parole, gesti e
danza mimetica, che segna il passaggio dalla commedia antica a quella di mezzo.
In Theory and Musical Performance
of the Chorus in Sixteenth-Century Italy. A
Case Study: Vicenza 1585, Donatella
Restani esamina la prima rappresentazione moderna dellEdipo tiranno, con cui fu inaugurato il teatro Olimpico di Vicenza (cfr.
S. Mazzoni, LOlimpico di Vicenza: un
teatro e la sua perpetua memoria, Le Lettere 1998, in partic. pp. 87-207). Tale messinscena è «an interesting case study in order
to investigate how Italian sixteenth-century transmission, translation, and
interpretation of ancient Greek and latin treatises on poetry, rhetoric, and
music shaped new musical theorisations and experiments» (p. 75). Come noto, la musica
per i cori dellEdipo tiranno fu
composta da Andrea Gabrieli, mentre lo
spettacolo fu diretto dal corago Angelo
Ingegneri. La studiosa confronta le descrizioni della rappresentazione
inaugurale scritte dallIngegneri stesso e da spettatori come Giacomo Dolfin, Antonio Riccoboni e Filippo
Pigafetta, mettendole in relazione con la ricezione della Poetica di Aristotele nellAccademia Olimpica.
In Chorus
and Chorality in Early Modern English Drama, Silvia Bigliazzi ripercorre il passaggio dal coro, plurale e lirico,
allassolo. In questa prospettiva i due cori di Romeo and Juliet sono considerati precoci esempi di una nuova
esperienza corale.
Segue il testo integrale di Über den Gebrauch des Chors in der Tragödie di
Friedrich Schiller, con introduzione di Sthephen Halliwel e traduzione e note
di Avezzù.
In The
Choruss “moral effect” in Italian Opera, Francesco Bissoli analizza
la funzione del coro nel melodramma ottocentesco, la cui importanza è
documentata, tra laltro, da un passo dello Zibaldone
in cui Leopardi paragona il coro del suo tempo a quello antico, mentre Mazzini nella Filosofia della musica assegna al coro una missione culturale e
sociale.
In The
Chorus in Early Twentieth-Century Spanish Theatre Paola Ambrosi affronta la questione inesplorata dei cori e delle
loro potenzialità performative nei testi drammatici di quella felice stagione
culturale conosciuta come Edad de Plata, analizzando la
drammaturgia di Ramón del Valle-Inclán,
Miguel de Unamuno, Ramón Gómez de la Serna, José Bergamín, Rafael Alberti e Federico
García Lorca.
Molto è stato scritto sulla funzione
rituale, in bilico tra azione e ascolto, del coro in Murder in the Cathedral di Eliot.
Maria Serena Marchesi (“Sordid particulars”: Deixis in the Chorus
of Murder in the Cathedral) sottolinea
come Eliot, attraverso luso di deissi nel coro, riesca a coinvolgere il
pubblico.
Infine, Alessandra Calanchi (Of Men
and Ghosts: Delmore Shwartzs Re-visitation of the Greek Chorus) passa in rassegna
i vari tipi di coro nella produzione letteraria di Delmore Shwartz, uomini,
fantasmi, angeli, voci, approfondendo il background
letterario, psicologico e sociale degli anni tra il 1930 a il 1950 in cui
operò lo scrittore statunitense.
di Diana Perego
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