In occasione delluscita del
cofanetto della versione televisiva dellOrlando furioso, diretta da Luca
Ronconi nel 1975, la rivista «Bianco e nero» dedica questo
numero al rapporto fra il cinema italiano e il genere fantastico. Come di
consueto, il fascicolo, introdotto dalleditoriale di Alberto Crespi, è suddiviso in tre
parti. La prima parte (Gli alieni i cavalieri larme e gli orrori) è dedicata, appunto,
al fantastico.
In Cera una (sola)
volta lOrlando furioso, Giulio Ferroni analizza le
differenze fra la messa in scena dellOrlando furioso al Festival dei
Due Mondi di Spoleto e la successiva trasposizione televisiva, a cominciare
dallimpossibilità di replicare – in televisione – quella narrazione
simultanea che ha reso celebre lo spettacolo di Ronconi in tutto il mondo.
Sullo stesso tema è incentrata una
serie dinterviste, a cura
di Crespi, a tre attori partecipanti a entrambi gli allestimenti: Massimo
Foschi (Orlando), Luigi Diberti (Ruggero) e Ottavia Piccolo (Angelica).
Il primo sceneggiatore.
Dante, quanti film dentro una commedia di Giuliana Nuvoli indaga le
riduzioni cinematografiche della Divina Commedia e le pellicole che ne
hanno tratto ispirazione: dalla più nota trasposizione italiana, diretta
nel 1911 da Francesco Bertolini, alla sperimentale serie (dedicata solo
ai primi otto canti dellInferno) a firma di Peter
Greenaway e Tom Philips, prodotta dallemittente britannica Channel 4 nel
1989.
In Il boom? È gotico (e anche un
po sadico), Alberto
Pezzotta ripercorre la breve storia del genere “gotico”: dal 1960, anno di
uscita di La maschera del demonio di Mario Bava, al 1966, quando
tale genere ha ceduto il passo al “western allitaliana”.
Sapessi comè strano incontrare
Poe a Milano,
scritto a quattro mani da Andrea Mariani e Simone Venturini,
racconta lesperienza della
sezione cinematografica dei GUF (Gruppi Universitari Fascisti) di Milano, in
relazione soprattutto a due film sperimentali a passo ridotto tratti da
altrettante opere di Poe: Il cuore rivelatore di Cesare Civita, Mario
Monicelli e Alberto Mondadori (1935) e Il caso Waldemar di Ubaldo
Magnaghi e Gianni Hoepli (1936).
Io mi chiamo
Avanguardia, e tu? Leffetto del cinema sperimentale italiano di Valentino
Catricalà evidenzia latmosfera
fantascientifica di alcune opere di Mario Schifano (Umano, non umano,
1972), di Cioni Carpi (I will… I shant, 1961) e di altri
artisti a cavallo fra anni 60
e 80, concentrandosi
in modo particolare su alcune soluzioni estetiche (dissolvenze, sovrimpressioni).
Francesco Di Chiara dedica il suo
intervento (Gli ultracorpi di Antonioni. Tracce di fantascienza in “LEclisse” e “Deserto Rosso”) a due dei film più celebri di
Michelangelo Antonioni soffermandosi sulla recitazione degli
attori, capaci di conferire ai loro personaggi movenze da automi, oppure sui
non-luoghi, quasi mondi post-atomici, in cui sono ambientate le vicende (si
pensi al
quartiere dellEur in LEclisse, o alla
fabbrica inabitata di Deserto Rosso).
Marcuse supera
Asimov. Il fantastico distopico nel cinema italiano degli anni 70 di Claudio
Bisoni affronta il rapporto fra fantascienza e politica nel cinema di
genere. Come nella produzione americana di quegli anni, in Italia molte
pellicole propongono riflessioni pessimistiche sul futuro politico dellOccidente, legate
alle disillusioni politiche della Sinistra (ad es. I Cannibali di Liliana
Cavani, 1970, e Hanno cambiato faccia di Corrado Farina,
1971).
Il cinema comico e
il suo rapporto con il fantastico è al centro dellintervista di Domenico
Monetti allattore-regista Maurizio
Nichetti (Il fantastico al potere), in cui il poliedrico artista
milanese ripercorre le tappe fondamentali del suo cinema. Mentre del genere “comico fantastico” italiano si occupa il saggio di Rocco
Moccagatta Vampiri da ridere: pastiche o pasticcio?.
Al problematico
rapporto fra cinema italiano e fumetto è dedicato lo scritto di Matteo
Pollone,
Qui comincia lavventura. Dal
fumetto al cinema (e viceversa).
In Litaliano di legno (o
le straordinarie avventure di un burattino chiamato Pinocchio nel primo cinema
italiano)
Luca Mazzei ripensa le prime due riduzioni cinematografiche del
capolavoro di Carlo Collodi: quella italiana del 1911, diretta da Giulio
Antamoro e interpretata da Ferdinand Guillame (alias Tontolini), e
quella targata Walt Disney (1940).
Cecilia Penati, Nel segno del
(tele)comando. Traiettorie del fantastico nella fiction televisiva italiana, traccia la storia
dei rapporti fra la produzione televisiva italiana e il genere fantastico,
evidenziandone soprattutto lo scarso feeling.
La seconda parte
del volume si apre con un omaggio al regista Giulio Questi, a cura di Domenico
Moretti e Luca Pallanch (Il Buńuel della val
Brembana. Il fantastico viaggio di Giulio Questi). La sezione I
mestieri del CSC è dedicata alla
sceneggiatura, e registra una intervista a Franco Bertini insegnante
presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma (Scrivo, dunque sono
a cura di Nicola Lusuardi), e un articolo di Andrea Garello sulla
professione dello sceneggiatore per videogames (Ho fatto giochi che
voi umani… ).
Il numero si chiude
con la rubrica Laltra serialità, a cura di Ce.R.T.A. (Centro di
ricerca sulla televisione e gli audiovisivi, Università Cattolica di
Milano). Made in Europe di Massimo Scaglioni fa luce sul fenomeno
delle serie “da esportazione” sottolineando linfluenza e il
successo di alcune serie televisive europee, come la francese Les Revenants e
litaliana Gomorra-La
serie, sul mercato internazionale.
di Diego Battistini
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