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Com'era nuovo il Nuovo Mondo. Resoconto del Seminario Internazionale Convegni

La Scuola Dottorale in Storia dello Spettacolo dell’Università degli Studi di Firenze ha realizzato presso il Dipartimento di Storia delle Arti e dello Spettacolo il Seminario Internazionale sulla musica statunitense curato da Fiamma Nicolodi e Aloma Bardi. L’iniziativa si è svolta in collaborazione con ICAMus (The International Center for American Music, sezione europea e americana), associazione culturale che promuove studio, ricerca, progetti didattici ed esecuzioni pubbliche di musica degli Stati Uniti d’America, allo scopo di diffonderne il repertorio e favorirne una conoscenza critica. La collaborazione fra ICAMus e il Dipartimento di Storia delle Arti e dello Spettacolo di Firenze ha avuto inizio nel 2002 e si è concretizzata in varie iniziative, fra le quali lo svolgimento negli ultimi tre anni di un corso di Storia della musica negli Stati Uniti, tenuto da una delle co-curatrici del seminario, Aloma Bardi, unico corso di approfondimento sulla musica americana nel panorama universitario europeo. Il seminario si è avvalso della consulenza e partecipazione di un Comitato di studiosi, coordinato da Mila De Santis e composto dal corpo docente del Collegio della Scuola Dottorale in Storia dello Spettacolo.

 

Il seminario, scaturito dalla collaborazione scientifica tra gli studi fiorentini e Evan Rothstein, docente specialista di musica americana presso Paris 8, ha presentato ricerche originali in corso o recentemente completate, le quali sono state integrate da esecuzioni musicali di rarità ottocentesche e di inediti del Novecento americano. Le pagine musicali sono state interpretate dagli stessi relatori o da allievi della Scuola di Musica di Fiesole e della Scuola di Musica Giuseppe Verdi di Prato. La giornata si è strutturata in due sessioni: quella mattutina, in cui gli studenti laureandi hanno esposto i contenuti delle loro ricerche, e quella pomeridiana, che ha ospitato interventi di specialisti. 

 

Nella sessione mattutina, Images of musical thought, le relazioni degli studenti laureandi si sono sviluppate intorno a tre tematiche principali: discovery, historical research, and modern performance of the Early American music collections; “popular” subject matter and academic inquiry; tribal music unveiled by non-Native reports. Alla riscoperta della Early American music (espressione che indica la produzione musicale americana precedente alla guerra civile) sono state dedicate le prime due relazioni, rispettivamente sulla letteratura flautistica del Nord America e sulle composizioni pianistiche di Anthony Philip Heinrich. Esecuzioni dal vivo da The social orchestra for flute and violin di Stephen Collins Foster (1826-1864) e da The dawning of music in Kentucky di Heinrich (1781-1861), prime esecuzioni assolute in Europa, sono state curate dagli stessi relatori. Nel corso delle due relazioni è emerso chiaramente come il luogo comune che tende a ravvisare l’originalità della musica americana esclusivamente nella produzione novecentesca sia fuorviante e spesso figlio di un punto di vista europeista, che tende a ridurre una produzione musicale con identità propria a una mera imitazione e riproposizione dello stile europeo.

 

Ai rapporti fra popular music e musicologia sono state dedicate le due successive relazioni, che hanno esplorato territori fra loro lontani quali il ragtime per chitarra e le sperimentazioni d’avanguardia di Frank Zappa. Nel primo intervento si è riconosciuto al ragtime per chitarra un proprio repertorio specifico, basato su una tecnica strumentale complessa e distinto dal ragtime per pianoforte, di cui è stato spesso percepito come mera imitazione. Della produzione musicale di Zappa si è messo in luce, avvalendosi di contenuti video, il peculiare stile di direzione e la ricerca di nuove fonti sonore, elementi che pongono il compositore a contatto non solo con l’avanguardia europea, ma anche con il modernismo americano e le prime sperimentazioni ivesiane. All’argomento etnomusicologico sono state riservate l’ultima relazione della mattinata e le esecuzioni conclusive. La relazione, avvalendosi della proiezione di rari documenti d’epoca dall’American Folklife Center e dalla Music Division della Library of Congress di Washington DC, si è concentrata sulle spedizioni americane del secondo Ottocento e in particolare su due figure pioneristiche quali le etnologhe ed etnomusicologhe Frances Densmore e Alice Cunningham Fletcher. L’esecuzione a seguire, con la pianista Marta Poggesi e il mezzosoprano Elisa Prosperi, ha presentato le creazioni musicali dei nativi Zuņi negli arrangiamenti di Carlos Troyer. I relatori che hanno esposto le loro ricerche nella sessione mattutina sono, nell’ordine, Viola Shaula Valerio, Roberto Baccelli, Mattia Gonnelli, Emanuele Catalini e Marco Lelmi.   

