Il secondo numero della nuova
serie degli «Studi goldoniani» raccoglie otto saggi che – come nella tradizione
pluridecennale della rivista – propongono approfondimenti tanto sul teatro
dellavvocato-scrittore quanto sulla letteratura a lui contemporanea.
Apre il fascicolo il contributo
di Gerardo Guccini su Goldoni scenografo. Lo studioso
ripercorre a volo duccello più di duecento anni di storia dello spettacolo per
illustrare in pochi cenni, saldamente ancorati alle fonti, levoluzione della
scenografia nello spettacolo comico. La totale assenza di riferimenti documentari
a figure professionali addette alla ideazione e alla realizzazione di
scenografie per il teatro dei comici si spiega principalmente con il valore
strettamente funzionale alla recitazione attribuito di volta in volta a tali
apparati. Differentemente da quanto avveniva nel teatro dopera, dove lo spazio
scenico era diviso (dal fondo al proscenio) nei luoghi destinati ai fondali
dipinti, al dramma e al canto, per i comici «la scenografia non è unimitazione
della realtà né uninvenzione pittorica di forte impatto visivo, bensì un
insieme di elementi ricorrenti e strettamente funzionali allazione» (p. 17).
Le strutture praticabili usate
negli spettacoli “di prosa” erano estensivamente comprese tra le «robbe», ossia
la moderna attrezzeria, o tuttal più tra le «apparenze», e non prevedevano
quindi il coinvolgimento di professionisti specializzati nel loro concepimento.
Nel passaggio dalla Commedia dellArte alle drammaturgie dautore il Carlo Goldoni uomo di teatro eredita dal teatro comico la concezione di
una scenografia funzionale allazione e, in quanto concertatore dellazione in
scena, si fa egli stesso, al pari di Pietro
Chiari o Carlo Gozzi, scenografo.
Essi «“scrivevano le scene” prevedendo, non solo lutilizzo delle strutture
praticabili, ma anche le risultanti visuali del loro continuo combinarsi con le
azioni degli attori» (p. 39).
Un esempio della precisione con
cui Goldoni descrive gli ambienti delle proprie commedie si trova nella Bottega del caffè, opera su cui si concentra
il secondo studio della rivista, a firma di Roberta Turchi. Dopo aver esaminato lo spazio uno e multiplo in cui
si svolge la vicenda (un campiello su cui si affacciano diversi esercizi
commerciali), la studiosa approfondisce losservazione del personaggio di Don
Marzio. Ne emerge un ritratto nitido che lo qualifica come lo spione, una
figura miope e dalla lingua tagliente, divorato dal vizio di correggere ogni
notizia che gli giunga allorecchio per trasformarla in maldicenza. Attraverso
un serrato e puntuale confronto Turchi riconosce un parziale calco di questo
tipo scenico nel maldicente che Vittorio
Alfieri condanna nel suo Esquisse du
jugement universel (1773).
Bodo Guthmüller porta allattenzione della critica la commedia –
anonima ma attribuita allo stampatore e segretario del governo austriaco a
Milano Stefano Sciugliaga – intitolata
Le nozze involontarie della Signora
Commedia Italiana col Signor Conte Popolo Signor del Basso Piano.
Mascherando i protagonisti delle gare teatrali dellanno 1755 dietro personaggi
dinvenzione, lo scrittore lancia la propria condanna contro il potere concesso
dagli impresari al popolo, eletto per profitto unico timoniere del gusto. Pur
riconoscendo i passati meriti di Goldoni, nascosto dietro il personaggio del
medico Buongenio, Sciugliaga non manca di criticarne la recente deriva
romanzesca ed esotica. Il suo auspicio è che la commedia possa sciogliersi
dalle leggi del mercato e riprendere il proprio impegno etico.
Il contributo di Chiara Biagioli sui rapporti di
dipendenza di Goldoni dalla corte di Parma porta alla luce documenti inediti
con risultati rilevanti. In riferimento ai tre drammi giocosi confezionati
dallavvocato per il Regio Ducal teatro a cavallo tra 1756 e 1757 (Il festino, La buona figliuola, Il
viaggiatore ridicolo), lo spoglio delle fonti archivistiche operato dalla
studiosa denuncia un successo modestamente e inaspettatamente ridimensionato da
Goldoni nelle sue memorie e, ancor più interessante, restituisce un quadro
insperatamente dettagliato sugli apparati scenici. Lelenco dei costumi e delle
parrucche chiarisce le gerarchie tra i personaggi dei tre componimenti e ne
palesa «status sociale e
temperamento» (p. 83). Il quadro delle spese per i tre spettacoli, per contro,
conferma le ambizioni da corte europea di un piccolo ducato il cui bilancio,
nonostante lelezione di Guillaume-Léon
Du Tillot come «Ministro dAzienda», risulta sempre più deficitario. Le
stesse fonti, inoltre, aprono il sipario su nuovi curiosi scenari, come le
rappresentazioni di altre tre opere comiche di Goldoni nel ducato lanno successivo,
o il parziale finanziamento di Don
Filippo per la stampa delledizione Pasquali delle sue opere.
