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Giulietta Bazoli

L'orditura e la truppa
Le Fiabe di Carlo Gozzi tra scrittoio e palcoscenico
Prefazione di Piermario Vescovo

Padova, Il Poligrafo, 2012, pp. 353, euro 23,00
ISBN 978-88-7115-802-0

 

L’orditura e la truppa è il frutto delle lunghe ricerche e dell’attento spoglio compiuto da Giulietta Bazoli sul materiale relativo alle Fiabe di Carlo Gozzi nell’omonimo fondo della biblioteca Marciana di Venezia. Il lavoro, compiuto seppure probabilmente non esaustivo, offre un contributo importante tanto alla filologia teatrale gozziana quanto alla storiografia del teatro stricto sensu. In prima istanza portando all’attenzione degli studiosi il complesso lavoro di rifinitura che caratterizza la scrittura del conte dall’idea alla stampa, passando per la tappa fondamentale del palcoscenico; nel secondo caso, proprio a partire dai copioni per i comici, avanzando valide ipotesi sul percorso artistico della compagnia Sacchi e del suo capocomico, alla cui abilità le Fiabe furono affidate. Scandito da questi due momenti di analisi, il libro è bipartito nelle sezioni significativamente intitolate Nella fucina gozziana e Il palcoscenico gozziano e oltre.

 

Lo studio dei manoscritti recentemente accolti dal Fondo Gozzi ha permesso all’autrice di riconoscere i diversi momenti che costituiscono la preparazione dell’opera per la stampa, riassumibili in quattro grandi categorie: l’ideazione, fatta di appunti sulle letture e sulle suggestioni che stimolano la creatività del Conte; la scrittura della trama in forma narrativa; l’esposizione dell’«ossatura», ossia la divisione della vicenda in atti e scene; infine la verseggiatura. In qualche caso, tra quest’ultima e la stampa si collocano documenti testimoni di un ulteriore stadio, accompagnati dalla licenza di rappresentazione e quindi identificabili come la versione destinata ai comici. In essi (come nel caso preso in esame del Serpente, il manoscritto preliminare alla Donna serpente) abbondano le didascalie e i suggerimenti ai comici o al curatore dei costumi o delle scene. Indicazioni che si riducono, quando non mancano del tutto, nella princeps Colombani; questo proprio perché necessarie agli esecutori ma non ai lettori, massimamente quando si tratta di consigli per le improvvisazioni del Truffaldino Antonio Sacchi e dei suoi compagni. Qualcosa di simile emerge anche dalla prima stesura verseggiata del Mostro turchino, in cui all’esposizione in prosa della storia si alternano già alcune annotazioni per gli attori. È certamente questa la parte più interessante per gli storici del teatro: la consultazione dei copioni così concepiti permette infatti di avanzare solide congetture circa la possibile forma dello spettacolo.

 

Tuttavia l’«occhio mentale» di Gozzi non attende il momento della verseggiatura per proiettare la fiaba sul palcoscenico, ma fin dalla fase ideativa ne immagina la “vita”. Le ossature sono arricchite di appunti e suggerimenti su come realizzare scene e trucchi. Queste note non attestano il contributo dell’autore alla messinscena, ma ne dimostrano certamente la competenza in ambito rappresentativo e comunque il suo contributo intellettuale al prodotto spettacolare. Il manoscritto marciano della Rappresentazione del Re cervo, ad esempio, è in questo senso una miniera di preziose didascalie che curano tanto l’assegnazione delle parti quanto i bisogni scenografici (incluse le metamorfosi dei personaggi o degli apparati scenici). Le annotazioni dedicate alla musica sono poi un dettaglio fondamentale nella prospettiva di un ripensamento del fenomeno Commedia dell’Arte come spettacolo connotato musicalmente: in esse Gozzi dimostra una competenza che va di pari passo con quella spettacolare appena descritta, e che chiarisce come la componente sonora fosse un elemento nient’affatto straordinario nelle esibizioni dei comici.

 

Lo studio filologico delle Fiabe gozziane si chiude con un capitolo che ribadisce l’accuratezza delle ricerche intraprese da Giulietta Bazoli nel fondo marciano. Il tentativo di datazione delle opere del Conte è condotto tramite il continuo confronto tra la loro edizione a stampa, gli scritti autobiografici e gli appunti manoscritti. L’indagine si dipana come una treccia composta da tre fili, ognuno dei quali serve molto all’altro: l’incrocio delle fonti usate per le Fiabe (spesso dichiarate dal commediografo), delle varianti nell’onomastica (ispirata talvolta da fonti ulteriori, talaltra dai nomi d’Arte dei comici) e delle presunte date di composizione finisce per dare un quadro decisamente più completo e chiaro dell’opera di Gozzi.

 

Non meno puntuale è la ricostruzione dei profili degli attori della compagnia Sacchi e il lavoro di attribuzione dei personaggi delle Fiabe. Pur ammettendo l’incompletezza dei risultati, la studiosa ne offre un quadro che deve fungere da punto di partenza per qualunque ricerca voglia svolgersi intorno all’attività della compagnia e dei suoi componenti. Di particolare importanza è la valorizzazione della preparazione culturale degli attori della truppa (attestata in primis dalle biografie del Bartoli), che confuta l’idea del comico rozzo, costretto all’improvvisazione dal proprio analfabetismo. Che Gozzi non ne faccia menzione rientra in un disegno volto a preservare e valorizzare l’immagine dell’autore, anche a scapito di quella della «truppa». Partendo da questa constatazione Giuletta Bazoli può smascherare le accuse rivolte dal Conte al suo capocomico per l’insuccesso delle tragicommedie Il cavaliere amico e Doride: non dalle scarse capacità dei comici a interpretare parti serie è dipeso il flop delle due recite, ma da una prematura ambizione dello scrittore. Il quale peraltro, sottolineando che le due opere furono richieste del Sacchi e non frutto della propria creatività, poteva difendersi da chi gli avesse rimproverato un allontanamento dalla commedia all’improvviso a lungo sostenuta.

 

L’ultimo capitolo del libro è dedicato allo scioglimento della compagnia “storica” che accompagnò al successo le Fiabe gozziane, e alle peripezie di un Antonio Sacchi vecchio, ma mai stanco del palcoscenico: un contributo esile ma utile a completare il ritratto di un artista straordinario, eclettico e accentratore come tutti i maggiori protagonisti della Commedia dell’Arte, da Martinelli a Biancolelli.

 

Conclude il libro un’Appendice in cui sono trascritti documenti d’archivio significativi o di non facile reperibilità.

 

 

di Lorenzo Galletti


La copertina

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