Il volume ripropone una scelta di
testi, fra i primi del regista e teorico russo, apparsi in raccolta nel 1913,
pubblicati in Italia nel 1962 (Editori Riuniti) e ristampati nel 2001. La nuova
edizione è arricchita da una Prefazione
di Raissa Raskina e conta sul
valore, ritenuto a ragione fondamentale, di quei documenti nella formazione di
un maestro del teatro del Novecento europeo. Il periodo di riferimento
comprende le prime esperienze di Mejerchold,
seguenti la partecipazione al lavoro di Stanislavskij
presso il Teatro dArte di Mosca e le riflessioni che testimoniano la genesi
del pensiero e dellopera dellartista.
Raskina indica alcuni criteri
metodologici scaturiti da esigenze ideali ed estetiche, che guidano Mejerchold
a forgiarsi gli strumenti formali atti a soddisfarle. Segnala inoltre le
questioni che allartista esordiente appaiono fondamentali nel giudicare la
Storia dellarte della scena e la sua situazione attuale. Sia gli effetti della
collaborazione con Stanislavskij, sia le
proposte stimolanti espresse da Fuchs
(sulla «riteatralizzazione») e da Brjusov
(sulla «convenzione»), lo inducono a rivedere radicalmente la visione e la
pratica teatrali. Latteggiamento critico è subito generalizzato e
lautocritica è spinta dallurgenza per unazione che si rivelerà
rivoluzionaria.
Non dunque evoluzione, ma rottura
persegue il progetto del regista, in concordanza con altre ipotesi diffuse
nella cultura del suo tempo, da quelle di Gordon
Craig a quelle simboliste e futuriste. Limpegno nel Teatro Studio,
affidatogli dallo stesso Stanislavskij nel 1905, suscita impazienza e
insoddisfazione e lo spinge oltre i suoi limiti riconosciuti: «Il Teatro dArte
ha ormai raggiunto il virtuosismo quanto ad aderenza alla realtà, ma […] il
Teatro Studio deve sforzarsi di rinnovare larte drammatica con nuove forme e
regole di esecuzione scenografica. Se si considera che allattore venivano
letti brani di Antoine (André), appare chiaro che lo sviluppo del Teatro
Giovane era inteso come evoluzione
delle forme individuate dal Teatro dArte» (p. 22). Pure ladozione di processi
di «stilizzazione» (p. 24) si mostra inadeguata a risolvere problemi di messa
in scena, come quello della funzione del «proscenio» (p. 18), giudicato
decisivo nello scambio fra la scena e lo spettatore.
Del resto, come nota la
prefatrice, sono il teatro «naturalista» e il teatro «datmosfera» (peculiari
del Teatro dArte e riconoscibili anche nel lavoro di Max Reinhardt) a venire contestati e superati. Al contempo,
lartista sallontana dai richiami ritualistici arcaici (valorizzati da Vjačeslav Ivanov) e dallimmobilità e dalla
bidimensionalità colti nel simbolismo di Maeterlinck.
Seguono i testi della proposta del teatro di «convenzione», preceduti
dallarticolo I presagi letterari di un
nuovo teatro. Vi appare allora enfatizzata la visione di Brjusov che
informerà appunto il teatro di «convenzione», inteso a sollecitare
limmaginazione dello spettatore (p. 45). Segue lesame dei due metodi
antagonisti nella comunicazione spettacolare, fra i quali il regista-teorico
sceglie quello schematizzato nel teatro «lineare», rispetto alla soluzione
definita «a triangolo» (pp. 47-49).
Concluse nel 1907, quelle
riflessioni prevedono il ritorno al «teatro antico», soprattutto nella disposizione spaziale e nel richiamo alluso
di elementi visivi e dinamici, poiché esso «abolisce la ribalta e condiziona il
lavoro dellattore al ritmo della dizione e dei movimenti plastici, auspica il
ritorno della danza e costringe lo spettatore a unattiva partecipazione
allazione» (p. 62). Estratti dal Diario,
si pubblicano i profili Max Reinhardt
(1907) e Edward Gordon Craig (1909) e
brani individuati dalla data: 1908
(altrove titolato Teatro passato,
presente e futuro, 1908), 1909
(altro titolo, Teatro e società), 1910 (altrimenti, Per un nuovo repertorio russo) e I drammaturghi russi che, nelloriginale del 1911, erano
accompagnati da un «tentativo di
classificazione con allegato schema dello sviluppo del dramma russo» (frutto
duna corrispondenza con lo studioso inglese George Calderon) ora espunto.
I testi sono in sequenza
cronologica, ma mancando dei riferimenti alle occasioni della prima redazione,
suscitano qualche perplessità per quanto riguarda la loro collocazione. Il
libro, che contiene ancora – del periodo interessato – La messinscena del “Don Giovanni” di Molière (1910), Dopo la rappresentazione di “Tristano e
Isotta” (1910) e Il baraccone
(1912), non include almeno il saggio contemporaneo e dalla problematica
analoga, Vi sono due teatri di marionette.
Nel Baraccone, ispirato alla Baracca dei saltimbanchi di Blok e che comporta un bilancio di
diverse epoche e manifestazioni teatrali (dal mistero alla Commedia dellArte, dal dramma al vaudeville), emergono elementi ulteriormente innovativi e coerenti
con lo sviluppo più originale di Mejerchold. Lo spazio scenico, il repertorio
drammaturgico e la recitazione sono discussi dallautore
con sguardo selettivo e passione creativa.
Il volume consegna appena il seme
del futuro e lascia quindi il desiderio di conoscere il seguito dellindagine:
quella che, oltre lavvento della Rivoluzione, si concentrerà sullelaborazione
della «biomeccanica» e produrrà i capolavori della collaborazione con il Costruttivismo
negli anni Venti del Novecento.
di Gianni Poli
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