Nel suo ricco e articolato saggio
Marzia Pieri si confronta con
lambizioso e meno celebre progetto goldoniano delle “Nove Muse”, con un
approfondimento sulla «tragedia possibile» Artemisia.
Nonostante lo scarso spazio dedicatogli da Goldoni nelle sue memorie, detto
progetto (destinato a comprendere sotto legida delle nove divinità greche tre
tragicommedie, cinque commedie e una tragedia) conferma da un lato labilità
letteraria del commediografo, dallaltro la sua versatilità e la lungimiranza
nel progettare un programma che possa soddisfare la richiesta di «novità» del
pubblico veneziano. Riletta nel contesto postmetastasiano di riscoperta
dell«orribile delizioso», la tragedia di Artemisia rivela spunti curiosi circa
un Goldoni che, pur facendo i conti con i modelli della Merope maffeiana e della Semiramide
di Voltaire, inclina verso una
scrittura meno ideologica e più “animica”, giocata sullo scavo dellinteriorità
della protagonista. Anche in questo Goldoni strizza locchio al gusto del
pubblico, il quale si pasce degli intrecci incestuosi e si culla in un
immaginario scenico diffuso, fatto di crescenti relazioni intertestuali e
continui ammiccamenti alla vita della società contemporanea.
Javier Gutiérrez Carou si sofferma sul ruolo dellattore romano Luigi Benedetti come traduttore del Texidor de Segovia, commedia in due
parti di Don Juan de Alarcon.
Tramite unanalisi comparativa del testo originale e della traduzione
conservata nel Fondo Gozzi della biblioteca Marciana di Venezia lo studioso
dimostra come lopera di traduzione dal castigliano allitaliano sia da
attribuire proprio a Benedetti. Come probabilmente nel caso di altre opere
spagnolesche, Carlo Gozzi non svolse
quindi il ruolo di traduttore, ma derivò il suo adattamento del Tessitore di Segovia da una più
competente trasposizione linguistica.
Una panoramica sul successo del Ventaglio goldoniano nelle sue riprese
in musica fra Otto e Novecento è offerta da Eduardo Rescigno. Il saggio prende in esame diversi componimenti in
musica, ricercando nei nuovi libretti il sapore della comicità sapientemente
ritmata delloriginale. Particolare attenzione è dedicata alla commedia per
musica rappresentata nel napoletano teatro Nuovo sopra Toledo il 19 aprile 1831
su libretto di Domenico Gilardoni e
partitura di Pietro Raimondi:
supportato da un approfondito confronto tra i testi, Rescigno evidenzia come il
gusto raffinato della commedia goldoniana trascolori nel libretto napoletano in
un pastiche di sapori affatto
originale e grossolano, solo in minima parte memore della sapidità originaria.
Altri adattamenti del componimento goldoniano sono unopera buffa derivata
dalla suddetta commedia (teatro della Canobbiana di Milano, 30 marzo 1834), una
farsa in un atto di Gaetano Rossi e Giuseppe Farinelli (teatro Nuovo di
Padova, 23 luglio 1803), la commedia musicale di Emilio Reggio e Alfredo
Cuscinà (teatro Le Pariole di Roma, 30 agosto 1923) e lopera giocosa con
libretto di Giovacchino Forzano e
musica di Ermanno Wolf-Ferrari
andata in scena col titolo Gli amanti
sposi (teatro La Fenice di Venezia, 19 febbraio 1925).
Chiude la sezione dei saggi il
contributo originale di Carlo Minnaja
dal titolo Goldoni in lingua
internazionale: vi si scorrono le traduzioni e gli allestimenti di opere
del commediografo veneziano nelle “lingue pianificate” dal 1896 (quando nel
paese russo di Smolensk fu rappresentato un frammento dellAmore paterno in lingua esperanto) fino a oggi.
La rivista si conclude con la
sezione dedicate alle Rassegne, che
raccoglie un breve contributo di Rossend
Arqués sulla messinscena catalana dei Rusteghi
di Goldoni per la regia di Lluís Pasqual,
e con diciassette pagine di bibliografia goldoniana tra il 2001 e il 2005, a cura di Sandro Frizziero.
di Lorenzo Galletti
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