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L’attore del Parnaso
Profili di attori-musici e drammaturgie d’occasione
A cura di Francesca Bortoletti

Milano-Udine, Mimemis, 2012
ISBN 978-88-5751-022-4

 

Il volume curato da Francesca Bortoletti (Research Associate, University of Minesota) è dedicato agli “attori-musici” quattrocenteschi in Italia. La prima parte dell’opera è costituita da un saggio della stessa curatrice, mentre la seconda è una raccolta antologica dei contributi più interessanti sul tema, presentati ora per la prima volta o firmati nel tempo da autorevoli storici dello spettacolo, musicologi e italianisti. Bortoletti confeziona in questo modo un compendio delle ricerche sull’argomento rendendo anche conto della loro evoluzione.

 

L’intervento iniziale di Bortoletti consegna al lettore gli strumenti per comprendere il senso complessivo dell’operazione, ma va ben oltre i limiti di un’introduzione di rito. L’autrice segue le tracce del mito di Orfeo nel Quattrocento italiano, per poi verificare, anche appoggiandosi ai testi antologizzati, l’innesto dell’archetipo classico nelle pratiche canore e poetiche allora correnti. In secondo luogo, Bortoletti si sofferma sul mito del rinnovato Parnaso come figura del potere e ne segue le ricorrenze, tra arti visive e performative, nelle diverse corti italiane. L’istituzione di un’analogia tra l’armonia musicale e quella politica, favorì «la traduzione in immagine di tematiche musicali dal carattere autocelebrativo per il principe e per le corti», ma valorizzò anche la pratica musicale quale espressione della gloria del committente. Lo sguardo della studiosa si estende perciò anche ai musicisti-cantori che, grazie al loro nomadismo, divennero vettori di scambi culturali tra i diversi centri di spettacolo.

 

Coerentemente al taglio adottato nel testo introduttivo, anche la selezione e l’orchestrazione dei saggi antologizzati integra l’attenzione ai contesti di ricezione delle pratiche canore con quella verso i processi di produzione artistica e le vicende biografiche dei performers.

 

La premessa della raccolta è affidata alla sapienza di Fabrizio Cruciani che, in un saggio del 1982 sugli attori presenti alla corte rinascimentale di Ferrara, richiamava la necessità di individuare «lo spazio antropologico della società del teatro all’interno delle molte società compresenti», ovvero di occuparsi «di uomini» impegnati in «situazioni materiali» prima che di «opere e di eventi costruiti dalle idee».

 

Nel montaggio del volume confezionato da Bortoletti queste considerazioni metodologiche sembrano concretizzarsi negli interventi immediatamente successivi. Una requisizione sulla ballatina O rosa bella, erroneamente attribuita a Leonardo Giustinian, diviene occasione per Nino Pirrotta per precisare la «perizia pratica» di questo «cantor», le cui opere letterarie raggiungevano in realtà «piena espressione» solo «nell’esecuzione». Esempi di novelli Orfei sono ancora quelli di cui si occupano Franco Alberto Gallo, Nicoletta Guidobaldi e Clelia Falletti. Il primo si sposta tra le diverse corti italiane (e non) per seguire l’attività di Ludovico Carboni, di Aurelio Brandolini e di Pietrobono dal Chitarrino. La seconda, in un saggio presentato per la prima volta in italiano, si sofferma su due medaglie coniate dal veneziano Giovanni Boldù in onore dei musicisti Nicholaus Schlifer e Pietrobono dal Chitarrino, quali testimonianze della reinterpretazione del mito d’Orfeo nel Rinascimento e del prestigio sociale dei migliori musici. Infine, Falletti ricostruisce le feste in occasione del matrimonio tra Ercole d’Este e Eleonora d’Aragona, in cui non mancò l’evocazione in chiave spettacolare del figlio di Eagro e della sua sposa quali specchi della coppia principesca.

 

Un successivo gruppo di saggi si concentra sulla Fabula di Orpheo di Angelo Poliziano. Elisa Curti, in un contributo inedito, si sofferma sul rapporto tra Poliziano e la musica. Quindi, Paola Ventrone, aggiornando un suo scritto del 1997, compone un’introduzione alla Fabula che tiene conto sia della tradizione testuale sia del contesto di produzione e circolazione anche performativa dell’opera, per poi interrogarsi sulle sue interpretazioni. Di Raimondo Guarino è invece riproposta una lettura del testo sulla base dei generi e delle tecniche letterarie di cui è debitore: rovesciando «il consueto procedimento per cui le opere della poesia sarebbero involucro di qualcosa di profondo» Guarino ritiene che in questo caso «l’involucro della poesia» sia «la sostanza della favola del poeta».

 

Non poteva mancare una sezione dedicata a Serafino Ciminelli l’Aquilano: Daniela Delcorno Branca ne rintraccia le connessioni con Poliziano, mentre Giuseppe Gerbino, in un saggio originale, se ne serve per penetrare le dinamiche degli scambi e delle contrapposizioni tra la ripresa umanistica del volgare letterario e l’oralità della tradizione musicale.

 

Completano la mappatura del fenomeno dell’attore-musico, il ritratto di Niccolò Campani detto lo Strascino, a suo tempo compilato da Cristina Valenti per la sua monografia dedicata ai comici artigiani senesi, e un approfondimento inedito di Marzia Pieri su Mescolino Maggiaiolo, arricchito dalla trascrizione dell’Egloga II overo farsetta di Kalendimaggio.

 

Il volume, corredato da vasto apparato iconografico e da una sezione di trascrizioni di documenti, è concluso dalla densa post-fazione di Gerardo Guccini che propone una rilettura del Parnaso di Raffaello come rielaborazione concettuale dei «rapporti fra oralità e vocalità, oralità e scrittura, dimensione cosmica delle Muse e riorganizzazione musiva delle arti».

 

Nel suo insieme, l’iniziativa di Francesca Bortoletti ha il non piccolo merito di osservare un oggetto, ancora sfuggevole e non sufficientemente indagato, coniugando l’attenzione alla “storia minuta”, alla ricostruzione di eventi circoscritti, di personaggi “minori”, di drammaturgie “d’occasione”, con una visione ampia del fenomeno. Seguendo le tracce dell’attore “del Parnaso” Bortoletti finisce così per comporre uno sfaccettato affresco di quella che Guccini definisce una vera e propria «civiltà della performance, provvista di riferimenti mitici, di tecniche condivise, e individualizzate, di statuti specifici, di tensioni dialettiche e di movimenti dilatatori».

di Emanuela Agostini


La copertina

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