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Gianni Cicali

L’Inventio crucis nel teatro rinascimentale fiorentino.
Una leggenda tra spettacolo, antisemitismo e propaganda.

Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2012, pp. 181, € 15,00
ISBN 978-88-6032-233-3

 

Ed ecco uscire, per i tipi della Società Editrice Fiorentina, un nuovo libro teso a indagare il mondo del teatro sacro nell’ambito della Firenze rinascimentale. Questa volta, ad essere oggetto d’esame sono le più rappresentative riduzioni teatrali della Leggenda della Vera Croce (o Inventio crucis).

Com’è risaputo, le storie sul ritrovamento della croce di Cristo cominciano a circolare nel IV sec. d.C. (dopo la conversione al cristianesimo dell’imperatore Costantino) e gravitano intorno al lungo viaggio intrapreso da Elena, la mamma di Costantino, in Palestina, alla ricerca della più importante reliquia della cristianità. È una leggenda che ebbe un’enorme fortuna nella storiografia cristiana delle origini e che, nel XIII secolo, venne poi accolta nell’opera la cui diffusione, nel Medioevo, fu inferiore solo a quella della Bibbia, ovvero nella Legenda aurea di Jacopo da Varagine.

 

Gianni Cicali (Dottore di Ricerca presso l’Università degli Studi di Firenze e attualmente assistant professor alla Georgetown University di Washington D.C.) concentra la sua attenzione su quattro opere: l’Invenzione della croce di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici (1463-1503), il Costantino imperatore, San Silvestro papa e Sant’Elena di Castellano Castellani (1461-1519), l’Esaltazione della croce di Giovan Maria Cecchi (1518-1583) e L’invenzione della croce di Beltramo Poggi (m. 1580). Un manoscritto di quest’ultimo lavoro, poco conosciuto e ancor meno studiato, si trova nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, catalogato come anonimo. Ad attribuirlo a Poggi è stato lo stesso Cicali, che, fra l’altro, l’ha parzialmente riportato in appendice. Anche per questo motivo (sebbene non solo), il volume si dimostra una risorsa imprescindibile per tutti gli appassionati della materia.

 

I quattro testi vengono accuratamente contestualizzati dallo studioso e perciò messi in relazione col clima sociale e culturale che si respirava, fra metà Quattrocento e fine Cinquecento, nella Firenze medicea: una città dove dilagava un infuocato antisemitismo, a seguito delle predicazioni dei frati francescani sul finire del XV secolo; dove l’Oriente andava di moda, soprattutto dopo il Concilio del 1439, e dove gli iconologi di corte sfruttavano la memoria della Roma imperiale e la leggenda della scoperta della croce con intenti mitopoietici e propagandistici.

 

Lo studioso non tralascia neppure di creare delle interessanti connessioni fra i testi drammaturgici da lui presi in esame (appartenenti a un tipo di teatro che viene definito «religioso rinascimentale con ascendenze romanze») e alcuni capolavori dell’arte figurativa, come il ciclo delle Storie della vera croce (1452-1466), dipinto da Piero della Francesca nella Basilica di San Francesco ad Arezzo, il ciclo della Leggenda della Vera Croce (1380-1390) dipinto da Agnolo Gaddi nella Basilica di Santa Croce a Firenze, e la Sala di Costantino, in Vaticano, affrescata dagli allievi di Raffaello fra il 1520 e il 1524.

Si tratta dunque d’una leggenda estremamente suggestiva e affascinante, i cui protagonisti principali sono Costantino, sua madre Elena e Papa Silvestro I, che vede scontrarsi i cristiani contro i pagani, che si presta ad essere interpretata da mille differenti punti di vista, e che qui, per la prima volta, è attentamente analizzata nelle sue più originali, significative, avventurose, esotiche, e a tratti perfino comiche, declinazioni teatrali.

 

 

di Giulia Tellini


La copertina

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