Trascorsi dieci anni dallattacco
al World Trade Center, «Duellanti» sceglie di aprire il nuovo numero di
settembre con unanalisi di come il cinema americano, e non solo, ha
rappresentato e rievocato un evento che ha spaccato la Storia, penetrando in
maniera indelebile nellimmaginario. Franco Marineo, che firma larticolo
iniziale, sottolinea come il cinema abbia reagito a caldo dando vita al
collettivo 11 settembre: undici registi provenienti da tutto il mondo
realizzano ciascuno un cortometraggio della durata di undici minuti, nove
secondi e un fotogramma. Da questo momento il vuoto lasciato dalle Twin Towers
diventa il termine di riferimento quasi assoluto per la scansione cronologica
di un intero mondo. Contemporaneamente si assiste alla moltiplicazione virale
di film prodotti e autoprodotti caratterizzati dalla comune volontà di
intessere trame piene di ipotesi non necessariamente fantasiose sullesistenza
di un Complotto. Il cinema americano della prima decade del XXI secolo sembra
diventare metafora del clima di paura totale innescato dallattentato alle
Torri Gemelle e rinforzato dalla miopia della guerra preventiva di G. W.
Bush e dei suoi falchi. Nellarticolo successivo, Roy Menarini
approfondisce la tesi sviluppata dal collega affermando che la maggior parte
delle pellicole prodotte oltreoceano sembrano dirci che la Storia di ieri e di
oggi è frutto di un dietro le quinte, di una menzogna, «di un intrigo
nazionale». Non sarà un caso che anche i più recenti blockbuster
insistano, in maniera fantasiosa, su questo aspetto: in X-Men – Linizio
si ipotizza che tutta la vicenda dei missili a Cuba sia stata manovrata dai
diversi gruppi dei mutanti. Interessante, secondo il critico, appare la
rilettura che Transformers 3 propone al pubblico a proposito dello
sbarco sulla Luna, finanziato in verità per scoprire la civiltà alinea nella
zona oscura del satellite. Con Captain America – Il primo vendicatore,
leroe, vera e propria arma umana, combatte per snidare mortali progetti
segreti. Per Menarini siamo allinterno di un periodo di ridefinizione del
ruolo americano nello scacchiere geopolitico. Questo ritorno allidea di
complotto e della deresponsabilizzazione storica (Cuba, Luna, guerra) va
ricondotto al senso di fragilità e di ridimensionamento simbolico che lera Obama
pare suggerire. Dopo lanalisi di The Conspirator, con cui Robert
Redford rilegge la storia degli Stati Uniti per ribadire un punto di vista
morale sul presente, la rivista torna sul cinecomics Captain America.
Per Rocco Moccagatta luniverso supereroistico della Marvel, ben più
di quello della DC Comics, «ha saputo negli ultimi decenni ripensarsi
come esaltante koiné sincretica di mondi e sapori anche esterni e
lontani dal fumetto in senso stretto», abituando il suo pubblico di affezionati
lettori a una permeabilità continua e naturale tra media e linguaggi.
Nello spazio denominato
“incontriepercorsi”, la rivista si occupa di Super 8. Secondo Moccagatta
il merito del film è da ricondurre allincontro tra «il movie maker
hollywoodiano par excellance (Steven Spielberg) in equilibrio
sottile tra blockbuster miliardario e animo dautore, in grado di
alternare piccoli film personali e kolossal planetari e lautore televisivo (J.
