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Teatri delle diversità, n. 61, ottobre 2012


n. 61, ottobre 2012, pp. 51, € 8.00
ISSN 1594-3496

 

Il sessantunesimo numero di «Teatri delle diversità» si apre con un editoriale di Vito Minoia. Il direttore della rivista, richiamandosi alle teorie del professore di scienze cognitive Howard Gardner e del pedagogista Andrea Canevaro propone una riflessione dal titolo L’intelligenza rispettosa e il potere della metafora.

 

La sezione Panorama internazionale raccoglie interventi sul teatro in Russia, Francia, Bielorussia, Cina e Italia. La seconda parte del reportage Il teatro Masterskaja di Pjotr Fomenko, a cura di Monica Santoro, riporta i ricordi di alcuni partecipanti al Laboratorio di Mosca condotto dal maestro russo prima della sua scomparsa. Le Conferenze gesticolate di Renata Antonante riassumono invece le riflessioni emerse al Festival di educazione popolare Le vent se lève di Tolosa; in Un osservatorio per il teatro universitario, Claudio Facchinelli passa in rassegna le performances delle compagnie ospiti del Teatralny Koufar Festival tenutosi a Minsk, vicine  più al “teatro di ricerca” internazionale che a quello amatoriale (come purtroppo avviene spesso per il teatro universitario in Italia). Le caratteristiche tradizionali nazionali nel teatro moderno cinese contiene l’intervento a Minsk, durante il IX Congresso IUTA (International University Theatre Association) di Jiang Ruoyu, docente all’Accademia Centrale di Teatro di Pechino, il quale illustra le commistioni tra la tradizione artistica e culturale cinese e le influenze occidentali, parlando dell’opera The Peacock Files Southeast (“Il pavone vola a Sudest”). Roberta Quarta presenta infine L’I.T.I.-Italia riparte da Lecce, accennando alle nuove proposte, tra cui l’iniziativa della serie Dialoghi sul teatro.

 

L’articolo Pinocchio Black sheep apre poi l’Inserto teatro e carcere. Si tratta dell’intervista di Ginevra Sanguigno a Stefano Luca, frate e attore, il quale racconta la propria esperienza di lavoro con i ragazzi della prigione di Bamenda (Camerun) per la messa in scena di PinokkIo Black Sheep, il cui titolo gioca sulle parole “Io-pecora-nera”. A seguire, Due vestiti neri per le troiane di Giuseppe Lipani sulla rappresentazione dello spettacolo tratto dalla tragedia di Euripide al Teatro delle Maddalene, in occasione del Festival Relazione Urbana di Padova. Il progetto Passi Sospesi di Balamòs Teatro vede protagoniste dieci allieve/attrici del laboratorio teatrale della Casa di reclusione femminile della Giudecca, guidato da Michalis Traitsis. Chiamato in visita agli Istituti penitenziari veneziani, Giuliano Scabia cura il successivo intervento Un’eccezione al silenzio. Lo scrittore ricorda come quell’incontro, avvenuto in un giorno di protesta (le detenute osservavano infatti uno sciopero del silenzio per le condizioni spesso inumane delle carceri italiane), abbia «suscitato epifanie di stati mentali nascosti, segreti, ma potenti, che hanno fatto esplodere l’abitudinario contesto carcerario». Com’è difficile essere liberi di Eleonora Firenze, sposta l’attenzione sul carcere milanese di Bollate dove Michelina Capato Sartore ha fondato nel 2003 la cooperativa sociale onlus E.s.t.i.a. L’incipit del sottotitolo «sbarre double fax» stimola la riflessione sul “dentro/fuori”: «La dimensione della Compagnia ha già nella sua essenza il valore di un’accettazione, [...] si partecipa a creare la sua identità e da questa, arricchita dal lavoro di tutti, si è caratterizzati, identificati, riconosciuti. Un bene così prezioso, così difficilmente raggiungibile, così fragile che ha forse bisogno delle sbarre per non essere intaccato dal “resto”, da quel “fuori” che nonostante l’abito di rispettabilità che indossa, male odora»: cosicché, «alla fine, appare che forse sono più liberi coloro che son “dentro” e che hanno messo in gioco se stessi, rispetto a noi falsamente liberi “fuori”, così standardizzati e omologati. Così protetti». A chiusura, La storia di un ragazzo ebreo di Claudio Facchinelli, sulla lettura del diario avvenuta nella sezione femminile di San Vittore.

