A differenza dei secoli passati, quando la capacità di raffigurare il mondo e i suoi eventi, e quindi anche la pratica teatrale, era legata principalmente a due linguaggi, quello scritto (fosse esso resoconto, recensione o memoria) e quello figurativo (dipinti, incisioni, stampe e talvolta anche statue e medaglie), nel Novecento la nascita di nuove tecniche di riproduzione del reale ha consentito di allargare a fonti e documenti di natura audiovisiva il campo dindagine sulla storia del teatro.
Per una fortunata coincidenza (a posteriori forse non così imprevedibile), la nascita di queste nuove tecniche, che hanno permesso di prolungare la memoria al di là del quotidiano e di fissarla su supporti ripercorribili, ha coinciso con un ampliamento delloggetto di studio della disciplina storico-teatrale che ormai da tempo non si basa più soltanto sullo studio di testi drammatici ma anche e soprattutto sulla performance e sugli attori (argomenti questi al centro del progetto AMAtI diretto da Siro Ferrone), sullorganizzazione della scena e della scenografia, così come dei processi produttivi e delle condizioni materiali che sottendono alla realizzazione dellevento spettacolo, i cui valori sono efficacemente rivelati proprio dai supporti visivi e sonori.
Dalla seconda metà del XX secolo, tramite lutilizzo del mezzo audiovisivo gli studi teatrologici si avvalgono dunque di un nuovo linguaggio che consente non solo di fissare su supporto rappresentazioni un tempo “inafferrabili” ma anche la creazione di video per un uso scientifico e didattico (videobiografie di attori tramite documenti provenienti da contesti differenti, analisi didattiche di unespressione o di un fatto teatrale, ricerche etnografiche e antropologiche sul teatro) se non veri e propri saggi critici per immagini. Proprio la produzione di documenti teatrali audiovisivi con lavvento della tecnologia digitale e delle nuove acquisizioni informatiche degli ultimi anni ha beneficiato in termini di efficacia ed efficienza. Molti sono infatti i vantaggi offerti dal digitale: si pensi alla possibilità di lavorare sulla qualità del singolo fotogramma e quindi sulluniformità del prodotto, alla conservazione pressoché perpetua della memoria grazie al basso grado di deperibilità e deterioramento dei files, così come alle migliori condizioni di circolazione, fruibilità e accesso ai singoli contenuti. Non solo: le nuove tecnologie hanno aperto una nuova frontiera dellindagine storica rendendo plausibili, tramite operazioni di tipo “archeologico”, le ricostruzioni di eventi di cui si posseggono i dati e le informazioni necessarie ma non limmagine documentaria.
Partendo da queste considerazioni, il volume di Desirée Sabatini, preceduto da una prefazione di Ferruccio Marotti, indaga con attenzione le modalità con cui i nuovi linguaggi multimediali hanno e stanno modificando il vecchio sistema di approccio alle fonti audiovisive. La possibilità di scomporre e immagazzinare la memoria video in database relazionali e metadati governati da specifici software ha infatti comportato una radicale innovazione nei processi di editing filmici e la necessità di postulare, assieme agli storici del teatro, nuove metodologie di lavoro che garantiscano adeguati standard di scientificità e di obiettività. Lautrice mette così in risalto gli innegabili vantaggi che potrebbero derivare da unapplicazione coerente ed uniforme delle neo-tecnologie nellancora confuso e incerto territorio della catalogazione e archiviazione dei beni multimediali, sottolineando le potenziali ricadute nellambito delle ricerche storiche favorendo nuovi e raffinati strumenti dindagine.
Nel volume ampio spazio è riservato anche alla trattazione pratica della produzione di filmati e documentari teatrali. Dopo una disamina delle specifiche tecniche dei segnali analogico e digitale, lautrice si addentra nellindividuazione delle analogie e differenze che intercorrono tra il processo di organizzazione dellaudiovisivo teatrale e quello televisivo o cinematografico. In particolare, Sabatini preconizza la nascita di un montaggio specificatamente teatrale che se da un lato soggiace al linguaggio tecnico dellaudiovisivo (qualità dellimmagine e del suono, angolazione della ripresa, ecc.), dallaltro gode di una propria grammatica e sintassi così come di una propria estetica che varia a seconda delle motivazioni per cui il documento è prodotto (narrative, critiche, ecc.) ma anche in base ai codici espressivi dei contenuti registrati.
Nel complesso il volume può dunque considerarsi unaggiornata riflessione sul rapporto tra teatro e nuovi media nellera del digitale ma anche un agile manuale duso per chi intendesse conoscere nel dettaglio, anche solo per puro diletto, la nascente professione di editor teatrale.
di Leonardo Spinelli
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