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Fra Commedia e Tragedia. Convegno internazionale, Firenze, 27-29 aprile Convegni
Il Maggio Musicale Fiorentino si apre quest’anno con La donna senz’ombra di Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal, opera complessa e ambiziosa, di contrastata fortuna. Bene le si addice dunque un convegno che la introduca come quello organizzato dal Teatro Comunale e dal Kunsthistorisches Institut fiorentini, in collaborazione con il Comune e l’Università di Firenze. Curato da Mario Ruffini e Giovanni Vitali.

Il convegno non poteva non essere toccato dal disagio per le incerte vicende del decreto Bondi. Martedì 27 aprile, giorno inaugurale del simposio, il presidente Napolitano non aveva ancora apposto la sua firma e la prima rappresentazione del Maggio era in forse. Sull’incertezza della situazione hanno pertanto posto l’accento sia il Sovrintendente Francesco Giambrone, sia Riccardo Chiaberge, che presiedeva la prima seduta di lavori. Grande preoccupazione ha espresso Zubin Mehta, accostando la situazione attuale all’alluvione di quarant’anni fa, quando per la prima volta diresse a Firenze. Più lieve l’intervento di Max Seidel, al quale, insieme a Mehta, il convegno era dedicato, e che ha ricordato i gradevoli incontri conviviali avuti con artisti nel corso della sua carriera. Con Michele Papa si è entrati nei temi del convegno attraverso una indagine sui significati dell’ombra da Talete a Dante a Borges. Mario Ruffini ha ricostruito le numerose attività condotte dal Kunsthistoriches Institut fiorentino in collaborazione con il Maggio musicale, tutte nel nome di una vasariana unione delle arti, e delle quali lo stesso convegno è ultima in ordine di tempo. Giovanni Vitali, curatore insieme a Ruffini del convegno, ha ripercorso il rapporto di lunga data intercorso fra il Maggio e Richard Strauss, che di Vittorio Gui fu amico, e la costante presenza delle opere straussiane nella vita del festival fiorentino. Alberto Arbasino, nella sua lectio magistralis, ha esposto le sottili e imprevedibili suggestioni artistiche, storiche e simboliche che racchiude La donna senz’ombra, da lui definita un «capolavoro della fantascienza».

La seduta mattutina del secondo giorno, presieduta da Carla Moreni, si è aperta con Franco Serpa, che ha ripercorso la concezione dell’opera impostasi a Hofmannstahl mentre attendeva al suo romanzo Andreas, l’importanza che lo scrittore ad essa attribuiva nella collaborazione con Strauss, e per cui reclamò un più stretto contatto fra loro, nonché l’intenzionale analogia col Flauto magico mozartiano e la volontà di far con essa rivivere la commedia popolare del primo Ottocento.  Bernard Banoun ha individuato nella Frau l’opera romantica tedesca come vagheggiata da Hoffmann, sottolineandone i legami con Goethe e il primo Wagner, a partire da Die Feen, e d’altro canto l’intenzione di sfuggire, attraverso il mondo di Gozzi, al paralizzante modello del Wagner maturo; ha poi messo in rilievo il principio “allomatico” che regge la drammaturgia dell’opera, spingendo i personaggi - fra cui quelli soprannaturali sono emblema dell’alienazione dell’artista -  a una trasformazione mutua anziché solitaria. Piero Mioli si è concentrato sulla vocalità straussiana, con una completa rassegna delle tessiture impiegate e richieste dal compositore, in particolare per i personaggi femminili, nelle sue opere a partire da Guntram, e delle loro implicazioni espressive e drammaturgiche. Quirino Principe ha aperto infine la prospettiva sulle vastissime risonanze dei miti archetipici che stanno alla base del teatro occidentale, e in particolare di quelli ellenico-orientali che sono una tradizione precristiana e ai quali Strauss rivolse la sua attenzione in maniera decisamente prevalente nel corso della sua attività teatrale.

 

La seduta pomeridiana, presieduta da Dino Villatico, si è aperta con Günther Lesnig, che ha raccontato la sua lunga passione – benché non amore a prima vista - per il teatro di Strauss e l’hobby di collezionare programmi e locandine di spettacoli straussiani; frutto ne è stato il fondamentale repertorio Die Aufführungen der Opern von Richard Strauss im 20. Jahrhundert, la cui pubblicazione si completerà a breve col secondo dei due volumi che lo compongono. Jean-Jacques Velly si è dedicato all’evoluzione della magistrale tecnica d’orchestrazione di Strauss, dall’allargamento dello strumentale nei poemi sinfonici e nei primi lavori teatrali all’integrazione di sonorità cameristiche e ai nuovi equilibri che diventeranno tipici delle opere della piena maturità. Giangiorgio Satragni ha mostrato l’apporto decisivo della musica di Strauss alla costruzione drammaturgica della Frau: lo studio degli schizzi per il terzo atto indica che il compositore intuì, indipendentemente da Hofmannstahl ma in accordo con lui, come il nodo centrale del dramma stesse nel parallelismo tra il ferimento della gazzella che la tramuta in fata e il mutamento finale dell’Imperatrice in donna pienamente umana. Annette Frank ha delineato il vivace clima culturale della Vienna a cavallo fra Otto e Novecento e il ruolo che vi ebbe Strauss, dalle rappresentazioni dei suoi primi lavori teatrali alla nomina nel 1919 alla direzione dell’Opera cittadina, che fu suggellata dalla prima della Frau, all’allontanamento temporaneo nel 1924, alla successiva ricostituzione definitiva del legame con la città.

 

Nell’ultima seduta, con la presidenza di Sandro Cappelletto, Cesare Orselli ha tracciato un confronto completo fra il libretto e il successivo racconto che Hofmannstahl ne trasse, indicando le non poche e significative differenze fra la costruzione dei due testi, soprattutto nei capitoli centrali, tra le quali il ruolo più ampio dato al seduttore e il maggior accento dato al tema dell’amore. Francesco Orlando ha indicato una tradizione peculiare del teatro tedesco, evidente in Mozart, Beethoven e Weber, che mette in scena la marcata contrapposizione di fedeltà coniugale e tentazione adulterina per esprimere un conflitto metafisico fra bene e male; tradizione e temi questi differenti rispetto all’opera francese e italiana, e ai quali Strauss si accosta progressivamente proprio a partire dalla Frau. Per colmare lo spazio lasciato dall’assenza di alcuni relatori, prima dei saluti finali Mario Ruffini ha commentato uno scritto di Dallapiccola che loda la pregnanza dell’orchestrazione di Strauss prendendo spunto da un passo della Salome. Vivaci e ampie sono state le discussioni seguite ai vari interventi, decisamente numeroso e partecipe il pubblico.

                                                                di Donato De Carlo

 

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