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Theaterheute, Nr. 3, März 2015


n.3, marzo 2015, pp.72, 13 euro
ISSN 00405507

Molte e piuttosto interessanti sono le recensioni raccolte nella sezione Aufführungen, lo spazio della rivista berlinese in cui si parla dei principali spettacoli di recente produzione nei paesi di lingua tedesca. Si inizia con due allestimenti del brechtiano Baal. Il primo è curato da Frank Castorf per il Residenz Theater di Berlino e si caratterizza per le suggestive contaminazioni dal film Apocalypse Now. L’interpretazione spetta a Aurel Manthei, Franz Pätzold, Bibiana Beglau e Andrea Wenzl. La seconda proposta di Stefan Pucher al Deutsches Theater diventa una metaforica riflessione sulla condizione dell’arte contemporanea. Tra gli attori si sono distinti Tabea Bettin, Anita Vulesica e Christoph Franken nella parte del titolo.

Richiami ai trascorsi socialisti della Germania dell’Est emergono da Der geteilte Himmel di Christian Wolf in scena alla Schaubühne della capitale per la regia di Armin Petras con Julie Böwe protagonista e da Zement di Heiner Müller che approfondisce i legami ideologici con l’Unione Sovietica. Dämon da Dostojevskij, produzione dello Sxhauspiel di Francoforte affidata alle competenze di Sebastian Hartmann, presenta una lettura scenica in chiave cupa e visionaria. Tra gli interpreti si sono distinti Isaak Deutler, Manuel Harder, Franziska Junge, Heidi Ecks.

Il programma dello Schauspielhaus di Amburgo prevede la messinscena del čechoviano Onkel Wanja ad opera di Karin Beier che approfondisce gli aspetti psicologici del testo e in modo particolare la patina isterica imbevuta di narcisismo come correttamente hanno espresso Lina Beckmann, Charly HübnerPaul Herwig.

L’ungherese Victor Bodò sprigiona tutta la sua creatività con Ich, das Ungeziefer liberamente ispirato alla Metamorfosi di Kafka e recitato con toni didascalici da Andrea Grötzinger, Samuel Weiss, Gala Winter, Ute Hanning. Il Nationaltheater di Weimar iscrive nel cartellone il nome di Friedrich Schiller, prima con la messinscena di Die Räuber (I masnadieri) di Giuseppe Verdi secondo l’ideazione in chiave moderna e dalle soluzioni radicali di Volker Lösch con Jaesig Lee protagonista, poi con il dramma Wallenstein per la regia di Hasko Weber e Dominique Horwitz nel ruolo del titolo che sollecita pensieri sulla violenza delle dittature.

Al centro delle produzioni viste allo Schauspielhaus di Zurigo è posta la drammaturgia del Novecento a partire da Yvonne, Die Burgunderprinzessin, tragicomemdia di Witold Gombrowicz trasferita sulla scena da Barbara Frey con un taglio molto psicologico che ha impreziosito la prova di Gottfried Breitfuss affiancato da Rainer Bock. Ci si addentra nel mondo borghese con Die diskete Charme der Bourgeoisìe che Stefan Nübling ricava dall’omonimo film di Luis Buñuel e lo consegna a qualificati attori quali Lukas Holzhausen, Hilke Altefrohne, Christian Baumbach, Johannes Sima. L’inquietante Roberto Zucco di Jean Marie Coltès compete alla regia di Karin Henkel che assegna i ruoli principali a Jirka Zett e Alexander Maria Schmidt.

È dedicata ai fenomeni migratori, cui si incrociano aspre critiche al capitalismo, Gaunerstück, novità di Dea Loher per la regia di Alize Zandwijk che impegna Hans Löw, Judith Hofmann, Miguel De Jong e Fania Sorel in uno spettacolo movimentato e ricco di momenti di danza, come visto sul palcoscenico del Deutsches Theater di Berlino. È ambientato in una fabbrica d’armi della Prima Guerra Mondiale il dramma Johnny Breitwieser di Thomas Artzt e presentato in prima assoluta allo Schauspielhaus di Vienna.

Da Wir Zöpfe di Marianna Salzmann, in scena al Gorki Theater di Berlino, emergono riflessioni sul rapporto tra neonazismo e la realtà contemporanea dei flussi migratori. Provocatoria e artisticamente pregevole è la regia di Léa Dietrich, abile nel muovere il protagonista Dimitrij Schaad. Infine Wunsch und Wunder di Felicia Zeller (produzione dello Staatstheater di Saarbrücken) si apre all’universo dei bambini in un gioco di incontro-scontro con il mondo degli adulti. Il testo è pubblicato nella sezione Das Stück di questo numero. Alla pregevole regia di Marcus Lobbe ha corrisposto il contributo di Roman Konieczny, Nina Schopka, Andreas Anke, Gertrud Kohl e Gabriela Krestan.

Nelle pagine dedicate al Musiktheater si parla di Michael Thalheimer impegnato nell’allestimento di Freischütz di Carl Maria von Weber allo Staatsoper di Berlino. Il regista sceglie un’ambientazione cupa e contemporanea che si adatta alle doti espressive di Pater Moltzen e Dorothea Röschmann. Risulta convincente la rappresentazione berlinese del mozartiano Don Giovanni al quale Herbert Fritsch restituisce comicità e leggerezza anche grazie alla bravura degli interpreti a partire da Günther Papendell nella parte del titolo. Pelléas und Mélisande da Maurice Maeterlinck (produzione Volksbühne di Berlino) si caratterizza per l’innesto di musiche di Debussy volute dal regista e musicista David Marton che si avvale della collaborazione artistica di interpreti qualificati come Hendrik Arnst, Lilith Stangenberg e Jan Czaikowski.

In Akteure si legge un’interessante intervista a Johan Simons, nuovo direttore artistico del festival Ruhrtriennale, dalla quale emergono finalità e contenuti delle varie programmazioni a carattere interdisciplinare. Nikolaus Müller-Schöll approfondisce nelle pagine occupate da Theorie i movimenti del corpo nelle performances di Antonia Baehr e particolarmente nello spettacolo Abecedarium Bestiarium.


di Massimo Bertoldi


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