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Janie Cole

Music, Spectacle and Cultural Brokerage in Early Modern Italy.
Michelangelo Buonarroti il Giovane.


Fondazione Carlo Marchi, Quaderni 44, Firenze, Leo. S. Olschki, 2011, 2 voll., pp. 786, euro 89
ISBN 978 88 222 5989 9

Il lavoro di Janie Cole analizza, attraverso la ricostruzione della vita e della ruolo sociale di Michelangelo Buonarroti il Giovane (1568-1647), la definizione e l’essenza dell’intermediazione culturale nell’Italia Rinascimentale e Barocca, per quanto riguarda le varie manifestazioni dello spettacolo di corte, al fine di esaminare il concetto di clientelismo culturale, per sviscerare in tutte le sue implicazioni il ruolo del mediatore delle arti, di solito poco approfondito e qui invece inteso come fonte di potere politico, sociale e culturale. L’intermediazione culturale è una parte essenziale del mecenatismo; la relazione committente-mediatore-cliente consiste in uno scambio indiretto a tre parti nel quale il mediatore rende possibile l’incontro e la conciliazione fra i due livelli estremi, nettamente separati per distanze fisiche, sociali e politiche. La modernità dei termini broker e cultural brokerage può sembrare anacronistica, ma rende appieno il ruolo sfumato adottato da alcune figure aristocratiche come Michelangelo Buonarroti il Giovane, che portò musicisti, compositori, poeti, scienziati e artisti in contatto con committenti potenti, mediando per la buona riuscita di commissioni saltuarie e impieghi duraturi, incoraggiando la continuità del mecenatismo musicale, letterario, scientifico e artistico attraverso il succedersi delle autorità di potere (a Firenze, per i Medici, Ferdinando I, Cristina di Lorena, Cosimo II, Maria Maddalena, Vittoria della Rovere, Leopoldo e Giovan Carlo) e l’arricchimento della proposta artistica attraverso lo scambio fra le varie corti italiane. Nel caso di Buonarroti la figura del mediatore è incarnata da un aristocratico che agisce in primo luogo per mantenere e stabilizzare la sua posizione sociale nei confronti dei suoi protettori e la cui attività può essere benissimo riferita a quella più ampia categoria della nobiltà senza professione che cresce e si sviluppa intorno alle corti  italiane fra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento.

Questo lavoro costituisce il primo studio comprensivo sulla vita e le opere di Michelangelo Buonarroti il Giovane, inquadrando le sue vicende personali e la sua produzione nel più ampio contesto letterario e musicale della Firenze di fine Cinquecento e inizi Seicento, non escludendo le altre corti presso cui egli fu attivo o fu in stretto contatto, come Roma, Mantova, Parma, Urbino e Pesaro. L’autrice ricostruisce quindi la figura di Buonarroti sotto una più ampia prospettiva, in particolare per quanto riguarda il suo contributo allo spettacolo musicale, esplorando la natura delle sue complesse relazioni, dove il clientelismo occupa la parte più consistente, e mettendo in luce la figura di un poeta che agisce e manovra fra le più importanti corti italiane, facendo da tramite per i mecenati più potenti, grazie alla sua fitta rete di conoscenze e di contatti e al suo sapiente uso dell’arte come fonte di potere.

Il primo capitolo traccia il contesto di base della trattazione, ricostruendo le origini della famiglia di Buonarroti e soprattutto la genesi e lo sviluppo del disegno ‘mitologico’ dell’aristocratico pronipote nei confronti dell’omonimo celeberrimo prozio, attraverso la creazione della Galleria in memoria dell’artista e la pubblicazione delle sue Rime nel 1623, parte fondante del disegno di autocelebrazione della famiglia per assicurarsi un’inattaccabile posizione sociale all’interno del circolo nobiliare fiorentino.

Il secondo capitolo analizza lo status di Buonarroti come poeta affermato, figura centrale all’interno del panorama intellettuale fiorentino, e accademico delle due più prestigiose ‘conversazioni’ della città, l’Accademia della Crusca e l’Accademia Fiorentina.

Il terzo capitolo si concentra sul ruolo di Buonarroti come protettore-mediatore, in particolare nei riguardi dei compositori e musicisti italiani, analizzando le vicende particolari all’interno del più ampio contesto dello sviluppo del teatro d’opera: di importanza fondamentale il diretto coinvolgimento di Buonarroti nei circoli musicali, nelle accademie e nelle associazioni private del tessuto fiorentino, come l’Accademia degli Alterati, l’Accademia degli Elevati, l’Accademia di Lettere, Armi e Musica e il Collegio dei Giovani nobili di Via San Gallo.

I capitoli quattro, cinque e sei analizzano la relazione fra Buonarroti e la famiglia Medici fra il 1580 e il 1640, la sua posizione nei confronti degli altri poeti di corte rivali, come Ottavio Rinuccini, Gabriello Chiabrera, Francesco Cini, Andrea Salvadori e Fernando Saracinelli, arrivando a definire lo scopo e la natura dei suoi spettacoli messi in scena alla corte medicea, per ristabilirne la giusta collocazione all’interno della storia del teatro italiano e della produzione musicale. Passando per tre diverse autorità dinastiche medicee (Ferdinando I, Cosimo II, Ferdinando II, incluso il periodo della reggenza nella minorità di quest’ultimo) viene in questi capitoli evidenziato come la produzione di Buonarroti subisca profondi mutamenti seguendo le intenzioni autocelebrative dei diversi committenti.

Il settimo e l’ottavo capitolo trattano del rapporto di Buonarroti con mecenati extra-fiorentini. La stretta e prolungata collaborazione con la famiglia Barberini, qui ricostruita attraverso l’ampia corrispondenza epistolare, conferma il fondamentale ruolo di mediatore del Buonarroti fra la corte papale e importanti artisti del periodo; un’attività condotta con diplomazia e con tenacia, che sarà fondamentale per la buona riuscita dei rapporti e delle collaborazioni fra la corte medicea e quella romana. Di notevole importanza, infine, il ruolo di Buonarroti presso la corte dei Gonzaga, in particolar modo con il duca Ferdinando I, e la sua attività di mediatore di artisti presso le corti dei Della Rovere e dei Farnese.

Il pregevole lavoro saggistico e critico di Janie Cole è affiancato e completato da una consistente e ben organizzata appendice documentaria (volume II), articolata in diverse sottosezioni e basata sulla ricognizione di fonti archivistiche per in gran parte inedite e conservate, per la maggioranza, nell’Archivio di Casa Buonarroti di Firenze; altre fonti primarie sono state reperite presso l’Archivio di Stato di Firenze, principalmente nel fondo Mediceo del Principato e in quelli della Guardaroba Medicea, della Depositeria Generale, e dei  Conventi Soppressi, nei vari fondi delle Biblioteche Nazionale, Marucelliana, Riccardiana e Moreniana di Firenze, oltre all’Archivio di Stato di Mantova, alla Biblioteca Apostolica Vaticana (Fondo Brunetto Latini) all’Archivio di Stato e alla Biblioteca estense di Modena.

di Caterina Pagnini


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