A qualche anno di distanza dalla morte dellattrice, limportante volume di Claudio Longhi ricostruisce il percorso teatrale e intellettuale di una delle protagoniste delle scene italiane del secondo Novecento, Marisa Fabbri. La prima parte del volume traccia in modo approfondito le tappe della biografia dellattrice: dal diploma di recitazione a Firenze, città natale, alle prime prove nel Teatro Universitario, dalla scoperta dellambiente milanese (la Fabbri racconta, con tono divertito, della bocciatura per scarsa telegenia in un provino per la televisione milanese) fino allapprodo nei primissimi anni Sessanta allo Stabile di Trieste.
I giganti della montagna di L. Pirandello;
regia di G. Strehler, Piccolo Teatro di Milano, 1966.
Ma è il rapporto che la legò ai maggiori registi italiani di teatro del Dopoguerra che emerge dalle pagine del volume (lautore riporta criticamente anche varie lettere della Fabbri che aiutano a coglierne la personalità e i progetti): con Strehler lavorò ne I Giganti della montagna di Pirandello (1966), ricordato dallattrice come un viaggio teatrale «emozionante» attraverso numerose città italiane e ne La cantata del mostro lusitano di Weiss (1968), con Aldo Trionfo in Dialoghi con Leucò tratto da Pavese (1964), Vincenz e lamica degli uomini importanti di Musil (1964) e Elettra di Sofocle (1974). Ma è con Ronconi il sodalizio più fruttuoso e duraturo: iniziato con I lunatici di Middleton (1965), proseguì con lOrestea di Eschilo (1973), portato in giro per tutta Europa con notevole fortuna, e le Baccanti di Euripide (1978). Il rapporto continuò fino alla fine degli anni Ottanta (memorabile la sua interpretazione nelle Tre sorelle di Cechov o nellUomo difficile di Hofmannsthal, che le valse il premio Ubu 1990) e fu loccasione per lattrice di una profonda riflessione sullarte dellattore e sul teatro di regia, di cui Longhi dà conto nella seconda parte del libro. Viene infatti esposto, nella sezione chiamata appunto “Breviario di estetica teatrale”, il “metodo Fabbri”: a partire dalla religione per il testo (non il ruolo, o la parte), da cui parte il lavoro dellattore, e per la drammaturgia (dialogo, personaggi, scene), riconosciuta come la forma più alta e complessa dellesperienza letteraria, fino alla concezione strutturalista e allapprodo ronconiano di attore come «scrittura vivente».
Cantata di un mostro lusitano di P. Weiss;
regia di G. Strehler, Gruppo Teatro e Azione, 1969
Il libro si sofferma anche sullattività televisiva dellattrice, su quella radiofonica (fu magistrale voce di grandi classici della letteratura e del teatro europei) e su quella cinematografica: da La pecora nera (1968) di Luciano Salce, passando attraverso Sacco e Vanzetti (1971) di Giuliano Montaldo, lindimenticato Il Prof. Dott. Guido Tersili, primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue (1969) sempre di Salce, fino a 4 mosche di velluto grigio (1971) di Dario Argento.
Il CD rom allegato contiene una ricca e ragionata bibliografia e sitografia, elenchi preziosi (da quello dei materiali darchivio citati nella trattazione, a quello delle regie teatrali e dei lavori cinematografici) e numerose immagini, private, di teatro, di cinema e di televisione.
di Giacomo Villa
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