J. Abrams) più brillante degli ultimi anni (Alias, Lost, Fringe),
sperimentatore della tenuta e delle possibilità della narrazione seriale anche
oltre il piccolo schermo, sempre più spesso richiesto dal cinema». Per il
critico, con Super 8 Abrams si sovrappone a Spielberg nei termini della
nostalgia evocata dietro tutta loperazione. Lintervento di Marco Toscano
chiude la sezione dedicata alla pellicola americana, incentrando lanalisi
sulla vocazione metalinguistica di Abrams: Super 8 si pone come opera
sul cinema, sullatto del vedere, imprimendo traccia di ciò che è possibile (o
possibile solo) su un supporto. «Tutte le linee narrative evolvono grazie
allintervento del congegno cinematografico e allatto della fruizione, momento
di rivelazione non solo di elementi esterni, ma anche di vicende private,
sentimenti e ricordi». Secondo Toscano, nel farsi ragionamento sul mezzo e sul
linguaggio cinematografico, Super 8 acquista velocità e imprevedibilità,
riuscendo a risultare addirittura toccante. Sempre nella stessa sezione,
«Duellanti» compie unincursione nel cinema danimazione e quello tratto dalla
letteratura per ragazzi, analizzando Cars 2 (J. Lassater), Kung
Fu Panda 2 (J. Yuh) e Harry Potter e i Doni della Morte 2 (D.
Yates). Anna Antonini, cultrice dei cartoons, sostiente con ferma
convinzione che la Pixar può essere considerata a tutti gli effetti
lerede della Disney: ogni titolo deve rappresentare una sfida al
precedente e contenere una piccola o grande meraviglia tecnica in grado di
stupire e conquistare ancora una volta il pubblico. Per quanto riguarda la
fortunata serie tratta dal best seller di K.J. Rowling, Antonini
rintraccia il punto di forza della saga nellinattesa sinergia tra il massimo
dellartificiale (effetti speciali visuali, ottici, digitali, make up) e
il massimo dellumano (la parola scritta e soprattutto quella pronunciata dagli
attori che nel successo di questi film hanno avuto un ruolo determinante). Da
alleati scavalcano lautore, quel parametro sul quale si è tarata per decenni
la storia e la critica del cinema che non ha né posto né senso in questo contesto. Secondo la redattrice, per
realizzare un buon adattamento, cera necessariamente bisogno di qualcuno
sufficientemente umile e responsabile da tenere tutti i pezzi insieme e farli
funzionare fino alla fine, non di una spiccata personalità destinata a produrre
conflitti. Terminando il suo intervento, il critico ricorda ai lettori
«limportanza nel riuscire ad andare oltre il gusto personale per valutare
quanto distrugga e quanto costruisca nellindustria cinematografica questa
immensa cattedrale di immagini». Antonini prosegue affermando che il ruolo del
ciclo Harry Potter è simile a quello di Titanic: «come il
kolossal di Cameron, anche il trionfo di pubblico è un deterrente alla
corretta valutazione del peso e delle conseguenze dellopera».
Nellapprofondimento destinato agli interpreti, Marzia Gandolfi si sofferma
sullattore tedesco Micheal Fassbender, corpo che incarna figure cha
sembrano possedere qualcosa di infranto, e che la performance attoriale prova a
ricomporre. «Dinamico, denso, misticamente turbato, lattore vibra di tensione
immanente ed è abitato da uneccitazione perpetua che non riesce a fugare le
ombre del passato. Un perfetto guerriero “chiaroscuro”, vago e torbido, che
mescola i contrari. Per quanto riguarda la trattazione di argomenti non
cinematografici, «Duellanti» si interessa della 54° Esposizione Internazionale
dArte alla Biennale di Venezia, dove si tende a riflettere sullimmagine
riflessa e in movimento, con le opere di Lee Yong-Baek, Pipilotti Rist, e James
Turrell.
Resta da segnalare luscita di Post
Mortem, diretto da Pablo Larraín, presentato in concorso alla 67°
Mostra Internazionale dArte Cinematografica di Venezia e distribuito in
sordina in pochissime sale italiane. Luscita in dvd è loccasione per
recuperare unopera capace di osservare attraverso gli occhi di un personaggio
avulso dalla Storia le violente trasformazioni politiche e sociali del Sud
America ai tempi di Salvator Allende.
di Francesca Valeriani
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