Fata Morgana, a. VIII, n. 24, settembre-dicembre 2014

Quadrimestrale di cinema e visioni


pp. 360, euro 15,00
ISSN 1970-5786

Data di pubblicazione su web 22/05/2015

La copertina

Il nuovo numero di «Fata Morgana» è interamente dedicato al dispositivo cinematografico e ai suoi sviluppi nella società contemporanea. Azzeccata la scelta di aprire il dossier con la bella intervista di Bruno Roberti al regista giapponese Tsukamoto Shin'ya. L'autore di Vital e di Tetsuo riflette su come il cinema si sia notevolmente modificato a fronte del proliferare dei nuovi media (computer, telefonini, maxischermi) e su come tale sviluppo contrasti con il rapporto “umano” che sta alla base del mezzo cinematografico.

La sezione Focus è aperta da un articolo di Thomas Elsaesser (Girando in tondo. Cavalli, caroselli e il metacinema del moto meccanico, tradotto da Simona Busni), che evidenzia come, con l'avvento delle nuove tecnologie, non sia più possibile considerare il medium cinematografico soltanto nelle sue componenti ottica e riproduttiva. La storiografia, dunque, sarebbe chiamata, secondo Elsaesser, al cosiddetto «revisionismo mediaarcheologico» (p. 21).

Tematiche simili sono affrontate nel recente saggio di André Gaudreault Philippe Marion La Fin du Cinema? (Parigi, Armand Colin, 2013). Luca Malavasi ne propone una lettura critica (Quel che resta del cinema), interrogandosi sul futuro del concetto stesso di cinema e sull'importanza degli studi sul dispositivo cinematografico e sulle forme audiovisive.

Da altri contributi saggistici sulla settima arte prendono le mosse gli articoli L'“acinéma” della rete di Dario Cecchi, che riprende e mette in discussione L'acinéma di François Lyotard (Milano, Il Saggiatore, 2008), e Archivio amatoriale e rimediazione digitale di Diego Cavallotti, che rielabora alcuni passaggi di Programming and performing early cinema today di Frank Kessler (New Barnet, John Libbey, 2011). Il primo articolo amplia e problematizza l'invito dello studioso francese a considerare il cinema non solo come un movimento, ma come strumento che, mettendo in relazione i soggetti con altri “dispositivi” (l'economia, la politica), ne configura la forma di vita. Cavallotti si occupa, invece, della funzione degli archivi amatoriali nella società contemporanea, introducendo la questione della “memoria del quotidiano”.

Ne I mille fiori blu: archeologia del dispositivo Massimo Locatelli attribuisce al cinematografo un processo di oggettivizzazione dell'esperienza soggettiva, individuando nella sua invenzione lo stadio conclusivo di una evoluzione di pratiche e ritualità ottocentesche.

In Ciprì e Maresco: il dispositivo cinico dell'informe Dalila D'amico analizza la serie televisiva Cinico TV, concentrandosi sui suoi aspetti di “scarto” e di “informità” (p. 211). Se il dispositivo cinematografico offre sempre la risposta a un'urgenza in un dato momento storico, le produzioni di Ciprì Maresco possono essere considerate una reazione al presagio di un futuro distopico e artificiale.

Corposa, come sempre, la sezione Rifrazioni. Nella Critica del dispositivo confessionale Giacomo Tagliani, partendo dal concetto di confessionale come «cardine di formazione di un corpo sociale docile e moralizzato» (p. 280), analizza Todo Modo, pellicola in cui Elio Petri cerca di decostruire tale dinamica attraverso il proprio linguaggio filmico.

In Alla conquista dello spazio: Georges Méliès l'esploratoreFrancesco Giarrusso ritorna sull'opera di Méliès concentrandosi sulla bidimensionalità dell'azione, sulla frontalità della visione e, soprattutto, sul rapporto che lo spettatore instaura con questo tipo di immagini. Sul versante opposto Federico Vitella (Il paradosso del 3D. La stereoscopia in Viaggio al centro della terra), a partire dal celebre film di Eric Brevig (primo esperimento 3D di finzione non animato), propone un approccio metodologico applicabile al cinema stereoscopico nella sua totalità.