 

Affrontano lo stesso tema della sezione precedente gli articoli contenuti nell’inserto Documenti di Catarsi 61, Destini incrociati, Prima rassegna nazionale di teatro in carcere che si apre col Bilancio positivo sull’iniziativa di Simona Carlucci. All’interno, Un itinerario d’alta teatralità di Valeria Ottolenghi, sugli spettacoli al Teatro delle Arti di Lastra a Signa e nei penitenziari di Sollicciano e Prato; la testimonianza di Fabio Cavalli, Uno dei meriti del film girato a Rebibbia, sul Cesare deve morire dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani; i Frammenti di un’opera dispersa di Valeria Ottolenghi sulla performance di Michele Sambin; Una forma di teatro popolare di Gianfranco Pedullà; Nel ‘Giardino degli incontri’ di Giovanni Michelucci, a cura di Claudio Facchinelli. Si segnala infine il triplice intervento di Adela Gjata, sull’esperienza artistica dell’Ospedale Psichiatrico di Montelupo Fiorentino che ha visto come partecipanti Claudio Misculin con l’Accademia della Follia e Giuliano Scabia (Come Virgilio tra i gironi dell’Inferno); sulla messa in scena del testo brechtiano a cura del laboratorio teatrale condotto da Pedullà presso la casa circondariale di Prato (Giovanna, santa dei poveri) e sui Racconti in video, ovvero gli undici documentari proiettati negli spazi dello Spedale Sant’Antonio di Lastra a Signa che la Gjata definisce «tasselli tra carcere e pedagogia» perché «sembra che l’arte scenica, uscendo dai luoghi deputati e confrontandosi con il clima di angustia e di necessità propria delle carceri, rifletta sulla propria funzione sociale e sopra la sua essenza profonda in quanto scambio tra persone» (Un mosaico di scambi tra persone).

 

Nella parte dedicata alle Rubriche trova spazio la riflessione di Gianni Tibaldi Dall’etimosimbolismo all’ideoetimosimbolismo. Il primo termine indica il metodo di ricerca ideato da George Groddeck che, se applicato alla lingua ideogrammatica, viene chiamato ideoetimosimbolismo e consente di interpretare il valore simbolico delle parole. In Didattica della visione, Paolo M. Albani ritorna sul tema della necessità di formare lo spettatore, perché questi acquisisce la consapevolezza del proprio ruolo di “parte in causa” nello spettacolo; Ivana Conte in Forme e azioni di mediazione teatrale in Italia, illustra alcuni momenti formativi sviluppatisi in Italia a partire dal progetto IRIDE (nato tra 2000 e 2001 dalla collaborazione tra ETI, Théâtre de la Marionette di Parigi e Théâtre La montagne magique di Bruxelles con l’obiettivo di sviluppare le competenze per la mediazione tra teatro e pubblico). Al Valle va in scena la lotta per la cultura di Sara Ferrari è ancora una volta l’occasione per ricordare l’occupazione del teatro a suo tempo gestito dall’ETI e la lotta dei lavoratori dello spettacolo per una diversa politica culturale nel sistema teatrale. In chiusura, l’intervista di Eleonora Firenze a Rosita Volani, direttrice dell’associazione Olinda che opera con persone affette da disagio psichico. Sandro Avanzo e Valeria Ottolenghi espongono i temi di discussione del Festival delle Colline di Torino segnalando l’idea di una nuova rivista in rete internazionale e plurilingue.

 

 

di Caterina Nencetti


La copertina

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