 

La sessione pomeridiana, riservata a interventi di specialisti, è stata introdotta dal contributo di Evan Rothstein, la cui relazione è stata letta e posta come argomento di discussione da Aloma Bardi (il relatore non ha potuto partecipare di persona per le complicazioni del traffico aereo insorte in questi giorni). L’intervento di Rothstein ha posto esplicitamente la problematica da cui è scaturito il seminario e che si è protratta come un filo conduttore per tutte le relazioni: l’identità musicale americana. In particolare Rothstein ha osservato come il concetto di identità nazionale si configuri come una costruzione storica strettamente connessa al concetto di mito. Agli spunti lanciati dallo studioso statunitense, che vive e insegna a Parigi, è seguito un fruttuoso dibattito. All’intervento di Rothstein è seguita la sezione post-graduate and doctoral accomplishments, intitolata a Scene for American music. Ampio spazio è stato riservato a George Gershwin, a cui è stata dedicata la relazione di Lorenzo Puliti, integrata da esecuzioni dal vivo di pagine musicali inedite. La ricerca d’archivio condotta negli Stati Uniti ha permesso il rinvenimento di documenti ancora sconosciuti riguardo a una delle più celebri canzoni gershwiniane: The man I love. Particolarmente importante l’identificazione di un nuovo arrangiamento pianistico d’autore, che è stato eseguito per la prima volta pubblicamente dalla pianista Marta Poggesi a conclusione della relazione. A seguire è stato proposto un mini-concerto che ha presentato quattro canzoni di Gershwin nella versione originariamente concepita per Broadway con l’impiego di testi non inclusi nelle versioni pubblicate.

 

L’ultima relazione della giornata è stata dedicata a un musicista italiano che, nella composizione di un’opera destinata alle scene statunitensi, si è appropriato in senso creativo di una melodia dei nativi americani. Si tratta di Giacomo Puccini il quale, per La fanciulla del West, utilizzò per il “tema della nostalgia” una melodia ripresa dagli Indiani Zuņi d’America nell’arrangiamento di Carlos Troyer. Barbara Boganini ha mostrato come in questo caso il prestito d’autore non si delinei come mera citazione, ma come una “ricreazione” del tema musicale, che assume una funzione drammaturgica fondamentale. La relazione è stata integrata da registrazioni originali commissionate per l’occasione e realizzate dal mezzosoprano Monica Bacelli e dal pianista Antonio Ballista, prima esecuzione fuori dagli Stati Uniti. Spesso l’originalità della musica americana viene ridotta a un fenomeno esclusivamente novecentesco, oppure il suo apporto peculiare è identificato con la sola produzione popular, o con il jazz. Punti di vista simili sono spesso generati dalla mancanza di un’adeguata conoscenza storica o di una appropriata contestualizzazione, ma anche dall’applicazione di criteri di paragone e modelli di riferimento esterni all’oggetto in esame. Il seminario ha messo in luce come il panorama musicale statunitense si presenti tuttora come un universo interamente da scoprire.

 

È emerso come l’Ottocento musicale americano presenti tratti d’originalità sorprendenti, come la ricerca sui documenti originali, anche su ciò che più ci è noto di questo patrimonio musicale, possa rivelare scoperte inaspettate e come gli studi di americanistica possano persino contribuire a illuminare la nostra conoscenza della produzione musicale di compositori europei. Di fronte alla problematica di una definizione dell’identità musicale americana è emersa con evidenza la necessità di ulteriori indagini su un territorio ancora inesplorato e generalmente ignoto anche alla stessa popolazione statunitense. Tuttavia nell’intraprendere una simile ricerca non risulterà secondario ricordarsi della frase di Italo Calvino, che ha dato il titolo all’iniziativa fiorentina: ĢScoprire il Nuovo Mondo era un’impresa ben difficile, come tutti abbiamo imparato. Ma ancora più difficile, una volta scoperto il Nuovo Mondo, era vederlo, capire che era nuovo, tutto nuovo, diverso da tutto ciò che ci si era sempre aspettati di trovare come nuovo. E la domanda che viene naturale di farsi è: se un nuovo Nuovo Mondo venisse scoperto ora, lo sapremmo vedere? [...] Come i primi esploratori dell’America non sapevano in che punto si sarebbe manifestata una smentita alle loro aspettative o una conferma di somiglianze risapute, così anche noi potremmo passare accanto a fenomeni mai visti senza rendercene conto, perché i nostri occhi e le nostre menti sono abituati a scegliere e a catalogare solo ciò che entra nelle classificazioni collaudate. Forse un Nuovo Mondo ci si apre tutti i giorni, e noi non lo vediamoģ. Per uno sguardo libero da categorie aprioristiche e preconcetti la conoscenza della musica americana non potrà dunque che configurarsi come scoperta permanente.  

 

                                                             di Lorenzo Puliti


 
Seminario internazionale



 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 



 


Anthony Philip Heinrich

(1781-1861)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 



George Gershwin

(1898-1937)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Copertina de
 La fanciulla del West
di Giacomo Puccini


 


 

 
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