In Autoriflessività del dispositivo come dialettica intermediale Pietro Manzullo esamina I Wish I Knew di Jia Zhangke, individuando nel film una lucida analisi delle memorie condivise e delle relazioni intermediali nella Shangai di oggi. Vincenzo Tauriello (Il combine movie di Gondry e i dispositivi ipomediali) approfondisce la pellicola di Michel Gondry The We and The I: un'«opera autoriflessiva sulle trasformazioni dei regimi scopici e sulla produzione di immagini» che «mostra nuove modalità di esperire e cartografare la dimensione spaziale» (p. 323).

Chiude il volume OS di Paolo Goldani che analizza Lei di Spike Jonze. Lo studio di Goldani si concentra, in particolare, sul personaggio di Samantha partner virtuale del protagonista del film: un dispositivo molto sofisticato, in quanto non solo è capace di emulare il corpo umano, ma rivela soprattutto l'indiscernibilità delle caratteristiche che costituiscono il reale e quelle che compongono il cosiddetto «immaginario» (p. 340).  


Indice


INCIDENZE

 

Nel corpo del dispositivo. Conversazione con Tsukamoto Shin’ya

a cura di Bruno Roberti

 

FOCUS

 

Girando in tondo. Cavalli, caroselli e il metacinema del moto meccanico

Thomas Elsaesser

 

I mille fiori blu: archeologia del dispositivo

Massimo Locatelli

 

Corpi e dispositivi: una prospettiva cognitivista

Francesco Parisi

 

L’“acinema” della rete

Dario Cecchi

 

Il dispositivo cinematografico tra psicoanalisi e ideologia

Ismaela Goss

 

La strategia del cinema

Giuseppe Armogida

 

Visione e condivisione: in principio era il cinema

Rossana Domizi

 

Archeologia dell’impressione di realtà

Giancarlo Grossi

 

Archivio amatoriale e rimediazione digitale

Diego Cavallotti

 

 Cinema e diritto: dispositivi incrociati

Anton Giulio Mancino

 

L’ideologia del disincanto e della violazione. La rinegoziazione di una geometria spettacolare

Giorgio Avezzù

 

Cosmogrammi

Nicola Turrini

 

Disporre, esporre. La materia cinematografica nell’arte contemporanea

Francesco Federici

 

Il dispositivo siamo noi

Cristiano Dalpozzo

 

L’occhio e l’oggetto. Appunti sulla visibilità

Alessandra Merlo

 

 Ciprì e Maresco: il dispositivo cinico dell’informe

Dalila D’Amico

 

Quel che resta del cinema

Luca Malavasi

 

RIFRAZIONI

 

Dispositivo “cinema”. Rivedendo Prénom Carmen

Massimo Donà

 

Alla conquista dello spazio: Georges Méliès l’esploratore

Francesco Giarrusso

 

Naturale e artificiale: l’occhio fotografico in Franz Roh

Emanuele Crescimanno

 

Note sul Dutch angle nelle sintesi e nelle sinfonie di Ubaldo Magnaghi

Andrea Mariani

 

Critica del dispositivo confessionale: Todo modo

Giacomo Tagliani

 

Tra appropriazione e “cinematizzazione”: Untitled Film Stills di Cindy Sherman

Alessandra Chiarini

 

Il paradosso del 3D. La stereoscopia in Viaggio al centro della terra

Federico Vitella

 

Vedozero. Interrogare il dispositivo dello sguardo

Anna Caterina Dalmasso

 

Autoriflessività del dispositivo come dialettica intermediale. I Wish I Knew di Jia Zhangke

Pietro Masciullo

 

Le pratiche di desoggettivazione nel dispositivo video-ludico: Source Code

Salvatore Finelli

 

Il combine movie di Gondry e i dispositivi ipomediali. The We and the I

Vincenzo Tauriello

 

Selfie-control. Il dispositivo che fotografa se stesso

Marco Dalla Gassa

 

OS

Paolo Godani

 

Abstract in inglese