Fata Morgana, a. IX, n. 25, gennaio-aprile 2015
Quadrimestrale di cinema e visioni
pp. 288, euro 15,00
ISSN 1970-5786
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Il venticinquesimo numero di «Fata Morgana»
ha per tema la “memoria”
intesa come dimensione ontologica, storica, sociale e psicologica. In quanto interruzione
della linearità del tempo, la memoria è da
sempre legata allimmagine e al racconto, in
particolare a quello cinematografico.
Il numero si apre con unintervista ad Amos Gitai a cura di Bruno
Roberti. Nel cinema del regista israeliano memoria individuale e memoria
collettiva si intrecciano in complesse dinamiche di movimento e di
decostruzione riconfigurando il rapporto tra contesto di origine e astrazione,
tra attenzione ai luoghi del ricordo e amplificazione di tali luoghi attraverso
un rigoroso lavoro formale.
Il rapporto tra storia “oggettiva” e memoria “soggettiva” è
anche al centro di Memoria Rituale e riti
della memoria di Stefano De Matteis,
con cui si apre la sezione Focus.
Larticolo si concentra sullevoluzione della memoria dei rituali scomparsi,
soffermandosi sia sul tarantismo, recentemente diventato spettacolo di massa e
attrazione turistica, che sul culto delle anime del Purgatorio, messo in mostra
dal Viaggio in Italia di Roberto Rossellini (1954) e dal recente
Il giovane favoloso di Mario Martone (2014).
Se è vero che siamo abituati a pensare agli eventi del
passato in termini narrativi, e cioè come concatenazioni causali e successioni
temporali, il cinema in questo processo di rilettura non può che occupare un
ruolo di primo piano. È quanto sostiene Alice
Cati in Backshadowing: Le ombre del
futuro nelle immagini del passato, che prende le mosse dagli studi di Gary S. Morson sulle tecniche di
rappresentazione del passato per applicarli ai film Le Souvenir dun Avenir di Chris
Marker e Yannick Bellon (2011) e
Il nastro bianco di Michael Haneke (2009).
Ricco di interesse larticolo di Angela Maiello, Dalla memoria
archivio alla memoria funzionale: unindagine su come le pratiche della
memoria collettiva, nella loro transizione verso la cultura partecipativa del web, abbiano subito un repentino
mutamento strutturale. Riprendendo lopposizione di Aleida Assmann tra “memoria-archivio” e “memoria-funzionale”, Maiello
sottolinea, nel passaggio dalla prima alla seconda, le potenzialità della rete
attraverso specifici processi di post-produzione.
Con Memorie
doltretomba Giovanni Festa riporta
il lettore dallattualità agli inizi del secolo scorso, descrivendo i percorsi
mnestici che sorreggono le opere di Marcel
Proust e Sergej Michajlovič
Ėjzenštejn. In particolare, secondo Festa, il trait dunion tra certi scritti del regista russo e la recherche proustiana è costituito dal tema della memoria involontaria come
momento di rivelazione.
Il contributo di Marcello
Walter Bruno, dal laconico titolo Memoria
e Fotografia, è dedicato alla
tecnica fotografica e in particolare alla sua doppia funzione originaria di
riproduzione obiettiva del referente e di conservazione sul supporto
dellimmagine. Lautore indaga come le forme private, da specchio della
memoria, nelliconologia del presente vengano sempre più frequentemente
concepite come “atti collettivi”, parti costitutive di un archivio pubblico e
di libero accesso.
In apertura della sezione Rifrazioni, con Napalm Girl
Enrico Menduni analizza lomonima
celeberrima fotografia di Nick Ut, ripercorrendone
in maniera esauriente e documentata la genesi, in parte tuttora enigmatica. Lautore
mira non solo a ricostruire il contesto storico-culturale in cui essa è stata
scattata – quella guerra del Vietnam che ad oggi resta levento bellico documentato
in maniera più vasta e multilaterale – ma anche e soprattutto a evidenziare la
necessità di analizzare le immagini fisse tramite una loro ipotetica messa in
movimento.
Lorenzo Rossi (La tragedia del tennista: gesto comico e memoria nel cinema di Tati)
prende in esame Les Vacances de monsieur
Hulot di Jacques Tati (1953),
concentrandosi sulla funzione del gesto del tennista in una delle gags più famose della pellicola. Se,
riprendendo il Bilderatlas Mnemosyne di Aby Warburg (Roma, Artemide, 1998), esiste una stretta
interrelazione tra il corpo e la dimensione somatica della memoria, il gesto
del personaggio si configura come una tragica reazione alla sua esclusione
della società.
Michele nel paese
della memoria di
Saverio Zumbo si cimenta con il film
Un uomo a metà di Vittorio De Seta (1966), ritenuto dalla
critica opera minore nella filmografia del regista palermitano. Lo studioso propone
una rivalutazione della pellicola, evidenziandone la profondità psicologica e
il carattere anticipatore di alcune soluzioni linguistico-espressive.
Alessio Scarlato, nel suo Unicona della memoria, si dedica a unaltra foto-simbolo, quella
del bambino del ghetto di Varsavia con le braccia alzate. Vera e propria icona
della persecuzione antisemita, tale immagine nel corso della storia è stata
ripresa in vari contesti; non ultimo quello cinematografico, con le riletture
critiche di Notte e Nebbia di Alain Resnais (1955) e di Histoire(s) du cinéma di Jean-Luc Godard (1988-1998).
Il rapporto tra memoria privata e collettiva è ancora una
volta al centro dello studio che
Francesco Verona compie su Addio del
passato di Marco Bellocchio (2000),
curioso mediometraggio-documentario sulla persistenza della figura di Giuseppe Verdi nella Piacenza dei
giorni nostri. Allomaggio al compositore emiliano si intrecciano i ricordi
personali del regista, nel cui cinema i richiami operistici al repertorio
italiano hanno spesso la funzione di generare lillusione di un passato che
riaffiora.
Chiude il numero Interview
Project a cura di Sara Pesce,
serie di videointerviste a campione casuale effettuate da una troupe diretta da David Lynch, i cui prodotti finali sono destinati a formare un vero
e proprio archivio on-line. Il
progetto è sintomatico della preoccupazione crescente, nella società
contemporanea, verso i temi della memoria e delloblio, e in particolare sullimportanza
della trasmissione culturale come portatrice di unidentità collettiva.
di Raffaele Pavoni
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