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Francesca Romana Massaro

Cinematografia organizzata
La mafia tra cinema fiction e realtà

Roma, Ensemble, 2015, 128 pp., euro 12,00
ISBN 9788868810900

Il mafia movie è uno dei più importanti filoni del genere gangster da almeno un quarantennio (precisamente dal 1972, anno di uscita de Il padrino). Francesca Romana Massaro offre una guida per orientarsi nella cospicua filmografia di mafia tra cinema americano e italiano.

Nel suo originale approccio, l’autrice analizza i singoli testi non dal punto di vista strutturale, ma in una prospettiva sociologica, indagando il fertile scambio tra l’immaginario cinematografico di mafia e la verità dei documenti, sul filo di una dialettica costante tra realtà e finzione. 

Nel primo capitolo si passano in rassegna le principali pellicole che hanno fatto la storia del genere. Si parte, nella breve panoramica proposta, dai film degli anni Trenta precursori del fortunato filone: Piccolo Cesare (1931) di Mervyn LeRoy e Nemico Pubblico (1931) di William Wellman (entrambi prodotti dalla Warner Bros), e soprattutto Scarface (1932), per la regia di Howard Hawks, realizzato dall’indipendente United Artists, passato alla storia per la quantità di uccisioni efferate (tanto da fissare un nuovo standard per la violenza al cinema).

In Italia il fenomeno dei mafia movies, tranne alcune eccezioni, si innerva sul filone del cinema d’autore. Nel secondo dopoguerra uno dei primi film “di mafia” è In nome della legge (1949) di Pietro Germi, che risente dell’influenza del neorealismo, ma anche del western classico. Negli anni Settanta è il cinema di impegno civile a rappresentare la mafia sul grande schermo: su tutti Lucky Luciano (1973) di Francesco Rosi e Il prefetto di ferro (1977) di Pasquale Squitieri. Un genere contraddistinto ancora oggi nel belpaese dalla contaminazione: si pensi alla commedia di successo La mafia uccide solo d’estate (2013) di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif

Il secondo capitolo racconta, con dovizia di documenti, la vita dei mafiosi che hanno ispirato le cinematografie di genere americana e italiana. Secondo Massaro, Charles “Lucky” Luciano, incontrastato capo di Cosa Nostra e del crimine organizzato americano negli anni antecedenti alla guerra, può essere identificato come l’ispiratore principale delle pellicole di tale filone. Il boss di origine siciliane, capace di creare un alone mitico intorno al suo personaggio, è una fonte inesauribile di storie, reali e immaginarie, trasportate sul grande e piccolo schermo. Si pensi alla parabola del capo dei Corleonesi e a quella dei luogotenenti Salvatore Riina e Bernardo Provenzano raccontate dalla serie televisiva italiana Il capo dei capi (2007).

I successivi capitoli sono dedicati ai problemi legati alla rappresentazione e alle conseguenze sociologiche del grande successo dei film di argomento mafioso. Fiction e film aiutano la mafia? Il lavoro sui set reali è esente da infiltrazioni mafiose? Impersonare i grandi capi di mafia con metodi empatici rischia di rendere i cattivi troppo attraenti? Infine: perché il male attrae? L’autrice affronta questioni delicate e di ampio respiro, non avendo la pretesa di esaustività, ma puntando a far riflettere attraverso suggestioni critiche. Attraverso una serie di interviste, Massaro dà voce a quegli attori, registi e produttori che si sono dovuti confrontare con problemi morali di tale portata. 

Ampio spazio è dedicato alla presenza femminile in un genere apparentemente costituito da un immaginario tutto al maschile. La rappresentazione della donna, soprattutto negli ultimi anni, ha abbandonato gli stereotipi di pupa del boss o di moglie-casalinga in favore di ritratti più sfumati e problematici. In alcuni casi gli imprevedibili snodi della vicenda hanno portato i personaggi femminili a impersonare il ruolo del capo-mafia. È il caso di Angela – Una storia vera (2002) di Roberta Torre, con protagonista Donatella Finocchiaro.

Le serie televisive americane di recente produzione non sono indifferenti al fascino della mafia. In alcune di esse il potere della criminalità organizzata diviene il motore della narrazione. Si pensi a I Soprano (1999-2007) e a Boardwalk Empire (2010-2014), o, infine, alle dinamiche tra crimine e potere politico raccontate in House of Cards (dal 2013). 

A corredo della parte saggistica si registra un ricco apparato documentario, che valorizza il prezioso lavoro critico di Francesca Romana Massaro.


di Nicola Stefani


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