Il mafia movie è uno dei più importanti filoni del genere gangster da almeno un quarantennio (precisamente
dal 1972, anno di uscita de Il padrino).
Francesca Romana Massaro offre una
guida per orientarsi nella cospicua filmografia di mafia tra cinema americano e
italiano.
Nel suo originale approccio, lautrice
analizza i singoli testi non dal punto di vista strutturale, ma in una
prospettiva sociologica, indagando il fertile scambio tra limmaginario
cinematografico di mafia e la verità dei documenti, sul filo di una dialettica
costante tra realtà e finzione.
Nel primo capitolo si passano in
rassegna le principali pellicole che hanno fatto la storia del genere. Si
parte, nella breve panoramica proposta, dai film degli anni Trenta precursori
del fortunato filone: Piccolo Cesare
(1931) di Mervyn LeRoy e Nemico Pubblico (1931) di William Wellman (entrambi prodotti
dalla Warner Bros), e soprattutto Scarface
(1932), per la regia di Howard Hawks,
realizzato dallindipendente United Artists, passato alla storia per la
quantità di uccisioni efferate (tanto da fissare un nuovo standard per la violenza al cinema).
In Italia il fenomeno dei mafia movies, tranne alcune eccezioni, si
innerva sul filone del cinema dautore. Nel secondo dopoguerra uno dei primi film
“di mafia” è In nome della legge
(1949) di Pietro Germi, che risente
dellinfluenza del neorealismo, ma anche del western classico. Negli anni Settanta è il cinema di impegno civile
a rappresentare la mafia sul grande schermo: su tutti Lucky Luciano (1973) di Francesco
Rosi e Il prefetto di ferro
(1977) di Pasquale Squitieri. Un
genere contraddistinto ancora oggi nel belpaese dalla contaminazione: si pensi alla
commedia di successo La mafia uccide solo
destate (2013) di Pierfrancesco
Diliberto, in arte Pif.
Il secondo capitolo racconta, con
dovizia di documenti, la vita dei mafiosi che hanno ispirato le cinematografie
di genere americana e italiana. Secondo Massaro, Charles “Lucky” Luciano, incontrastato capo di Cosa Nostra e del
crimine organizzato americano negli anni antecedenti alla guerra, può essere
identificato come lispiratore principale delle pellicole di tale filone. Il
boss di origine siciliane, capace di creare un alone mitico intorno al suo
personaggio, è una fonte inesauribile di storie, reali e immaginarie, trasportate
sul grande e piccolo schermo. Si pensi alla parabola del capo dei Corleonesi e
a quella dei luogotenenti Salvatore
Riina e Bernardo Provenzano raccontate
dalla serie televisiva italiana Il capo
dei capi (2007).
I successivi capitoli sono
dedicati ai problemi legati alla rappresentazione e alle conseguenze
sociologiche del grande successo dei film di argomento mafioso. Fiction e film aiutano la mafia? Il
lavoro sui set reali è esente da infiltrazioni mafiose? Impersonare i grandi
capi di mafia con metodi empatici rischia di rendere i cattivi troppo
attraenti? Infine: perché il male attrae? Lautrice affronta questioni delicate
e di ampio respiro, non avendo la pretesa di esaustività, ma puntando a far
riflettere attraverso suggestioni critiche. Attraverso una serie di interviste,
Massaro dà voce a quegli attori, registi e produttori che si sono dovuti
confrontare con problemi morali di tale portata.
Ampio spazio è dedicato alla
presenza femminile in un genere apparentemente costituito da un immaginario tutto
al maschile. La rappresentazione della donna, soprattutto negli ultimi anni, ha
abbandonato gli stereotipi di pupa del boss o di moglie-casalinga in favore di
ritratti più sfumati e problematici. In alcuni casi gli imprevedibili snodi
della vicenda hanno portato i personaggi femminili a impersonare il ruolo del
capo-mafia. È il caso di Angela – Una
storia vera (2002) di Roberta Torre,
con protagonista Donatella Finocchiaro.
Le serie televisive americane di
recente produzione non sono indifferenti al fascino della mafia. In alcune di
esse il potere della criminalità organizzata diviene il motore della
narrazione. Si pensi a I Soprano
(1999-2007) e a Boardwalk Empire
(2010-2014), o, infine, alle dinamiche tra crimine e potere politico raccontate
in House of Cards (dal 2013).
A corredo della parte saggistica
si registra un ricco apparato documentario, che valorizza il prezioso lavoro
critico di Francesca Romana Massaro.
di Nicola Stefani
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