Tra
il 1915 e 1916 la «Gazzetta di Venezia» pubblicò, in settantuno puntate,
lautobiografia di questo attore veneziano, la cui fama è oggi inversamente
proporzionale al successo da lui conseguito nel corso della sua vita (nacque
nel 1831 e morì nel 1899). Ledizione moderna di quella autobiografia è adesso curata
in maniera pertinente da Anna Bogo
in un libro che comprende anche un ricco e ben documentato apparato di note
(pp. 235-260). Da questo lavoro meritevole potrebbe scaturire unaggiornata
biografia critica dellattore. E il “restauro” della sua figura artistica sarebbe
utile non solo per meglio comprendere il teatro in lingua veneziana di quel
periodo, ma anche per la storia della recitazione «allantica italiana». Nella
prefazione (Il sogno teatrale di Sior
Angelo Moro-Lin), Carmelo Alberti,
studioso di valore della drammaturgia veneziana (e non solo), ha sottolineato l«agilità»
della «scrittura vicina al parlato» di Moro-Lin
suggerendo una significativa chiave di lettura del testo, al di là del suo
valore documentario. Non solo nei numerosi passaggi organizzati secondo le
regole di un dialogato vivace, ma anche nello stile narrativo che è agile e
cordiale, lattore ci fa gustare la sua felice inclinazione per una lingua
prossima più alla comunicazione orale che allornato letterario. Utili
sono anche le considerazioni dello studioso relative al repertorio scelto da
Moro-Lin, in equilibrio fra lo sguardo compiaciuto e attento allambiente
familiare e lanalisi delle «grandi trasformazioni» (p. 10) che quellambiente
parevano minacciare. In linea con i temi drammaturgici e narrativi del secondo
Ottocento, Alberti sottolinea come il nucleo domestico sia còlto «spesso in
conflitto con la dimensione sociale» (ibidem) anche se il punto di vista
dellautore è prevalentemente attestato sul primo di questi due riferimenti.
Una fondamentale fonte di ispirazione artistica viene individuata nel rapporto
di Moro-Lin con la moglie e compagna di scena, Marianna Torta, la cui
prematura scomparsa pare avere segnato la parabola discendente dellarte di
Anzolo. Queste
Memorie vennero pubblicate negli anni
in cui lo scoppio della prima guerra mondiale sanciva la fine del “lungo”
Ottocento e della sua cultura. Annunciando il tramonto del teatro «allantica
italiana», lo scritto del vecchio attore pare essere la certificazione del
tramonto della stessa Venezia. Come ha notato Alberti (p. 12), «proprio attraverso la scena dialettale,
che predilige le corde degli affetti e della nostalgia, emerge stridente in
ambito veneziano la questione del tramonto di una città simbolo».
di Siro Ferrone
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